SESSIONE EUROPEA DEL CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO DELLA VICEPRESIDENTE PAOLA FRANCESCA SCARANO
Si trasmette l'intervento della vicepresidente del Consiglio comunale di Bologna, Paola Francesca Scarano in occasione della Sessione Europea del Consiglio comunale, alla presenza del Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz.
"Saluto il...
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Si trasmette l'intervento della vicepresidente del Consiglio comunale di Bologna, Paola Francesca Scarano in occasione della Sessione Europea del Consiglio comunale, alla presenza del Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz.
"Saluto il Presidente Schulz, che ringrazio per la Sua presenza, il Sindaco Merola, la Presidente Lembi, tutta la Giunta, i colleghi Consiglieri e le Autorità presenti.
I fatti accaduti negli ultimi anni, nell'Unione Europea, ci hanno mostrato come il ragionare - e di conseguenza l'agire - in termini prettamente economici, accompagnati da una politica disorganica e dispersiva di alcuni Stati membri, abbiano condotto all'indebolimento della vera Unione dei Paesi del Vecchio continente.
Già Alcide De Gasperi aveva capito, prima di molti altri in Italia, che era indispensabile per la nuova Europa uscita distrutta dalla seconda guerra mondiale sviluppare una politica su scala continentale che le permettesse di prendere coscienza del proprio destino nel nuovo scenario bipolare che andava affacciandosi e che costituirà la linea portante dell’azione di governo dei paesi europei occidentali nei primi anni del secondo dopoguerra.
De Gasperi non credeva che la sola liberalizzazione del mercato bastasse a fondare un'Unione Europea. Diede così il suo appoggio alle iniziative e ai movimenti europeistici, come il MFE di Altiero Spinelli. Sulle istanze del grande federalista De Gasperi impose allora ai suoi colleghi europei il progetto di “Comunità politica europea” che porta alla creazione di una Assemblea ad hoc incaricata di elaborare, pensate, 50 anni prima del trattato costituzionale del 2004 , una costituzione federale o confederale per l’Europa.
Eppure, i problemi che oggi ci affliggono sono testimoni ancora di come sia necessaria una profonda integrazione europea che sia però il frutto di un'unione di popoli e di opinioni comuni e non un'imposizione dall'alto.
Tema che dev’essere tanto più oggetto di riflessione, in quanto anch’esso investito in profondità dalla crisi e dai suoi effetti. Se infatti partiamo dall’assunto della natura non congiunturale né transitoria di essa, ma dal suo carattere sistemico e strutturale, per cui la crisi è globale e al tempo stesso, in stretta concatenazione, finanziaria ed economica, ecologica ed energetica, sociale nelle sue conseguenze, non possiamo chiudere gli occhi di fronte a ciò che essa sta producendo anche in campo politico-istituzionale.
La grande scossa ai mercati finanziari, partita dalla crisi dei sub-prime statunitensi nel 2008, è stata solo l’inizio di una reazione a catena, che si è sviluppata nel tempo e nello spazio dalla crisi del debito privato (e del sistema bancario, anglo-americano in particolare) a quella del debito pubblico (e della finanza degli Stati sovrani, europei continentali in particolare) fino all’attuale crisi dell’Eurozona.
Se vogliamo uscire dalla crisi, dobbiamo incentivare non solo la crescita economica dell'Unione ma anche quella politica e per fare ciò occorre spiegare e anche farlo bene, ai cittadini questa necessità.
Oggi viviamo una fase molto delicata tra il Parlamento Europeo ed i Parlamenti nazionali in quanto non sempre i Governi nazionali sono pronti ad accettare le scelte di Bruxelles.
Io personalmente penso che se i 27 Paesi dell'UE facessero sul serio e formassero un monolito del tipo degli Stati Uniti d'America, il Vecchio Continente sarebbe di gran lunga la prima potenza mondiale, senza rivali in tutti i campi, incluso lo sport e le Olimpiadi appena concluse ne sono palese espressione e ciò è dimostrato dai dati aggregati e paragonati con quelli americani e cinesi.
La UE lo scorso anno ha avuto un PIL di 12.638 miliardi di euro, gli Usa di 12.265 e la poderosa Cina di 6.032.
Non dobbiamo però restare uniti perché così fu stabilito, ma perché abbiamo colto, davvero, come soltanto uniti i vari popoli possano prosperare insieme. ecco perché occorre che la politica si impegni in concreti atti legislativi, in cui non trionfi solamente l'interesse economico di un singolo Paese, ma da cui emerga il bene dell'intera zona euro; anche laddove questo bene "superiore" contrasti con il tornaconto della singola nazione.
La crescita dell'Europa ci ricorda come dobbiamo, tutti noi, partendo dalla nostra realtà, da Bologna stessa e anche dalla Regione Emilia Romagna, compiere un maggiore sforzo per esser più virtuosi tanto nella gestione del patrimonio comune, quanto delle nostre risorse economiche e finanziarie e come debba esserci un maggiore controllo ed una maggiore rendicontazione di un tale processo.
Ritengo che oggi l'Europa e quindi l'Unione Europea abbia un'importante occasione per costruire non soltanto istituzioni comunitarie più forti, ma un'Unione che coinvolga veramente i suoi abitanti rispettando i valori e le caratteristiche di tutti i cittadini europei.
Perché le peculiarità di ciascun popolo sono infatti un aspetto da enfatizzare e non un parametro di discriminazione. In quest'ottica potremo affrontare, e probabilmente vincere, l'attuale crisi economica; poiché solo avendo presente il nostro obbiettivo ovvero la maggiore coesione politica, riusciremo a vedere la realtà per quella che è: questa crisi è un fenomeno economico che ha radici profonde, che contaminano tutti gli Stati membri, non soltanto quelli in cui i sintomi si sono manifestati con maggiore forza. E' perciò un problema comune che potremo risolvere solamente agendo coesi.
Italia, Spagna, Grecia, Germania... tanti Paesi, un unico denominatore: l'Europa.
Anche se mi pare opportuno sottolineare come questa Europa presenti due aspetti, due realtà, due velocità :
alcuni Paesi forti, produttivi, in espansione ed altri che, almeno al momento, faticano a tenere il ritmo. Questo fenomeno è osservabile anche da noi, in Italia, Regioni forti, ricche e produttive, trainanti dell'economia italiana ma che scontano un deficit nazionale pesante causato prevalentemente da altre Regioni che potrebbero essere altresì forti, ricche e produttive ma non lo sono a causa anche di politiche assistenzialistiche sbagliate che negli anni hanno provocato più danni che benefici.
Sia ben chiaro, è giusto supportare ed intervenire in aiuto ma è altrettanto giusto pretendere che certi parametri siano rispettati.
Avviandomi alla conclusione ed approfittando dell'illustre presenza del Presidente Schulz, mi piacerebbe sapere, ad esempio, cosa ne pensa della attuale politica commerciale, attuata in conformità ai trattati internazionali, di totale competenza dell'Unione Europea e che vede una progressiva eliminazione dei dazi doganali che sta causando, anche, una invasione di prodotti asiatici poco sicuri, con gravi problemi al nostro sistema produttivo e tanta gente in Europa disoccupata e senza prospettive.
Siamo tutti consapevoli della diretta influenza che le decisioni prese in Europa hanno sugli Enti Locali e, pertanto, mi piacerebbe sapere quale sarà il futuro ruolo delle Regioni in Italia, come vede la fusione degli sforzi tra diverse Regioni per fare sistema al fine di usufruire al meglio delle opportunità che vengono da Bruxelles.
Con l'auspicio che così faccia anche Bologna tramite la Giunta con il coinvolgimento però dell'intero Consiglio comunale. Pur essendo eurocritici, confidiamo nell'impegno Suo e di tutto il Parlamento Europeo per una nuova Europa delle Regione e che sia finalmente più dei popoli e per i popoli e meno dei mercati e per i mercati".
"Saluto il Presidente Schulz, che ringrazio per la Sua presenza, il Sindaco Merola, la Presidente Lembi, tutta la Giunta, i colleghi Consiglieri e le Autorità presenti.
I fatti accaduti negli ultimi anni, nell'Unione Europea, ci hanno mostrato come il ragionare - e di conseguenza l'agire - in termini prettamente economici, accompagnati da una politica disorganica e dispersiva di alcuni Stati membri, abbiano condotto all'indebolimento della vera Unione dei Paesi del Vecchio continente.
Già Alcide De Gasperi aveva capito, prima di molti altri in Italia, che era indispensabile per la nuova Europa uscita distrutta dalla seconda guerra mondiale sviluppare una politica su scala continentale che le permettesse di prendere coscienza del proprio destino nel nuovo scenario bipolare che andava affacciandosi e che costituirà la linea portante dell’azione di governo dei paesi europei occidentali nei primi anni del secondo dopoguerra.
De Gasperi non credeva che la sola liberalizzazione del mercato bastasse a fondare un'Unione Europea. Diede così il suo appoggio alle iniziative e ai movimenti europeistici, come il MFE di Altiero Spinelli. Sulle istanze del grande federalista De Gasperi impose allora ai suoi colleghi europei il progetto di “Comunità politica europea” che porta alla creazione di una Assemblea ad hoc incaricata di elaborare, pensate, 50 anni prima del trattato costituzionale del 2004 , una costituzione federale o confederale per l’Europa.
Eppure, i problemi che oggi ci affliggono sono testimoni ancora di come sia necessaria una profonda integrazione europea che sia però il frutto di un'unione di popoli e di opinioni comuni e non un'imposizione dall'alto.
Tema che dev’essere tanto più oggetto di riflessione, in quanto anch’esso investito in profondità dalla crisi e dai suoi effetti. Se infatti partiamo dall’assunto della natura non congiunturale né transitoria di essa, ma dal suo carattere sistemico e strutturale, per cui la crisi è globale e al tempo stesso, in stretta concatenazione, finanziaria ed economica, ecologica ed energetica, sociale nelle sue conseguenze, non possiamo chiudere gli occhi di fronte a ciò che essa sta producendo anche in campo politico-istituzionale.
La grande scossa ai mercati finanziari, partita dalla crisi dei sub-prime statunitensi nel 2008, è stata solo l’inizio di una reazione a catena, che si è sviluppata nel tempo e nello spazio dalla crisi del debito privato (e del sistema bancario, anglo-americano in particolare) a quella del debito pubblico (e della finanza degli Stati sovrani, europei continentali in particolare) fino all’attuale crisi dell’Eurozona.
Se vogliamo uscire dalla crisi, dobbiamo incentivare non solo la crescita economica dell'Unione ma anche quella politica e per fare ciò occorre spiegare e anche farlo bene, ai cittadini questa necessità.
Oggi viviamo una fase molto delicata tra il Parlamento Europeo ed i Parlamenti nazionali in quanto non sempre i Governi nazionali sono pronti ad accettare le scelte di Bruxelles.
Io personalmente penso che se i 27 Paesi dell'UE facessero sul serio e formassero un monolito del tipo degli Stati Uniti d'America, il Vecchio Continente sarebbe di gran lunga la prima potenza mondiale, senza rivali in tutti i campi, incluso lo sport e le Olimpiadi appena concluse ne sono palese espressione e ciò è dimostrato dai dati aggregati e paragonati con quelli americani e cinesi.
La UE lo scorso anno ha avuto un PIL di 12.638 miliardi di euro, gli Usa di 12.265 e la poderosa Cina di 6.032.
Non dobbiamo però restare uniti perché così fu stabilito, ma perché abbiamo colto, davvero, come soltanto uniti i vari popoli possano prosperare insieme. ecco perché occorre che la politica si impegni in concreti atti legislativi, in cui non trionfi solamente l'interesse economico di un singolo Paese, ma da cui emerga il bene dell'intera zona euro; anche laddove questo bene "superiore" contrasti con il tornaconto della singola nazione.
La crescita dell'Europa ci ricorda come dobbiamo, tutti noi, partendo dalla nostra realtà, da Bologna stessa e anche dalla Regione Emilia Romagna, compiere un maggiore sforzo per esser più virtuosi tanto nella gestione del patrimonio comune, quanto delle nostre risorse economiche e finanziarie e come debba esserci un maggiore controllo ed una maggiore rendicontazione di un tale processo.
Ritengo che oggi l'Europa e quindi l'Unione Europea abbia un'importante occasione per costruire non soltanto istituzioni comunitarie più forti, ma un'Unione che coinvolga veramente i suoi abitanti rispettando i valori e le caratteristiche di tutti i cittadini europei.
Perché le peculiarità di ciascun popolo sono infatti un aspetto da enfatizzare e non un parametro di discriminazione. In quest'ottica potremo affrontare, e probabilmente vincere, l'attuale crisi economica; poiché solo avendo presente il nostro obbiettivo ovvero la maggiore coesione politica, riusciremo a vedere la realtà per quella che è: questa crisi è un fenomeno economico che ha radici profonde, che contaminano tutti gli Stati membri, non soltanto quelli in cui i sintomi si sono manifestati con maggiore forza. E' perciò un problema comune che potremo risolvere solamente agendo coesi.
Italia, Spagna, Grecia, Germania... tanti Paesi, un unico denominatore: l'Europa.
Anche se mi pare opportuno sottolineare come questa Europa presenti due aspetti, due realtà, due velocità :
alcuni Paesi forti, produttivi, in espansione ed altri che, almeno al momento, faticano a tenere il ritmo. Questo fenomeno è osservabile anche da noi, in Italia, Regioni forti, ricche e produttive, trainanti dell'economia italiana ma che scontano un deficit nazionale pesante causato prevalentemente da altre Regioni che potrebbero essere altresì forti, ricche e produttive ma non lo sono a causa anche di politiche assistenzialistiche sbagliate che negli anni hanno provocato più danni che benefici.
Sia ben chiaro, è giusto supportare ed intervenire in aiuto ma è altrettanto giusto pretendere che certi parametri siano rispettati.
Avviandomi alla conclusione ed approfittando dell'illustre presenza del Presidente Schulz, mi piacerebbe sapere, ad esempio, cosa ne pensa della attuale politica commerciale, attuata in conformità ai trattati internazionali, di totale competenza dell'Unione Europea e che vede una progressiva eliminazione dei dazi doganali che sta causando, anche, una invasione di prodotti asiatici poco sicuri, con gravi problemi al nostro sistema produttivo e tanta gente in Europa disoccupata e senza prospettive.
Siamo tutti consapevoli della diretta influenza che le decisioni prese in Europa hanno sugli Enti Locali e, pertanto, mi piacerebbe sapere quale sarà il futuro ruolo delle Regioni in Italia, come vede la fusione degli sforzi tra diverse Regioni per fare sistema al fine di usufruire al meglio delle opportunità che vengono da Bruxelles.
Con l'auspicio che così faccia anche Bologna tramite la Giunta con il coinvolgimento però dell'intero Consiglio comunale. Pur essendo eurocritici, confidiamo nell'impegno Suo e di tutto il Parlamento Europeo per una nuova Europa delle Regione e che sia finalmente più dei popoli e per i popoli e meno dei mercati e per i mercati".