QUESTION TIME, CHIARIMENTI SULLA SPENDING REVIEW
Luca Rizzo Nervo, assessore comunale alla Sanità, ha risposto alla domanda d'attualità della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord) sulla spending review nel settore sanitario.
La domanda d'attualità della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega ...
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Luca Rizzo Nervo, assessore comunale alla Sanità, ha risposto alla domanda d'attualità della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord) sulla spending review nel settore sanitario.
La domanda d'attualità della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord):
"Visti gli articoli di stampa relativi alla spending review, si chiede al Sindaco e alla Giunta:
se non ritenga che il decreto legge approvato il 6 luglio “Disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati (spending review)', dal Consiglio dei Ministri che prevede una serie di interventi e tagli sulla spesa sanitaria e farmaceutica, rappresenti anche per la nostra città una situazione preoccupante per i nostri concittadini;
se, alla luce dello sconto obbligatorio che le farmacie dovranno praticare nei confronti del Ssn come previsto dal suddetto decreto - ha avuto già degli incontri con il Consiglio di Amministrazione di AFM - società partecipata del Comune - e definito delle scelte politiche in merito;
se vi siano stati degli incontri da parte di questa amministrazione con l'Assessore alla Sanità della Provincia, con l'Assessore alla Sanità della Regione e con i vertici di AUSL sul tema dello spending review e se in quell'occasione siano state assunte delle azioni strategiche e di che tipo;
se alla luce della revisione della spesa pubblica, verranno potenziati i servizi sul territorio definiti case della salute".
La risposta dell'assessore alla Sanità Luca Rizzo Nervo:
"Rispondo volentieri alla domanda della consigliera Cocconcelli, dicendo che il decreto di spending review, che ancora non è convertito in legge, se non troverà importanti modifiche nell'iter parlamentare prossimo venturo rischia in effetti di minare nelle fondamenta il sistema sanitario nazionale, che pur con alcune pecche e inefficienze, che spesso ricordiamo, è riconosciuto dall'OMS come uno dei migliori al mondo, migliore rispetto a quello tedesco, francese, Paesi che hanno una spesa sanitaria più alta di quella italiana.
Il decreto rischia di rendere inutile un lavoro di autoriforma e di riorganizzazione dell'offerta dei servizi sanitari che il nostro territorio ha messo in atto da tempo. Queste sono i giorni, le settimane, e saranno i mesi quelli autunnali, in cui fare due sostanziali cose. La prima fondamentale in questi giorni, batterci nella relazione con il Governo nazionale perché cambi questo decreto, perché è evidente che eliminare migliaia di posti di lavoro e 3.500 posti letto in Emilia-Romagna non è sostenibile e accettabile da un punto di vista anche etico, in una regione per cui l'assistenza sanitaria come l'assistenza sociale, non sono solo presidi terapeutici o consolatori nei confronti dei cittadini, ma da sempre fattore abilitante per le persone, per le comunità.
La sanità è l'orgoglio di questa regione e un motore del suo sviluppo. Dall'altro lato però accettare la sfida della rimodulazione, della riorganizzazione della sanità, intorno non solo alle esigenze dell'economia, ma ai profondi cambiamenti sociali, demografici e tecnologici che stiamo vivendo. Oggi c'è più cronicità, meno domiciliarità, meno post acutio ospedalizzate, la necessità di espandere il cronicari model e di aumentare l'appropriatezza rispetto all'attuale consumo sanitario.
Bologna in questo ha una grandissima responsabilità nell'ambito regionale, non solo per i numeri della sua popolazione, ma anche per una offerta sanitaria senza eguali in regione, per quantità e qualità. E ha una responsabilità anche perché o Bologna dà coraggio agli altri territori, o accuisce le giustificazioni conservatrici degli altri territori. C'è bisogno di cambiare, innovare, in un percorso di convincimento, non solo di necessità, che la crisi impone.
Per questo la Conferenza territoriale socio-sanitaria che mette assieme tutti i Comuni del nostro territorio, da tempo lavora su questa rimodulazione, su questa capacità di innovare senza vedere calare l'offerta e la qualità e la sicurezza del servizio sanitario. Per fare questo vi sono alcune idee di fondo. Da un lato andare avanti sulla organizzazione dei reparti per intensità di cura, dopo le positive esperienze di Porretta e delle chirurgie di San Giovanni in Persiceto. Riorganizzare ancora l'offerta sanitaria senza ridondanze, senza sovrapposizioni all'interno dell'Ausl e tra le diverse aziende sul nostro territorio, quindi in una collaborazione crescente tra Azienda sanitaria, Sant'Orsola e Rizzoli, con possibili e ampi spazi di collaborazione fra queste Aziende. Con un obiettivo che non è soltanto quello della razionalizzazione dei costi ma quello di aumentare la sicurezza e la qualità dell'offerta che in alcuni numeri delle prestazioni sanitarie oggi esistenti non garantiscono o rischiano di non garantire questa qualità. Ancora, la costruzione di una rete fatta di grandi strutture specialistiche e polispecialistiche per interventi ad alta complessità di cura, e su questo la città di Bologna ha una sua evidente storica rilevanza. E una rete territoriale di qualità, costruita su alcune vocazioni esistenti e sull'esigenza di ampliare i posti post acuzie e di day surgery. Ancora la realizzazione delle Case della salute come luogo di incontro fra le cure primarie, i medici di medicina generale, e della grande opportunità data dalla responsabilizzazione delle professioni infermieristiche, che possono assumere sempre più spazi di responsabilità all'interno della nostra organizzazione dell'offerta sanitaria. Per fare questo spartiremo dei territori, sicuramente quelli della nostra provincia, ma anche Bologna, con Case della salute sia all'interno delle strutture ospedaliere sia in strutture ambulatoriali.
Rispetto a questa sfida imponente e faticosa il sistema degli enti locali bolognese è coeso e pronto intorno a questa prospettiva, sapendo che vi è anche un percorso culturale da condividere con i cittadini, perché cambiamenti anche profondi non appaiano solo come privativi di qualcosa che prima c'era e adesso non c'è più, ma si possa convincere che oggi la qualità dell'offerta sanitaria non passa solo dal numero di posti letto che gli ospedali sanno offrire.
Certo questo lavoro e questa disponibilità all'innovazione ha un punto di rottura, oltre il quale la parola innovazione si carica di ipocrisia, oltre il quale si distrugge il sistema sanitario di qualità regionale, superato il quale si rischia che la crisi economica diventi crisi sociale e di speranza. Stiamo lavorando in questi mesi con tutti gli attori perché così non sia, e perché non si valuti in questa pur comprensibile e condivisa esigenza di contenimento e qualificazione della spesa, tutti uguali e ugualmente spreconi. Ci sono differenze profonde tra i diversi territori del nostro Paese, ci sono territori come il nostro che hanno fatto scelte lungimiranti, penso al quella dell'Ausl unica fatta anni fa con tutte le difficoltà del caso che ha comportato, e altre zone del Paese dove si è spinto su una spesa pubblica non qualificata. Noi continueremo a fare la nostra parte, ma monitoreremo che tutti facciano la propria parte, e che le esigenze di contenimento della spesa pubblica non si traducano in un impoverimento delle tutele dei diritti di salute dei cittaini. Questo lo faremo anche con una forte relazione con la regione dell'Emilia-Romagna, con il presidente Errani e l'assessore Lusenti, che sono in questi giorni impegnati, in particolare nella conferenza Stato-Regioni e non solo, a difendere queste esigenze del sistema sanitario regionale, e stanno lavorando anche a tutela delle proprie prerogative costituzionali. Ricordo che la sanità è materia delegata alle Regioni e quindi risulta difficilmente comprensibile come oltre i saldi, e quelli sono nella potestà del Governo, vengano indicate nel decreto di spending review anche le misure e addirittura i numeri dei tagli da effettuare. C'è un lavoro a difesa di una autonomia e di una capacità di autoriforma in ambito sanitario che la Regione Emilia-Romagna sta portando avanti, che vedrà il sistema degli enti locali e la città di Bologna al suo fianco".
La consigliera Cocconcelli si è dichiarata soddisfatta.
La domanda d'attualità della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord):
"Visti gli articoli di stampa relativi alla spending review, si chiede al Sindaco e alla Giunta:
se non ritenga che il decreto legge approvato il 6 luglio “Disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati (spending review)', dal Consiglio dei Ministri che prevede una serie di interventi e tagli sulla spesa sanitaria e farmaceutica, rappresenti anche per la nostra città una situazione preoccupante per i nostri concittadini;
se, alla luce dello sconto obbligatorio che le farmacie dovranno praticare nei confronti del Ssn come previsto dal suddetto decreto - ha avuto già degli incontri con il Consiglio di Amministrazione di AFM - società partecipata del Comune - e definito delle scelte politiche in merito;
se vi siano stati degli incontri da parte di questa amministrazione con l'Assessore alla Sanità della Provincia, con l'Assessore alla Sanità della Regione e con i vertici di AUSL sul tema dello spending review e se in quell'occasione siano state assunte delle azioni strategiche e di che tipo;
se alla luce della revisione della spesa pubblica, verranno potenziati i servizi sul territorio definiti case della salute".
La risposta dell'assessore alla Sanità Luca Rizzo Nervo:
"Rispondo volentieri alla domanda della consigliera Cocconcelli, dicendo che il decreto di spending review, che ancora non è convertito in legge, se non troverà importanti modifiche nell'iter parlamentare prossimo venturo rischia in effetti di minare nelle fondamenta il sistema sanitario nazionale, che pur con alcune pecche e inefficienze, che spesso ricordiamo, è riconosciuto dall'OMS come uno dei migliori al mondo, migliore rispetto a quello tedesco, francese, Paesi che hanno una spesa sanitaria più alta di quella italiana.
Il decreto rischia di rendere inutile un lavoro di autoriforma e di riorganizzazione dell'offerta dei servizi sanitari che il nostro territorio ha messo in atto da tempo. Queste sono i giorni, le settimane, e saranno i mesi quelli autunnali, in cui fare due sostanziali cose. La prima fondamentale in questi giorni, batterci nella relazione con il Governo nazionale perché cambi questo decreto, perché è evidente che eliminare migliaia di posti di lavoro e 3.500 posti letto in Emilia-Romagna non è sostenibile e accettabile da un punto di vista anche etico, in una regione per cui l'assistenza sanitaria come l'assistenza sociale, non sono solo presidi terapeutici o consolatori nei confronti dei cittadini, ma da sempre fattore abilitante per le persone, per le comunità.
La sanità è l'orgoglio di questa regione e un motore del suo sviluppo. Dall'altro lato però accettare la sfida della rimodulazione, della riorganizzazione della sanità, intorno non solo alle esigenze dell'economia, ma ai profondi cambiamenti sociali, demografici e tecnologici che stiamo vivendo. Oggi c'è più cronicità, meno domiciliarità, meno post acutio ospedalizzate, la necessità di espandere il cronicari model e di aumentare l'appropriatezza rispetto all'attuale consumo sanitario.
Bologna in questo ha una grandissima responsabilità nell'ambito regionale, non solo per i numeri della sua popolazione, ma anche per una offerta sanitaria senza eguali in regione, per quantità e qualità. E ha una responsabilità anche perché o Bologna dà coraggio agli altri territori, o accuisce le giustificazioni conservatrici degli altri territori. C'è bisogno di cambiare, innovare, in un percorso di convincimento, non solo di necessità, che la crisi impone.
Per questo la Conferenza territoriale socio-sanitaria che mette assieme tutti i Comuni del nostro territorio, da tempo lavora su questa rimodulazione, su questa capacità di innovare senza vedere calare l'offerta e la qualità e la sicurezza del servizio sanitario. Per fare questo vi sono alcune idee di fondo. Da un lato andare avanti sulla organizzazione dei reparti per intensità di cura, dopo le positive esperienze di Porretta e delle chirurgie di San Giovanni in Persiceto. Riorganizzare ancora l'offerta sanitaria senza ridondanze, senza sovrapposizioni all'interno dell'Ausl e tra le diverse aziende sul nostro territorio, quindi in una collaborazione crescente tra Azienda sanitaria, Sant'Orsola e Rizzoli, con possibili e ampi spazi di collaborazione fra queste Aziende. Con un obiettivo che non è soltanto quello della razionalizzazione dei costi ma quello di aumentare la sicurezza e la qualità dell'offerta che in alcuni numeri delle prestazioni sanitarie oggi esistenti non garantiscono o rischiano di non garantire questa qualità. Ancora, la costruzione di una rete fatta di grandi strutture specialistiche e polispecialistiche per interventi ad alta complessità di cura, e su questo la città di Bologna ha una sua evidente storica rilevanza. E una rete territoriale di qualità, costruita su alcune vocazioni esistenti e sull'esigenza di ampliare i posti post acuzie e di day surgery. Ancora la realizzazione delle Case della salute come luogo di incontro fra le cure primarie, i medici di medicina generale, e della grande opportunità data dalla responsabilizzazione delle professioni infermieristiche, che possono assumere sempre più spazi di responsabilità all'interno della nostra organizzazione dell'offerta sanitaria. Per fare questo spartiremo dei territori, sicuramente quelli della nostra provincia, ma anche Bologna, con Case della salute sia all'interno delle strutture ospedaliere sia in strutture ambulatoriali.
Rispetto a questa sfida imponente e faticosa il sistema degli enti locali bolognese è coeso e pronto intorno a questa prospettiva, sapendo che vi è anche un percorso culturale da condividere con i cittadini, perché cambiamenti anche profondi non appaiano solo come privativi di qualcosa che prima c'era e adesso non c'è più, ma si possa convincere che oggi la qualità dell'offerta sanitaria non passa solo dal numero di posti letto che gli ospedali sanno offrire.
Certo questo lavoro e questa disponibilità all'innovazione ha un punto di rottura, oltre il quale la parola innovazione si carica di ipocrisia, oltre il quale si distrugge il sistema sanitario di qualità regionale, superato il quale si rischia che la crisi economica diventi crisi sociale e di speranza. Stiamo lavorando in questi mesi con tutti gli attori perché così non sia, e perché non si valuti in questa pur comprensibile e condivisa esigenza di contenimento e qualificazione della spesa, tutti uguali e ugualmente spreconi. Ci sono differenze profonde tra i diversi territori del nostro Paese, ci sono territori come il nostro che hanno fatto scelte lungimiranti, penso al quella dell'Ausl unica fatta anni fa con tutte le difficoltà del caso che ha comportato, e altre zone del Paese dove si è spinto su una spesa pubblica non qualificata. Noi continueremo a fare la nostra parte, ma monitoreremo che tutti facciano la propria parte, e che le esigenze di contenimento della spesa pubblica non si traducano in un impoverimento delle tutele dei diritti di salute dei cittaini. Questo lo faremo anche con una forte relazione con la regione dell'Emilia-Romagna, con il presidente Errani e l'assessore Lusenti, che sono in questi giorni impegnati, in particolare nella conferenza Stato-Regioni e non solo, a difendere queste esigenze del sistema sanitario regionale, e stanno lavorando anche a tutela delle proprie prerogative costituzionali. Ricordo che la sanità è materia delegata alle Regioni e quindi risulta difficilmente comprensibile come oltre i saldi, e quelli sono nella potestà del Governo, vengano indicate nel decreto di spending review anche le misure e addirittura i numeri dei tagli da effettuare. C'è un lavoro a difesa di una autonomia e di una capacità di autoriforma in ambito sanitario che la Regione Emilia-Romagna sta portando avanti, che vedrà il sistema degli enti locali e la città di Bologna al suo fianco".
La consigliera Cocconcelli si è dichiarata soddisfatta.