MISSIONE DEL SINDACO MEROLA A SEUL, IL DISCORSO INAUGURALE AL PRIMO GLOBAL SOCIAL ECONOMIC FORUM
Trasmettiamo discorso del Sindaco di Bologna, Virginio Merola, tenuto in apertura del primo Global Social Economic Forum, martedì 5 novembre 2013 a Seul.
"Gentile Sindaco Park, gentili rappresentanti delle città e delle regioni, gentili cit...
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Trasmettiamo discorso del Sindaco di Bologna, Virginio Merola, tenuto in apertura del primo Global Social Economic Forum, martedì 5 novembre 2013 a Seul.
"Gentile Sindaco Park, gentili rappresentanti delle città e delle regioni, gentili cittadini e imprenditori sociali presenti qui oggi, vi porto i saluti della città di Bologna e del mio Paese, l'Italia.
Sono stato molto felice di ricevere l'invito e la proposta del Sindaco di Seul a condividere la promozione di questo primo Forum Globale sull’Economia Sociale. Esso rappresenta una di quelle occasioni offerte raramente alle città e alle comunità locali per porre le proprie priorità all'attenzione della politica globale. In questa sede presenteremo il punto di vista di chi lavora e vive nelle aree urbane. Di chi ogni giorno affronta problematiche complesse sotto la pressione vorace della finanza e della competizione internazionale.
Le aree urbane esprimono tutte le contraddizioni e le opportunità che richiedono nuove politiche economiche, ecologiche e sociali. Pensiamo infatti ai cambiamenti climatici e quindi ai temi della rigenerazione urbana e della green economy, pensiamo ai cambiamenti demografici e alla necessità di ritrovare un equilibrio vitale tra le generazioni, tra i nostri giovani e gli anziani, pensiamo al rapporto tra i generi, tra gli uomini e le donne, alle grandi potenzialità di realizzare pari opportunità per le donne, sia come emancipazione sociale che come riconoscimento della differenza di genere per allargare la democrazia nella vita concreta delle persone.
Questo nella vita delle città significa riconsiderare e riprogettare le politiche urbane in senso generale, fino alle scelte di bilancio e di investimento e ai modelli di welfare, incentrati ancora oggi, nei nostri Paesi, soprattutto sul modello del maschio lavoratore dipendente. Significa combattere la cultura maschilista che produce violenza sulle donne. A Bologna abbiamo consolidato un’importante iniziativa autogestita da associazioni di donne, la Casa delle Donne per non subire violenza, che assiste appunto le vittime dei reati di violenza maschile. Pensiamo, infine, al rapporto tra le genti tra diverse nazionalità che convivono nelle nostre città in un mondo globalizzato, certo, per lo scambio di merci e di beni, ma pieno di ostacoli per la libertà di movimento delle persone e per la loro effettiva inclusione.
Generi, generazioni e genti: ecco i soggetti tematici che formano oggi la pluralità contraddittoria della nostra vita urbana. Ma sono anche gli aspetti e e le leve da usare per affrontare il divario tra la promessa della città come spazio di libertà e di lavoro e la realtà di città dove la libertà e il lavoro rischiano di perdere di significato e di dignità. E’ la sfida che oggi il pensiero democratico è chiamato ad affrontare, una sfida che rischia di mettere in discussione proprio la possibilità di una autentica vita democratica per le nostre comunità. Noi riteniamo che una vita urbana più democratica possa fondarsi su un'idea forte di economia sociale, basata su valori forti come la condivisione e la sperimentazione drammatica di nuovi processi.
E’ un'idea che ci viene dal nostro passato di lotte e rivendicazioni sociali e civili, dalla storia del nostro movimento popolare, operaio e contadino che si batteva per il diritto di voto, ma insieme realizzava imprese di produzione e di servizi autogestite, per creare il lavoro negato, per conquistare quella dignità che uno stato centralistico e autoritario non permetteva. Nacquero così le prime cooperative, le prime mutue, le associazioni di consumatori, le banche di credito artigiane e locali. I lavoratori conquistarono così la cittadinanza autorganizzando il lavoro e i servizi. Questa esperienza storica raggiunse il punto alto di affermazione quando la Costituzione della Repubblica italiana previde il sostegno al movimento cooperativo e il dovere delle istituzioni pubbliche di sostenere le iniziative dei cittadini che si associano per fare attività di interesse generale.
Questa storia di autonomia e di potere democratico costruito dal basso, ci aiuta a considerare una cosa: il futuro passa per la ridefinizione del perimetro tra stato e mercato. Perché esiste un’alternativa allo statalismo e al liberismo, esiste una terza via tra l’intervento pubblico, inteso come gestione diretta e centralizzata dei servizi o il mercato come unica chance per il ceto medio, che confina i servizi statali e i sussidi solo per i poveri.
Questa terza via è l'economia sociale, la capacità di garantire un welfare universalistico per tutti e tutte lavorando alla compartecipazione del pluralismo associato e all’autogestione dei servizi da parte dei cittadini che fanno rete e lavorano insieme. Per comuni come Bologna, questo significa indirizzare e controllare la qualità e l'impatto dei servizi ma gestire sempre meno e lì dove i cittadini non sono in grado di organizzarsi da soli. Il pluralismo associativo è vissuto da noi come una risorsa fondamentale, la nostra principale infrastruttura, la nostra più grande opera pubblica: le persone. Una buona crescita è una crescita del benessere delle persone, l'aumento del prodotto interno lordo non basta ad evitare povertà e disuguaglianze. Ci vuole coesione sociale, fraternità, una comunità capace di crescere nell'integrazione e nella condivisione. Così, lo sviluppo economico è anche più duraturo e meno esposto alle crisi periodiche dell’economia. Se guardiamo al fenomeno della povertà attraverso la lente dell’economia sociale, riusciamo a farne una lettura più incisiva ed attuale. Il welfare resta necessario, ancora di più quando la crisi economica aumenta la disoccupazione e le disuguaglianze. Ma la sola distribuzione del reddito non basta per una adeguata lotta alla povertà, anche se rimane un aspetto determinante. Occorre insieme valutare la capacità delle persone di aiutarsi da sole ad uscire dallo stato di povertà. Si tratta, quindi, di redistribuire anche potere, non solo risorse. Si è poveri anche perché si è privi di abilità, di conoscenza, di saper fare, di relazioni appropriate, di istruzione e di formazione. Il fattore culturale, quindi, il livello di conoscenza e di istruzione, il potere di fare e condividere progetti e iniziative per sé e per gli altri.
Qui, in questa porta stretta passa la differenza tra l’individuo egoista che ci predica il liberismo o il suddito che crea lo statalismo. E’ la porta che apre all’idea di persona come individuo capace di una libertà autentica, perché responsabile verso gli altri e perché costruita con gli altri. Da questa porta, della centralità della persona, passa l’economia sociale come crescita del benessere e della coesione sociale.Questo noi pensiamo, care amiche e cari amici, e questo cerchiamo di mettere in pratica.
Bologna è un sistema urbano da 1 milione di abitanti situato nel cuore del centro-nord Italia. Bologna è capoluogo della Regione Emilia-Romagna, una delle regioni più ricche per PIL pro capite del paese, circa 31.000 euro, caratterizzata storicamente da un alto tasso di competitività di innovazione e da un altrettanto elevato grado di coesione sociale, di solidarietà.
Nel nostro territorio è possibile trovare molte imprese piccole e medie e altamente specializzate. Si trovano i leader mondiali nel campo della progettazione e produzione elettronica di macchine automatiche, ma anche il più alto radicamento di imprese cooperative. Il 12% del PIL della mia città è prodotto da imprese cooperative; tra le 10 imprese più grandi 6 sono cooperative, mentre in tutta la regione 1 cittadino ogni 2 è socio di almeno una cooperativa. A differenza di altre regioni italiane o europee, la storia del modello cooperativo in Emilia-Romagna ha visto la nascita di un vero e proprio movimento di imprese, organizzate per settori d'intervento e rappresentate da associazioni cooperative nazionali. Questo modello ha promosso fusioni e aggregazioni, ha determinato la creazione di cooperative di grandi dimensioni o di consorzi di cooperative. Non si tratta di imprese che operano in un solo mercato locale, ma di grandi realtà in grado di aggredire il mercato e di avere fatturati importanti, che realizzano infrastrutture o la gestione di settori chiave come il welfare e l'educazione. Oggi la sfida per queste imprese cooperative è di accentuare il radicamento nel territorio insieme alla crescita della dimensione operativa.
Oltre a questa presenza cooperativa, nel nostro territorio vive una responsabilità diffusa nei confronti della comunità. E’ alto il numero di associazioni, di imprese sociali, di organizzazioni di volontariato e forte è la cultura della responsabilità sociale d’impresa. La responsabilità sociale d’impresa è presente in modo importante anche presso imprese manifatturiere grandi e medie, con punte d’avanguardia di estremo interesse laddove le iniziative di welfare aziendale si aprono ed evolvono verso la comunità locale. Parliamo in questo caso di compartecipazione al welfare territoriale quando ad esempio nidi aziendali di una grande azienda si convenzionano, si alleano con l’Amministrazione comunale, permettendo l’accesso non solo ai bambini dei lavoratori dell’azienda, ma anche a quelli dei genitori che vivono in quel quartiere. Parliamo di mense aziendali, di palestre di iniziative culturali pensate per i lavoratori e aperte alla cittadinanza. Così, grazie al modello di economia sociale sviluppato da noi sono tanti i cittadini che si impegnano nella progettazione e nell’erogazione di servizi che servono alla comunità e non aspettano che gli vengano calati dall’alto.
Questa tradizione culturale ha permesso di sperimentare e sviluppare un sistema di welfare locale fortemente connotato e peculiare rispetto al resto del paese. Tutta la nostra regione è caratterizzata da quello che potremmo definire un circolo virtuoso tra comuni, imprese e cittadini che collaborano tra di loro. Attorno a questa tradizione sono nate leggi regionali e regolamenti volti a favorire questo sistema di economia sociale. Certo, come tutti i modelli, anche il nostro sente il peso dei tempi e della crisi economica. E’ costantemente messo alla prova dai cambiamenti demografici e dalle nuove dinamiche economiche. Abbiamo molto bisogno di innovazione, la nostra ricerca deve necessariamente coinvolgere tutti gli attori chiave del sistema urbano con le loro interdipendenze e la loro rete di relazioni. Da sindaco posso testimoniare, che accanto alla necessità dell’occupazione a preoccuparmi è il progressivo indebolimento del nostro sistema di welfare tradizionale. Negli ultimi anni a causa della particolare congiuntura economica e della crescita del peso del debito pubblico nazionale sulle città, accompagnati da un progressivo invecchiamento della popolazione residente, si è prodotto un evidente squilibrio e si è reso necessario mettere mano alle nostre strategie pubbliche.
Il nostro obiettivo è quello di trasformare il modello del welfare semplice in un welfare di comunità. Questo welfare non può più rivolgersi solo a coloro che rischiano la povertà assoluta, ma deve rivolgersi ad essi e contemporaneamente a coloro che rischiano di cadere nella marginalità, dobbiamo certamente pensare agli ultimi, ma dobbiamo anche sapere pensare ai penultimi. Si devono individuare energie e le capacità che ancora sono in possesso delle persone per immetterli nel campo della produttività sociale prima e tramite questa in quello della produttività economica. Bologna è una città dove le persone e la comunità devono essere gli attori principali della nostra intelligenza urbana. A questo scopo tutte le nostre politiche devono essere ripensate per rendere la nostra area urbana abilitante, cioè in grado di valorizzare a pieno le reti sociali esistenti e i beni comuni. Il grado di accoglienza e di vivibilità della nostra città è il risultato di questa capacità.
In questo contesto, stiamo sostenendo sperimentazioni e nuove di iniziative di sharing economomy. Spesso si tratta di nuove forme di partenariato fra pubblico, privato e associazioni, così, ad esempio, sono stati creati i consorzi per la costruzione e gestione dei nidi, per i nostri bambini dai zero a tre anni, che presenteremo al Global Forum. Abbiamo recentemente approvato un regolamento specifico per inserire una quota minima di appalti pubblici da assegnare a imprese che inseriscono lavoratori svantaggiati o disoccupati, abbiamo creato un fondo anticrisi e lanciato un programma che, a partire da quest’anno, realizzerà negozi di vicinato, botteghe di solidarietà dedicate al contrasto dello spreco alimentare e alla solidarietà concreta e a creare occasioni di lavoro per chi oggi è in condizioni di povertà o di disoccupazione. Infine tra le cose sui cui oggi stiamo maggiormente puntando, c'è l'ICT, i nuovi media applicati nella sfera pubblica, da leggere come una dimensione chiave per il supporto e lo sviluppo di nuove economie e strategie di empowement dei cittadini. Vogliamo creare la Rete Civica Municipale online, per connettere i quartieri, i centri sociali per anziani, le scuole, le sedi associative, gli spazi dove i cittadini possono incontrarsi e mettere a confronto attese e bisogni. Seguendo modelli e pratiche improntati all’interoperabilità, al riuso e al codice aperto, ci si propone di realizzare un prototipo di media civico, capace di essere replicato in altre città, per offrire un nuovo spazio di collaborazione civica e di produzione condivisa di “beni comuni digitali”.
Tra il 2014 e il 2015 Bologna avrà la sua grande occasione. Nel 2014, infatti, avremo l’occasione di riformare le nostre istituzioni municipali, creando anche noi il Governo della Città Metropolitana di Bologna. Oggi, siamo un’area divisa in 60 singoli comuni, domani ci sarà un governo di area vasta al quale faranno capo le principali strategie per lo sviluppo locale. Nel 2015 poi, Bologna collaborerà con la città di Milano per l’organizzazione dell’Expò universale. Attorno ai temi dell’economia sociale, soprattutto, intendiamo portare il nostro contributo. Ecco perché siamo interessati a trovare partner con i quali scambiare esperienze, ma anche progettare la creazione di un centro internazionale per l’innovazione dell’economia sociale delle città con base a Bologna. Un HUB dell’economia sociale dedicato alla ricerca, alla formazione, allo scambio di esperienze.
A voi e alle altre città presenti voglio assicurare che l’Emilia-Romagna e Bologna sosterranno il processo che si avvia oggi con l’apertura del Global Forum. Come Sindaco di Bologna, porterò non solo la mia firma, ma anche il contributo di un’esperienza locale di lungo corso, che ha edificato nel tempo una cultura considerata per molti anni differente dal pensiero unico dominante. Una cultura che ha garantito progresso e coesione sociale, e che oggi la crisi ci ripropone come innovativa e necessaria e di cui siamo, come comprenderete, orgogliosi. Partecipiamo a questo Forum con il desiderio di ascoltare e di apprendere, di scambiare buone pratiche ed esperienze.
Grazie dunque per questa occasione che abbiamo costruito insieme, grazie al sindaco di Seul che ci ospita e che l’ha promossa. Infine, permettetemi solo un consiglio per tutti voi, care amiche e cari amici: Bologna è una città molto bella e vitale e quindi scappate da noi prima che potete. Grazie".
"Gentile Sindaco Park, gentili rappresentanti delle città e delle regioni, gentili cittadini e imprenditori sociali presenti qui oggi, vi porto i saluti della città di Bologna e del mio Paese, l'Italia.
Sono stato molto felice di ricevere l'invito e la proposta del Sindaco di Seul a condividere la promozione di questo primo Forum Globale sull’Economia Sociale. Esso rappresenta una di quelle occasioni offerte raramente alle città e alle comunità locali per porre le proprie priorità all'attenzione della politica globale. In questa sede presenteremo il punto di vista di chi lavora e vive nelle aree urbane. Di chi ogni giorno affronta problematiche complesse sotto la pressione vorace della finanza e della competizione internazionale.
Le aree urbane esprimono tutte le contraddizioni e le opportunità che richiedono nuove politiche economiche, ecologiche e sociali. Pensiamo infatti ai cambiamenti climatici e quindi ai temi della rigenerazione urbana e della green economy, pensiamo ai cambiamenti demografici e alla necessità di ritrovare un equilibrio vitale tra le generazioni, tra i nostri giovani e gli anziani, pensiamo al rapporto tra i generi, tra gli uomini e le donne, alle grandi potenzialità di realizzare pari opportunità per le donne, sia come emancipazione sociale che come riconoscimento della differenza di genere per allargare la democrazia nella vita concreta delle persone.
Questo nella vita delle città significa riconsiderare e riprogettare le politiche urbane in senso generale, fino alle scelte di bilancio e di investimento e ai modelli di welfare, incentrati ancora oggi, nei nostri Paesi, soprattutto sul modello del maschio lavoratore dipendente. Significa combattere la cultura maschilista che produce violenza sulle donne. A Bologna abbiamo consolidato un’importante iniziativa autogestita da associazioni di donne, la Casa delle Donne per non subire violenza, che assiste appunto le vittime dei reati di violenza maschile. Pensiamo, infine, al rapporto tra le genti tra diverse nazionalità che convivono nelle nostre città in un mondo globalizzato, certo, per lo scambio di merci e di beni, ma pieno di ostacoli per la libertà di movimento delle persone e per la loro effettiva inclusione.
Generi, generazioni e genti: ecco i soggetti tematici che formano oggi la pluralità contraddittoria della nostra vita urbana. Ma sono anche gli aspetti e e le leve da usare per affrontare il divario tra la promessa della città come spazio di libertà e di lavoro e la realtà di città dove la libertà e il lavoro rischiano di perdere di significato e di dignità. E’ la sfida che oggi il pensiero democratico è chiamato ad affrontare, una sfida che rischia di mettere in discussione proprio la possibilità di una autentica vita democratica per le nostre comunità. Noi riteniamo che una vita urbana più democratica possa fondarsi su un'idea forte di economia sociale, basata su valori forti come la condivisione e la sperimentazione drammatica di nuovi processi.
E’ un'idea che ci viene dal nostro passato di lotte e rivendicazioni sociali e civili, dalla storia del nostro movimento popolare, operaio e contadino che si batteva per il diritto di voto, ma insieme realizzava imprese di produzione e di servizi autogestite, per creare il lavoro negato, per conquistare quella dignità che uno stato centralistico e autoritario non permetteva. Nacquero così le prime cooperative, le prime mutue, le associazioni di consumatori, le banche di credito artigiane e locali. I lavoratori conquistarono così la cittadinanza autorganizzando il lavoro e i servizi. Questa esperienza storica raggiunse il punto alto di affermazione quando la Costituzione della Repubblica italiana previde il sostegno al movimento cooperativo e il dovere delle istituzioni pubbliche di sostenere le iniziative dei cittadini che si associano per fare attività di interesse generale.
Questa storia di autonomia e di potere democratico costruito dal basso, ci aiuta a considerare una cosa: il futuro passa per la ridefinizione del perimetro tra stato e mercato. Perché esiste un’alternativa allo statalismo e al liberismo, esiste una terza via tra l’intervento pubblico, inteso come gestione diretta e centralizzata dei servizi o il mercato come unica chance per il ceto medio, che confina i servizi statali e i sussidi solo per i poveri.
Questa terza via è l'economia sociale, la capacità di garantire un welfare universalistico per tutti e tutte lavorando alla compartecipazione del pluralismo associato e all’autogestione dei servizi da parte dei cittadini che fanno rete e lavorano insieme. Per comuni come Bologna, questo significa indirizzare e controllare la qualità e l'impatto dei servizi ma gestire sempre meno e lì dove i cittadini non sono in grado di organizzarsi da soli. Il pluralismo associativo è vissuto da noi come una risorsa fondamentale, la nostra principale infrastruttura, la nostra più grande opera pubblica: le persone. Una buona crescita è una crescita del benessere delle persone, l'aumento del prodotto interno lordo non basta ad evitare povertà e disuguaglianze. Ci vuole coesione sociale, fraternità, una comunità capace di crescere nell'integrazione e nella condivisione. Così, lo sviluppo economico è anche più duraturo e meno esposto alle crisi periodiche dell’economia. Se guardiamo al fenomeno della povertà attraverso la lente dell’economia sociale, riusciamo a farne una lettura più incisiva ed attuale. Il welfare resta necessario, ancora di più quando la crisi economica aumenta la disoccupazione e le disuguaglianze. Ma la sola distribuzione del reddito non basta per una adeguata lotta alla povertà, anche se rimane un aspetto determinante. Occorre insieme valutare la capacità delle persone di aiutarsi da sole ad uscire dallo stato di povertà. Si tratta, quindi, di redistribuire anche potere, non solo risorse. Si è poveri anche perché si è privi di abilità, di conoscenza, di saper fare, di relazioni appropriate, di istruzione e di formazione. Il fattore culturale, quindi, il livello di conoscenza e di istruzione, il potere di fare e condividere progetti e iniziative per sé e per gli altri.
Qui, in questa porta stretta passa la differenza tra l’individuo egoista che ci predica il liberismo o il suddito che crea lo statalismo. E’ la porta che apre all’idea di persona come individuo capace di una libertà autentica, perché responsabile verso gli altri e perché costruita con gli altri. Da questa porta, della centralità della persona, passa l’economia sociale come crescita del benessere e della coesione sociale.Questo noi pensiamo, care amiche e cari amici, e questo cerchiamo di mettere in pratica.
Bologna è un sistema urbano da 1 milione di abitanti situato nel cuore del centro-nord Italia. Bologna è capoluogo della Regione Emilia-Romagna, una delle regioni più ricche per PIL pro capite del paese, circa 31.000 euro, caratterizzata storicamente da un alto tasso di competitività di innovazione e da un altrettanto elevato grado di coesione sociale, di solidarietà.
Nel nostro territorio è possibile trovare molte imprese piccole e medie e altamente specializzate. Si trovano i leader mondiali nel campo della progettazione e produzione elettronica di macchine automatiche, ma anche il più alto radicamento di imprese cooperative. Il 12% del PIL della mia città è prodotto da imprese cooperative; tra le 10 imprese più grandi 6 sono cooperative, mentre in tutta la regione 1 cittadino ogni 2 è socio di almeno una cooperativa. A differenza di altre regioni italiane o europee, la storia del modello cooperativo in Emilia-Romagna ha visto la nascita di un vero e proprio movimento di imprese, organizzate per settori d'intervento e rappresentate da associazioni cooperative nazionali. Questo modello ha promosso fusioni e aggregazioni, ha determinato la creazione di cooperative di grandi dimensioni o di consorzi di cooperative. Non si tratta di imprese che operano in un solo mercato locale, ma di grandi realtà in grado di aggredire il mercato e di avere fatturati importanti, che realizzano infrastrutture o la gestione di settori chiave come il welfare e l'educazione. Oggi la sfida per queste imprese cooperative è di accentuare il radicamento nel territorio insieme alla crescita della dimensione operativa.
Oltre a questa presenza cooperativa, nel nostro territorio vive una responsabilità diffusa nei confronti della comunità. E’ alto il numero di associazioni, di imprese sociali, di organizzazioni di volontariato e forte è la cultura della responsabilità sociale d’impresa. La responsabilità sociale d’impresa è presente in modo importante anche presso imprese manifatturiere grandi e medie, con punte d’avanguardia di estremo interesse laddove le iniziative di welfare aziendale si aprono ed evolvono verso la comunità locale. Parliamo in questo caso di compartecipazione al welfare territoriale quando ad esempio nidi aziendali di una grande azienda si convenzionano, si alleano con l’Amministrazione comunale, permettendo l’accesso non solo ai bambini dei lavoratori dell’azienda, ma anche a quelli dei genitori che vivono in quel quartiere. Parliamo di mense aziendali, di palestre di iniziative culturali pensate per i lavoratori e aperte alla cittadinanza. Così, grazie al modello di economia sociale sviluppato da noi sono tanti i cittadini che si impegnano nella progettazione e nell’erogazione di servizi che servono alla comunità e non aspettano che gli vengano calati dall’alto.
Questa tradizione culturale ha permesso di sperimentare e sviluppare un sistema di welfare locale fortemente connotato e peculiare rispetto al resto del paese. Tutta la nostra regione è caratterizzata da quello che potremmo definire un circolo virtuoso tra comuni, imprese e cittadini che collaborano tra di loro. Attorno a questa tradizione sono nate leggi regionali e regolamenti volti a favorire questo sistema di economia sociale. Certo, come tutti i modelli, anche il nostro sente il peso dei tempi e della crisi economica. E’ costantemente messo alla prova dai cambiamenti demografici e dalle nuove dinamiche economiche. Abbiamo molto bisogno di innovazione, la nostra ricerca deve necessariamente coinvolgere tutti gli attori chiave del sistema urbano con le loro interdipendenze e la loro rete di relazioni. Da sindaco posso testimoniare, che accanto alla necessità dell’occupazione a preoccuparmi è il progressivo indebolimento del nostro sistema di welfare tradizionale. Negli ultimi anni a causa della particolare congiuntura economica e della crescita del peso del debito pubblico nazionale sulle città, accompagnati da un progressivo invecchiamento della popolazione residente, si è prodotto un evidente squilibrio e si è reso necessario mettere mano alle nostre strategie pubbliche.
Il nostro obiettivo è quello di trasformare il modello del welfare semplice in un welfare di comunità. Questo welfare non può più rivolgersi solo a coloro che rischiano la povertà assoluta, ma deve rivolgersi ad essi e contemporaneamente a coloro che rischiano di cadere nella marginalità, dobbiamo certamente pensare agli ultimi, ma dobbiamo anche sapere pensare ai penultimi. Si devono individuare energie e le capacità che ancora sono in possesso delle persone per immetterli nel campo della produttività sociale prima e tramite questa in quello della produttività economica. Bologna è una città dove le persone e la comunità devono essere gli attori principali della nostra intelligenza urbana. A questo scopo tutte le nostre politiche devono essere ripensate per rendere la nostra area urbana abilitante, cioè in grado di valorizzare a pieno le reti sociali esistenti e i beni comuni. Il grado di accoglienza e di vivibilità della nostra città è il risultato di questa capacità.
In questo contesto, stiamo sostenendo sperimentazioni e nuove di iniziative di sharing economomy. Spesso si tratta di nuove forme di partenariato fra pubblico, privato e associazioni, così, ad esempio, sono stati creati i consorzi per la costruzione e gestione dei nidi, per i nostri bambini dai zero a tre anni, che presenteremo al Global Forum. Abbiamo recentemente approvato un regolamento specifico per inserire una quota minima di appalti pubblici da assegnare a imprese che inseriscono lavoratori svantaggiati o disoccupati, abbiamo creato un fondo anticrisi e lanciato un programma che, a partire da quest’anno, realizzerà negozi di vicinato, botteghe di solidarietà dedicate al contrasto dello spreco alimentare e alla solidarietà concreta e a creare occasioni di lavoro per chi oggi è in condizioni di povertà o di disoccupazione. Infine tra le cose sui cui oggi stiamo maggiormente puntando, c'è l'ICT, i nuovi media applicati nella sfera pubblica, da leggere come una dimensione chiave per il supporto e lo sviluppo di nuove economie e strategie di empowement dei cittadini. Vogliamo creare la Rete Civica Municipale online, per connettere i quartieri, i centri sociali per anziani, le scuole, le sedi associative, gli spazi dove i cittadini possono incontrarsi e mettere a confronto attese e bisogni. Seguendo modelli e pratiche improntati all’interoperabilità, al riuso e al codice aperto, ci si propone di realizzare un prototipo di media civico, capace di essere replicato in altre città, per offrire un nuovo spazio di collaborazione civica e di produzione condivisa di “beni comuni digitali”.
Tra il 2014 e il 2015 Bologna avrà la sua grande occasione. Nel 2014, infatti, avremo l’occasione di riformare le nostre istituzioni municipali, creando anche noi il Governo della Città Metropolitana di Bologna. Oggi, siamo un’area divisa in 60 singoli comuni, domani ci sarà un governo di area vasta al quale faranno capo le principali strategie per lo sviluppo locale. Nel 2015 poi, Bologna collaborerà con la città di Milano per l’organizzazione dell’Expò universale. Attorno ai temi dell’economia sociale, soprattutto, intendiamo portare il nostro contributo. Ecco perché siamo interessati a trovare partner con i quali scambiare esperienze, ma anche progettare la creazione di un centro internazionale per l’innovazione dell’economia sociale delle città con base a Bologna. Un HUB dell’economia sociale dedicato alla ricerca, alla formazione, allo scambio di esperienze.
A voi e alle altre città presenti voglio assicurare che l’Emilia-Romagna e Bologna sosterranno il processo che si avvia oggi con l’apertura del Global Forum. Come Sindaco di Bologna, porterò non solo la mia firma, ma anche il contributo di un’esperienza locale di lungo corso, che ha edificato nel tempo una cultura considerata per molti anni differente dal pensiero unico dominante. Una cultura che ha garantito progresso e coesione sociale, e che oggi la crisi ci ripropone come innovativa e necessaria e di cui siamo, come comprenderete, orgogliosi. Partecipiamo a questo Forum con il desiderio di ascoltare e di apprendere, di scambiare buone pratiche ed esperienze.
Grazie dunque per questa occasione che abbiamo costruito insieme, grazie al sindaco di Seul che ci ospita e che l’ha promossa. Infine, permettetemi solo un consiglio per tutti voi, care amiche e cari amici: Bologna è una città molto bella e vitale e quindi scappate da noi prima che potete. Grazie".