CONSIGLIO COMUNALE, INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE MIRCO PIERALISI (AMELIA PER BOLOGNA) SUI FATTI DI GENOVA DEL 2001
Si trasmette il testo dell'intervento d'inizio seduta del consigliere Mirco Pieralisi (Amelia per Bologna) sulle recenti sentenze per i fatti di Genova 2001.
"La buona notizia è che le scuole sono chiuse. Sarebbe stato in effetti imbarazzante...
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Si trasmette il testo dell'intervento d'inizio seduta del consigliere Mirco Pieralisi (Amelia per Bologna) sulle recenti sentenze per i fatti di Genova 2001.
"La buona notizia è che le scuole sono chiuse. Sarebbe stato in effetti imbarazzante per un insegnante di diritto, anzi un insegnante e basta, rispondere a domande imbarazzanti di qualche studente su come funziona la giustizia in Italia. In realtà, come è noto, non sono le domande ad essere imbarazzanti, ma le risposte che dovremmo dare, dopo aver spiegato per anni il senso delle regole condivise, i valori fondanti della Costituzione, il rispetto per la magistratura e il rispetto persino per le leggi che si ritiene debbano essere cambiate. Oggi dovremmo dare risposte imbarazzanti e imbarazzate a domande che hanno il suono di tante frustate. La vita di una persona conta di meno di una vetrina, in nome della legge? In nome della legge la tortura e il pestaggio compiute in divisa sono meno gravi che l'aver partecipato, senza ferire nessuna persona, a qualche danneggiamento? Un ragazzo o una ragazza possono essere trattati in caserma come nel Cile di Pinochet e i vertici dell'ordine pubblico farla franca?
Perché spaccare le ossa a della gente che dorme, con l'aggravante di avere agito con una divisa, è eccesso di zelo, mentre bruciare un cassonetto è devastazione, e si va in prigione?
Perché se partecipi ad una manifestazione in cui ci sono stati episodi di vandalismo sei corresponsabile del "sangue delle vetrine" (per dirla con Lidia Ravera), mentre se direttamente violi la legge e sei responsabile del sangue di Bolzaneto ti va certamente molto meglio? Come scrive il nostro Wu Ming 4: "La giustizia italiana ha deciso che cinque persone pagheranno per tutti. Altre cinque potrebbero aggiungersi. E così si ottiene il pari e patta politico con la sentenza sull’assalto alle scuole Diaz. Poco importa che le condanne dei poliziotti riguardino il pestaggio e il massacro preordinato di persone, per di più indifese, mentre quelle dei manifestanti siano motivate dalla distruzione di cose, di oggetti inanimati, in mezzo al caos generalizzato. Qualcuno di loro si becca dieci anni di galera."
Questo accade nel paese dove nel 1969, ai tempi della strage di Piazza Fontana, l'ex carceriere di Sandro Pertini poteva essere dirigente della questura di Milano, ma ancora oggi questo è il paese dove un povero ragazzo come tanti, Federico Aldrovandi, può essere fermato per un controllo e non uscirne vivo senza che i responsabili facciano un giorno di prigione, mentre i suoi famigliari, come afferma il rapporto di Amnesty International, "in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell'inchiesta".
Forse in questi ultimi vent'anni, a forza di correre dietro, spesso da tifosi pro o contro più che da cittadini attivi, alle vicende giudiziarie di un signore molto potente, troppe persone si sono dimenticate le storie di ordinaria ingiustizia di questo paese, storie che si consumano quotidianamente malgrado ci siano certamente anche tanti magistrati e uomini delle forze dell'ordine che le perseguano o le denuncino. Ci si è dimenticati di quanto le sentenze, le norme, lo stesso concetto di diritto possono essere a volte piegate, anche inconsapevolmente, ma volte con dolo, al realismo della politica dominante o della più banale convenienza del momento.
Ma c'è qualcosa di più, in questa amara conclusione giudiziaria, che mi sento di dire, perché ricordo bene i giorni di Genova e le facce dei ragazzi che da Genova sono tornati. A distanza di 11 anni i fatti sono passati al vaglio delle aule giudiziarie con le conseguenze che conosciamo. Ma se la giustizia è stata indebolita da questa sentenza le ragioni che portarono centinaia di migliaia di giovani a Genova come due anni prima a Seattle, come oggi a New York o a Madrid, non solo sono ancora valide, ma ne sono uscite rafforzate. come dimostra la grande crisi in cui siamo immersi. E queste ragioni non si lasceranno soffocare nè dalla nebbia che viene dalle aule giudiziarie, né da dal fumo di qualche cassonetto bruciato.
Come cantava ieri sera Patty Smith nella nostra bellissima Bologna d'estate: <noi possiamo rivoltare il mondo, noi possiamo dare il via alla rivoluzione sulla terra>"
"La buona notizia è che le scuole sono chiuse. Sarebbe stato in effetti imbarazzante per un insegnante di diritto, anzi un insegnante e basta, rispondere a domande imbarazzanti di qualche studente su come funziona la giustizia in Italia. In realtà, come è noto, non sono le domande ad essere imbarazzanti, ma le risposte che dovremmo dare, dopo aver spiegato per anni il senso delle regole condivise, i valori fondanti della Costituzione, il rispetto per la magistratura e il rispetto persino per le leggi che si ritiene debbano essere cambiate. Oggi dovremmo dare risposte imbarazzanti e imbarazzate a domande che hanno il suono di tante frustate. La vita di una persona conta di meno di una vetrina, in nome della legge? In nome della legge la tortura e il pestaggio compiute in divisa sono meno gravi che l'aver partecipato, senza ferire nessuna persona, a qualche danneggiamento? Un ragazzo o una ragazza possono essere trattati in caserma come nel Cile di Pinochet e i vertici dell'ordine pubblico farla franca?
Perché spaccare le ossa a della gente che dorme, con l'aggravante di avere agito con una divisa, è eccesso di zelo, mentre bruciare un cassonetto è devastazione, e si va in prigione?
Perché se partecipi ad una manifestazione in cui ci sono stati episodi di vandalismo sei corresponsabile del "sangue delle vetrine" (per dirla con Lidia Ravera), mentre se direttamente violi la legge e sei responsabile del sangue di Bolzaneto ti va certamente molto meglio? Come scrive il nostro Wu Ming 4: "La giustizia italiana ha deciso che cinque persone pagheranno per tutti. Altre cinque potrebbero aggiungersi. E così si ottiene il pari e patta politico con la sentenza sull’assalto alle scuole Diaz. Poco importa che le condanne dei poliziotti riguardino il pestaggio e il massacro preordinato di persone, per di più indifese, mentre quelle dei manifestanti siano motivate dalla distruzione di cose, di oggetti inanimati, in mezzo al caos generalizzato. Qualcuno di loro si becca dieci anni di galera."
Questo accade nel paese dove nel 1969, ai tempi della strage di Piazza Fontana, l'ex carceriere di Sandro Pertini poteva essere dirigente della questura di Milano, ma ancora oggi questo è il paese dove un povero ragazzo come tanti, Federico Aldrovandi, può essere fermato per un controllo e non uscirne vivo senza che i responsabili facciano un giorno di prigione, mentre i suoi famigliari, come afferma il rapporto di Amnesty International, "in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell'inchiesta".
Forse in questi ultimi vent'anni, a forza di correre dietro, spesso da tifosi pro o contro più che da cittadini attivi, alle vicende giudiziarie di un signore molto potente, troppe persone si sono dimenticate le storie di ordinaria ingiustizia di questo paese, storie che si consumano quotidianamente malgrado ci siano certamente anche tanti magistrati e uomini delle forze dell'ordine che le perseguano o le denuncino. Ci si è dimenticati di quanto le sentenze, le norme, lo stesso concetto di diritto possono essere a volte piegate, anche inconsapevolmente, ma volte con dolo, al realismo della politica dominante o della più banale convenienza del momento.
Ma c'è qualcosa di più, in questa amara conclusione giudiziaria, che mi sento di dire, perché ricordo bene i giorni di Genova e le facce dei ragazzi che da Genova sono tornati. A distanza di 11 anni i fatti sono passati al vaglio delle aule giudiziarie con le conseguenze che conosciamo. Ma se la giustizia è stata indebolita da questa sentenza le ragioni che portarono centinaia di migliaia di giovani a Genova come due anni prima a Seattle, come oggi a New York o a Madrid, non solo sono ancora valide, ma ne sono uscite rafforzate. come dimostra la grande crisi in cui siamo immersi. E queste ragioni non si lasceranno soffocare nè dalla nebbia che viene dalle aule giudiziarie, né da dal fumo di qualche cassonetto bruciato.
Come cantava ieri sera Patty Smith nella nostra bellissima Bologna d'estate: <noi possiamo rivoltare il mondo, noi possiamo dare il via alla rivoluzione sulla terra>"