Comunicati stampa

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25 aprile, gli interventi in occasione del 77° anniversario della Liberazione in Piazza Nettuno

I discorsi di Istituzioni e Anpi davanti al Sacrario dei Caduti Partigiani

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Domenica 25 aprile 2022 la città di Bologna ha celebrato il 77° anniversario della Liberazione. La commemorazione ufficiale si è svolta in piazza del Nettuno. Questi gli interventi tenutisi dopo l’alzabandiera con picchetto militare d’onore e la deposizione di corone al Sacrario dei Caduti Partigiani.

 

Intervento del sindaco Matteo Lepore (letto in piazza dallo speaker)

 

Un caro saluto alla cittadinanza presente oggi in Piazza, alle autorità militari e civili, alle istituzioni e ai gonfaloni delle associazioni che da sempre prendono parte a questa cerimonia, i deportati e le deportate, la comunità ebraica, i partigiani e le partigiane. Non mi è possibile essere lì con voi giacché sono in isolamento, essendo risultato positivo al Covid. Sarebbe stato il mio primo intervento per il 25 aprile, da Sindaco di Bologna. Sono ovviamente dispiaciuto di questa limitazione, ma il nostro Comune sarà comunque ottimamente rappresentato dalla nostra vicesindaca Emily Clancy. Prenderà la parola, tra gli altri, la Presidente provinciale dell'ANPI Anna Cocchi. Cara Anna, come molti sanno ti ho scritto una lettera aperta alla vigilia del 21 Aprile per comunicarti il mio pieno sostegno di Sindaco a fronte dei vergognosi attacchi subiti dall'associazione che rappresenti. Non le critiche si badi bene, quelle sono il sale della democrazia, ma gli insulti o i tentativi maldestri di chi da anni approfitta di ogni varco per infilarsi e chiedere la chiusura dell'Associazione Nazionale Partigiani. Non è quindi una novità questa, ma Bologna c'è al vostro fianco cara Anna, te lo assicuro. Bologna c'è ed scesa in piazza più volte accanto alle sorelle e fratelli ucraini da quando, 61 giorni fa, la Russia invadeva il loro paese, riaprendo ancora una volta quel pozzo senza fondo chiamato Guerra. Dal bordo di quel pozzo in molti si affacciano provando la vertigine del vuoto. Un vuoto, buio e profondo che li attrae. Attrae le masse, attrae i mezzi di comunicazione, si porta dietro la politica e le istituzioni, il fondamento stesso dell'Europa e delle nostre nazioni. La mente smette di ragionare, tutto diventa con me o contro di me e il tempo vive di un eterno presente. E' il vuoto profondo generato dai populismi e dai nazionalismi. E' il vuoto senza ritorno dell'ignoranza e del cinismo, che ha annichilito il dibattito delle idee. E' il vuoto sordo delle armi, dei mortai, delle bombe intelligenti e di un nuovo rischio nucleare. A quel vuoto, noi rispondiamo con l'impegno, con l'amore e con la vita. A quel vuoto noi rispondiamo con i valori, la storia e l'esempio di Bologna. In questi giorni abbiamo ricordato Cornelia Paselli, che quando aveva 17 anni fu testimone diretta dell'eccidio di Marzabotto. Nel settembre del 1944, Cornelia aveva 17 anni ed abitava a Gardelletta, nella vallata del Setta, con il padre Virginio, la madre Angelina, la sorella Giuseppina ed i fratelli gemelli Luigi e Maria. Tutti uccisi dalle SS. Il cancello della chiesa dove erano rifugiati venne scardinato, più di novanta persone furono spinte all’interno ed addossate alle pareti della cappella. Lei riuscì a scappare ma rimase per sempre segnata dalla visione dei suoi cari senza vita. Durante un’intervista raccolta in occasione di una delle iniziative della Scuola di Pace di Monte Sole a Cornelia è stato domandato: “Come si può andare avanti dopo aver passato un’esperienza simile? Da dove si trae la forza di continuare?” La sua risposta è rimasta sospesa nell’aria per qualche secondo, prima di entrarmi dentro: “La vita è sacra”. La vita è sacra. Voglio qui recuperare le parole che il Sindaco Renato Zangheri pronunciò prima di me alla manifestazione del 9 agosto 1974 in Piazza Maggiore, dopo la Strage dell'Italicus: "Il fascismo è il cieco odio per la libertà delle persone, per la libera competizione delle idee, per l’avanzamento dei lavoratori, che costituisce l’essenza del fascismo e che si manifesta in questo momento nelle forme più atroci del terrorismo. Ma un cordone ombelicale lega i terroristi ai lividi ideologhi neonazisti, agli esponenti del regime, impuniti e ricomparsi sulla scena politica. Comune è il loro obiettivo di screditare la democrazia e ferirla a morte, comune il loro disprezzo per la vita e la dignità dell’uomo. A pochi chilometri da San Benedetto Val di Sambro c’è un paese i cui abitanti furono sterminati col ferro e col fuoco dalle belve naziste. Loro alleati e complici erano i fantocci fascisti. Le odierne alleanze e complicità non possono più a lungo restare nascoste. I figli dei carnefici di Marzabotto sono tornati a colpire con la stessa disumana ferocia". Ho voluto leggervi queste parole a poche settimane da una sentenza di primo grado. Una sentenza storica nel corso del processo ai mandati della Strage del 2 Agosto. Ottenuto solo grazie alla caparbietà dell'Associazione dei familiari delle vittime, degli avvocati di parte civile, della Procura generale e dei giudici. Abbiamo udito condanne che hanno inchiodato i depistatori, i fiancheggiatori e le trame occulte. Sono le prove che i Servizi dello Stato italiano e della P2 finanziarono e ordirono l'esplosione della bomba alla Stazione, perpetrata da esponenti del terrorismo nero. I carnefici di Marzabotto, così li aveva indicati Zangheri, sono tornati a colpire dunque, più volte. Da questa città partigiana, medaglia d’oro della Resistenza, da questa terra ricca di tradizione di lotta per la liberazione degli uomini dall’ingiustizia, noi dobbiamo riaffermare che la Costituzione è la strada necessaria per combattere il fascismo: nessun’altra può avere successo, nessuna scorciatoia è idonea e possibile, se non si vuol scendere sul terreno minato dei nemici della democrazia. Una Costituzione programmatica, non a caso. Che pone al primo posto il lavoro, la scuola, la sanità. La coesione sociale insomma. L'Assenza di ciò offre oggi benzina al consenso di chi soffia sul fuoco. Mi riferisco chiaramente ai partiti che in tutta Europa venerano da anni figure politiche pericolose come Le Pen, Bolsonaro, Trump e Vladimir Putin. Dobbiamo ribadirlo, le radici del fascismo sono ramificate e profonde. Un'Europa divisa, razzista e smontata pezzo per pezzo nelle sue istituzioni unitarie è un viatico per la violenza, l'odio e la guerra. La politica dell'odio si alimenta di un'Europa cieca e sorda. Ecco perché serve un'Europa sociale e democratica prima ancora che unita attorno al denaro, all'energia o alle armi. L'Europa deve essere la nostra patria. Dobbiamo essere partigiani per l'Europa e noi l'Europa la vogliamo giusta e la vogliamo unita. Perché è tra i ceti popolari e le periferie delle città che si gioca la partita. Dove il fascismo nuovo e organizzato promuove palestre popolari, banchi alimentari, nuovi sindacati. Tra i social frequentati dai giovanissimi, dove il fascismo tecnologico promuove l'ideologia della forza, della violenza, del corpo maschile che prevale sul femminile. Per anni la propaganda politica sovranista ha finanziato e si è fatta finanziare da tutto questo. Il 9 ottobre 2021, manifestanti no vax e militanti di estrema destra, guidati da esponenti di Forza Nuova e dal criminale Roberto Fiore assaltavano la Camera del Lavoro di Roma. Quel Roberto Fiore che oggi si trova in carcere, che io stesso ho avuto l'occasione di vedere testimoniare senza ritegno né conseguenze nel processo a Cavallini, sempre sulla Strage del 2 agosto. Cari bolognesi, noi abbiamo le nostre cicatrici. Abbiamo i nostri morti. Ce li ricorda un sacrario, questo sacrario alle vostre spalle. Creato dalla partecipazione popolare, dai sentimenti di donne e uomini che affissero autonomamente le foto dei propri cari. Sono queste le colonne della nostra democrazia. Colonne di consapevolezza. Di fronte a queste colonne, in questo 25 aprile avremo l'occasione di riaffermare insieme valori come la coesistenza pacifica, la non violenza, la democrazia, la giustizia sociale. Tra questi valori vi è indubbiamente quanto ci ricorda l'art. 3 della nostra Costituzione: "E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini". Ecco perché abbiamo invitato qui sul palco la poetessa Saida Hamouyehy, da poco diventata italiana dopo anni di ostacoli burocratici e sofferenze. Una giovane italiana che lo Stato non voleva riconoscere come tale. Sono oltre 11 mila i ragazzi e ragazze che il prossimo anno riceveranno la Cittadinanza onoraria di Bologna seguendo il principio dello Ius Soli. Questo è il contributo di Bologna, per spingere il Parlamento ad approvare una vera riforma della cittadinanza nel nostro paese. Vi ringrazio tutte e tutti per la vostra presenza qui. Viva il 25 aprile! Viva l'Italia Libera! Viva Bologna!

 

Intervento della vicesindaca Emily Clancy

 

Care concittadine, cari concittadini,

sono qui a rappresentare il Comune di Bologna e a portarvi il saluto del nostro Sindaco Matteo Lepore, che sarebbe voluto essere qui insieme a noi, insieme all’ANPI, alla sua Presidente Anna Cocchi, insieme alla poetessa Saida Hamouyehy, all’Assessore regionale Raffaele Donini e a tutte e tutti i cittadini di Bologna, per il suo primo intervento da Sindaco in una giornata così bella e importante per la nostra città e il nostro Paese, ma purtroppo, come sapete, è stato fermato dal Covid.

A lui il nostro augurio di pronta guarigione e buon 25 aprile da questa Piazza.

In questi giorni nel 1945 la nostra città, l’Italia e l’Europa vennero liberate e il nazifascismo sconfitto.

La portata storica di questo evento è tale che a distanza di settantasette anni ancora ne godiamo in ogni nostra azione quotidiana, in ogni momento in cui ci si stringe insieme come comunità, nella sorellanza e nella fratellanza dei popoli.

La fine della Seconda Guerra Mondiale ha significato la fine dell’idea più buia della storia dell’umanità: la supremazia di una razza, l’idea stessa che ci potesse essere per nascita un popolo superiore ad un altro, la prevaricazione, l’annientamento, la morte come ordinari strumenti di risoluzione delle controversie.

La storia ha decretato la fine di quell’idea, ma se non piantiamo forti le radici della Memoria per fare in modo che il sapere acquisisca stabilità quel male può tornare, può tornare come male banale, male senza limiti, male travolgente.

Perché come ci insegna Hannah Arendt “Il peggior male non è dunque il male radicale, ma è un male senza radici. E proprio perché non ha radici, questo male non conosce limiti. Proprio per questo il male può raggiungere vertici impensabili, macchiando il mondo intero”.

Credere, obbedire, combattere” era il dogma fascista che veniva insegnato, l’imperativo categorico da introiettare per celebrare il regime e disprezzare la democrazia.

Il giorno dopo le dimissioni di Mussolini, nel luglio ‘43, il partigiano Adolfo Vacchi, nato a Bologna, ritratto in questo sacrario, insegnante di matematica, scrisse a sua figlia con la speranza di farle avere “la lettera più bella che avesse mai scritto” mentre provava a raccontare l’euforia e la speranze esplose a Milano in quelle ore.

Scrisse quelle parole del monito fascista “Credere, obbedire, combattere” e poi le cancellò e al loro posto consegnò alla figlia un nuovo messaggio: “capire, sapere, pensare”.

Il partigiano Vacchi non vide la Liberazione, fu ucciso fucilato dai fascisti il 5 settembre 1944. Per tutti e tutte coloro che pagarono con il costo della vita la nostra libertà, la nostra pace, oggi celebriamo questa giornata e cerchiamo di celebrarne l’insegnamento: cerchiamo di capire, di sapere, di pensare.

Capiamo che è un 25 Aprile diverso dagli ultimi, e che abbiamo ancora più motivi per onorarlo. Possiamo provare gratitudine e una ritrovata gioia nella comunanza, nel poter finalmente ritornare a celebrare pienamente la festa in presenza, insieme, dopo due anni profondamente segnati dalla pandemia. Una pandemia che ha illuminato le contraddizioni e le disuguaglianze del sistema in cui viviamo. È proprio per questo motivo che dobbiamo rifuggire dall’apatia e dalla solitudine a cui talvolta porta la difficoltà e ricordarci di essere partigiani, nel senso di prendere parte, di essere solidali e di aprirci verso la nostra comunità.

Sappiamo che in questi anni purtroppo il mondo non è mai stato completamente in Pace. Per questo, ogni giorno dobbiamo proteggere la pace, consapevoli delle decine di conflitti e guerre che devastano il mondo. Ma sappiamo che è un 25 Aprile in cui la guerra è arrivata alle porte dell’Europa e questo ci tocca nel profondo perché fu proprio la conquista della libertà e della Pace il preludio per la nascita della nostra stessa Repubblica, della nostra Costituzione antifascista, l’antefatto necessario perché nascesse, qualche anno dopo, la Comunità Europea prima e l’Europa poi.

Quell'Europa che ha sempre voluto rappresentare la sua "unità nella diversità" nella promozione della pace, dei suoi valori e del benessere dei suoi cittadini e delle sue cittadine.

Perché fino ad oggi l'Europa è stata il fulcro e la culla della cooperazione tra i popoli, della libertà di essere e di esistere, ma soprattutto della ricerca spasmodica della Pace.

Quella pace che oggi non riusciamo a trovare, in tante parti del mondo, ma anche qui, nel nostro continente, nella vicina Ucraina.

Dobbiamo riflettere e lavorare, in maniera comune, assieme a quella cooperazione europea che permetta di raggiungere la Pace in quel conflitto, il prima possibile.

Per questo condanniamo l’inaccettabile invasione dell’Ucraina da parte della Russia e ribadiamo che il ricorso alla guerra rivela l’incapacità di leggere la lezione della storia.

Pensiamo, pensiamo sopra ogni cosa, perché ci troviamo in un tornante della Storia, fra il buio e la luce. Spesso tra opinioni eccessivamente polarizzate che non ci consentono l’analisi e la lettura corretta di un momento che non è semplice e per questo non va semplificato. Siamo in un momento storico di passaggio, un momento in cui la Memoria della Seconda Guerra Mondiale, intesa come esperienza, lingua viva, storia viva raccontata dalla viva voce di chi ha vissuto l’occupazione nazifascista cede il passo alla Storia, da intendersi come la documentazione passato attraverso le fonti documentali. Iniziano a scomparire le testimonianze dirette e allora noi dobbiamo diventare custodi di Memoria.

Le nuove generazioni post-Resistenza devono assumere i valori partigiani con coerenza ma naturalmente con una storia che non è più quella diretta dei partigiani e delle partigiane di allora. La responsabilità è dunque enorme perché si tratta di amministrare una grandissima eredità morale, civile, costituzionale, umana guadagnata da altri a carissimo prezzo. Ma è vitale per la vita del nostro Paese e dell’Unione Europea che questa eredità continui, venga vissuta, diventi la forza vitale di società che devono sognare un mondo diverso, un mondo nuovo.

Quello di cui abbiamo assolutamente bisogno tutte e tutti.

Per questo penso che ci sia, che debba esserci un futuro per un’associazione come l'ANPI che "non è la custode di un’antica reliquia, ma un soggetto che fa tesoro della memoria per intervenire nel presente e per disegnare il futuro".

Qualche giorno fa ci ha lasciati Cornelia Paselli, testimone degli eccidi di Monte Sole. So che oggi a Monte Sole porteranno avanti il suo insegnamento: Vivere, nonostante tutto.

Perché questa terra lo sa bene: agli avvenimenti più bui della storia è seguita la luce.

Come dopo la seconda guerra mondiale, come dopo il 2 Agosto - ne parlerà il Sindaco - quando ci si stringe insieme come comunità si trova la forza di rialzarsi più forti di prima.

Oggi riempiamo il pensiero e le parole e le azioni di un rinnovato antifascismo. Stringiamoci insieme e lottiamo per il valore più profondo della nostra comunità, che scorre nel sangue di chi è nato o come di chi ha scelto di vivere a Bologna: solidarietà.

Oggi Liberazione è questo, lottare contro tutte le forme di prevaricazione, che siano razzismo, omotransfobia, violenza di genere, abilismo, sfruttamento, oppressione, guerra.

Costruiamo insieme un futuro di Pace. Siamone ambasciatori e ambasciatrici, in ogni luogo, in ogni azione, in ogni pensiero.

Buona Liberazione, ieri, oggi, domani. Sempre.

Intervento di Raffaele Donini,in rappresentanza della Giunta della Regione Emilia-Romagna


Innanzitutto, un saluto a tutti i presenti,

Ai rappresentanti delle Istituzioni, Sindaco di Bologna Matteo Lepore; alle Autorità civili e militari, all’Anpi e alla sua Presidente Provinciale Anna Cocchi ovviamente. Associazione Nazionale Partigiani Italiani, a cui tutta la mia famiglia è orgogliosamente associata da sempre e alla quale anche io vorrei esprimere il più affettuoso sentimento di solidarietà e vicinanza per i vili attacchi subiti in questi giorni; alle altre associazioni presenti; alle rappresentanze dei Partiti che oggi più che mai ritengono giusto e opportuno ritrovarsi qui, in questa piazza. A tutti voi, cittadini, riuniti qui oggi non solo per celebrare il 77’ anniversario della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista, ma per interpretare e rappresentare, il grande desiderio di Pace di tutta la nostra comunità cittadina.

Questo luogo, in cui celebriamo dopo 77 anni il sacrificio di chi – lottando fino a dare la propria vita – ci permette da quasi 80 anni di vivere pienamente la nostra libertà individuale e collettiva, ha proprio in questa piazza due luoghi-simbolo che ben rappresentano la difficoltà di una conquista così importante per i destini personali e del Paese intero.

Uno è il balcone del Comune di Bologna, da cui, 77 anni fa, il sindaco Giuseppe Dozza, il Presidente regionale del CLN Antonio Zoccoli e il prefetto Gianguido Borghese si affacciarono per il saluto a tutti i cittadini, un saluto che era una festa per la libertà ritrovata, per la fine della Guerra, per la vittoria partigiana e patriottica antifascista.

Quasi fosse la cancellazione, anche simbolica, del delirio che si consumò cinque anni prima da un altro balcone a Roma a Piazza Venezia, nel quale dalle parole di un dittatore che mai nessuno dovrebbe osare nemmeno tentare di riabilitare, Benito Mussolini, era cominciata la disastrosa guerra degli Italiani, per la cieca e cinica ambizione imperialista del regime fascista, per l’inettitudine di una monarchia vile e sterile, entrambi goffi, deboli e impacciati servitori della Germania nazista di Hitler.

Pochi passi più in là, il sacrario dei partigiani, luogo-simbolo del sacrificio, quello che i fascisti chiamavano barbaramente “posto di ristoro dei partigiani”, il posto in cui molti dei resistenti furono fucilati e dove ora, da quei volti, è testimoniato l’amore per la Libertà, per la Democrazia, per la Pace.

Fra quei volti c’è mio nonno, che né io né mia madre abbiamo mai potuto conoscere, poiché mori a soli 25 anni pochi mesi dopo la fine della Guerra a seguito delle ferite di uno degli ultimi conflitti a fuoco nelle colline samoggine fra Bologna e Modena.

Mi sono state riportate più volte le sue ultime parole. “Muoio da uomo libero in un Paese libero, per la vostra Libertà”. Aveva 25 anni.

Dopo 77 anni sappiamo bene, oggi più che mai, che la libertà è una continua conquista, che va rinnovata ogni giorno, guai a pensare che si affermi indipendentemente dal presidio democratico che ognuno di noi è chiamato ad esercitare in difesa delle Istituzioni democratiche rappresentative della volontà popolare, del principio della separazione dei poteri dello Stato, della libera espressione del proprio pensiero e del pensiero altrui.

Oggi la guerra in Ucraina, nel cuore dell’Europa, che giustamente ci indigna per la grande crisi umanitaria in corso, per le distruzioni di intere comunità, per i genocidi perpetrati, ci deve interrogare sul senso e sulla tenuta dei nostri valori democratici, contenuti nella Costituzione della Repubblica Italiana.

Nella prima parte dell’art 11 della Costituzione Italiana si sancisce un principio non equivocabile: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”

Ripudia non significa che non contempli direttamente o indirettamente l’adesione a un conflitto bellico. Ripudia significa molto di più. Ossia che la guerra debba essere considerata come il male assoluto e non considerata, ma appunto respinta, ripudiata, quale mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e sostituita con azioni diplomatiche concertate nelle sedi europee e mondiali.

Oggi dobbiamo stare uniti nella condanna alla guerra, nella condanna senza alcuna esitazione dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nella condanna a tutte le guerre e a tutti i genocidi che ci sono nel mondo. Coltivare anche in questa drammatica situazione ogni possibile traiettoria diplomatica.

Offrire come stiamo facendo soprattutto in Emilia - Romagna, accoglienza e aiuti umanitari alle migliaia di profughi, soprattutto donne e bambini, che sono giunti nel nostro territorio.

Su questo punto, che esprime più di ogni altra cosa il nostro senso di umanità e generosità, consentitemi tre ringraziamenti: innanzitutto ai Comuni e alla Protezione Civile che, come ogni volta, sono in prima linea per coordinare aiuti umanitari e politiche di accoglienza e integrazione.

Insieme a loro, la Regione sta producendo un grande sforzo organizzativo e umanitario.

Ovviamente un ringraziamento alle famiglie che si stanno facendo carico di accogliere la gran parte dei profughi ucraini nelle loro case.

Sono stato testimone di alcune di quelle forme di accoglienza e ho capito che il legame che si instaura fra chi scappa dalla morte e dalla distruzione della propria città e chi apre la porte della sua abitazione per accogliere quelle persone, sarà un legame che durerà per sempre, un seme di pace e solidarietà, che darà frutto anche a vantaggio delle future generazioni.

Infine, vista la responsabilità che ricopro nell’amministrazione regionale per la Sanità, consentitemi di rivolgere un ringraziamento particolare a tutti i nostri operatori sanitari, che dopo due anni e mezzo di pandemia, piegati ma non spezzati dalle fatiche di quell’impatto devastante, sono rimasti a disposizione per accogliere e curare decine di bambini malati gravi, i cui ospedali in Ucraina sono stati bombardati e ora sono nelle migliori condizioni di essere ricoverati nei nostri ospedali come i bambini italiani.

Io ho incontrato quei bambini, le loro mamme. Ho visto nei loro occhi l’orrore della guerra, la preoccupazione per i loro uomini ancora impegnati in battaglia, la fiducia in uno dei sistemi sanitari migliori al mondo che ora si prende cura dei loro piccoli.

La nostra umanità sarà sempre la migliore risposta alla guerra.

Infine, la memoria.

77 anni sono almeno tre generazioni che sono trascorse. Ciò che ci è rimasto dentro, per l’affermazione dei valori della Pace, della Libertà, della Democrazia, deve essere trasmesso ai più giovani.

La Scuola deve sempre più avere al centro della propria programmazione gli eventi che sconvolsero il Novecento e che diedero vita a due guerre mondiali, alle leggi razziali, all’olocausto, alla lotta partigiana e alla nostra Costituzione.

Proprio quest’anno, in cui ricorrono i 100 anni dalla marcia su Roma che portò poi alla dittatura fascista, occorre studiare il contesto economico e sociale di quel periodo per comprendere come non sia garantita a prescindere la democrazia e quali siano i veri presupposti per i quali si formino i regimi autoritari che oggi governano più della metà delle donne e degli uomini del nostro pianeta.

Per dare un senso ai mutamenti del nostro tempo. Per dare un senso alle parole del nostro vocabolario quotidiano, per dare un senso alla libera espressione del nostro pensiero.

Poiché anche qui, per esperienze personali vissute direttamente, e soprattutto da qui, da questo palco, vorrei richiamare il disgusto e l’amarezza che abbiamo vissuto per due anni, quando, nel baratro dell’ignoranza, nel corso delle fasi più drammatiche della pandemia, si accostavano le dolorose restrizioni alla vita sociale dei cittadini per tutelare la salute pubblica, oppure la campagna vaccinale che ha salvato la vita di centinaia di migliaia di persone più fragili, alle dittature fasciste e naziste, ai campi di concentramento. Frasi deliranti come l’epiteto di “dittatura sanitaria”.

Vergogna. L’ignoranza è il terreno ideale per coltivare la menzogna.

Lo chiedano a chi è sotto ai bombardamenti, o a chi è torturato perché dissidente con i vari regimi dittatoriali, se sentissero il medesimo soffio della morte sul collo sulla base di politiche incentivanti una vaccinazione salvavita. Si informino da chi le vere dittature le sperimenta quotidianamente, nelle quali la vita dei più fragili non vale nulla.

Nella giornata in cui celebriamo la Liberazione e ribadiamo l’assoluto valore della Pace, la nostra condanna a tutte le guerre, la Memoria è indispensabile per continuare a distinguere che nella tragedia della Seconda guerra mondiale ci fu chi scelse di stare dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata.

La Resistenza fu la scelta giusta. L’antifascismo fu la scelta giusta.

È la parte giusta, quella di chi scelse di stare dalla parte della difesa del valore della libertà, contro ogni forma di fascismo, di nazismo, di dittatura, di violenza, di razzismo.

Ecco perché, come Regione Emilia-Romagna, ci siamo dati uno strumento concreto, che è la legge regionale per la Memoria del Novecento.

La Regione con questa legge promuove e sostiene progetti che abbiano lo scoop di mantenere viva, rinnovare, approfondire e divulgare la memoria degli sconvolgimenti più cruenti e significativi del novecento per le generazioni attuali e future. 

Ma la Memoria si preserva solo se non si appoggia esclusivamente sulle spalle delle Istituzioni, ma se vive nel cuore grande di una famiglia, di una comunità, di un popolo.

Oggi, tra pochi minuti, la giornata delle celebrazioni per il 77° Anniversario della Liberazione prosegue con l’evento “La resistenza spiegata ai bambini” all’Istituto storico Parri, per i bambini dai 6 ai 10 anni.

Anche questo è fare memoria, questo è costruire Pace, questo è il cuore grande di Bologna e dell’Emilia-Romagna.

Viva la Resistenza e la Libertà

Viva la Pace

Viva la Democrazia.

Intervento dellapresidente Anpi di Bologna Anna Cocchi

Buongiorno e grazie di cuore per essere intervenuti così numerosi.

È sempre un’emozione e una responsabilità parlare davanti al Sacrario dei Caduti. Ma, accanto alle foto dei partigiani e delle partigiane, c’è anche la lapide dedicata alle 85 vittime della strage del 2 agosto 1980, a ricordarci che il fascismo non ha smesso nel 1945 di mietere vittime e seminare terrore. Per questo desidero aprire il mio intervento di oggi ringraziando con tutto il cuore gli avvocati di parte civile e l’Associazione dei Famigliari delle vittime che in tutti questi anni non si sono mai arresi, hanno sempre chiesto giustizia e preteso di conoscere la verità. La sentenza delle scorse settimane è un risultato importante, di cui tutta la città va fiera e dimostra in maniera inequivocabile la potenza di un disegno eversivo e di terrore, confermando la matrice fascista della strage. Ho sentito spesso Paolo Bolognesi ringraziare la città di Bologna per la vicinanza e il sostegno che ha sempre dato al loro lavoro. Voglio dirgli che è stato abbastanza facile per noi essere vicino a lui e a tutti i famigliari nella loro indefessa ricerca di giustizia, perché l’associazione è sempre riuscita a tracciare la rotta da seguire, ha sempre tenuto la barra ben salda nella direzione giusta. Grazie quindi a lui e a Torquato Secci primo presidente dell’Associazione. Sappiano i famigliari delle vittime che Bologna sarà sempre a fianco dell’Associazione e che potranno sempre contare sul senso civico di una città Medaglia d’oro alla Resistenza e Medaglia d’oro al valor civile, conferitale proprio a seguito dello straordinario impegno profuso in occasione della strage. E ancora grazie Paolo per esserti battuto, quando sei stato parlamentare, per ottenere l’istituzione del reato di depistaggio: è anche grazie a te che sono stati condannati gli assassini di Stefano Cucchi e chi ha tentato di proteggerli con un’ignobile azione di depistaggio, appunto.

Ci ritroviamo, finalmente in tanti e tante, a festeggiare l’Anniversario della Liberazione, ricordando con affetto ed eterna riconoscenza i nostri cari partigiani e le nostre care partigiane che scelsero di battersi contro il nazifascismo. Ricordiamo gli antifascisti della prima ora, che pagarono con il carcere, l’esilio, il confino e la vita la loro scelta di campo e i tanti che si convinsero a scegliere da che parte stare solo dopo l’8 settembre, di fronte all’evidenza di un Paese martoriato, segnato da fame, lutti e distruzione. Onoriamo le migliori menti del tempo come Antonio Gramsci, Piero Gobetti, don Minzoni, Giovanni Amendola … mi fermo ma sappiamo bene che l’elenco potrebbe continuare ancora molto a lungo … menti che furono esempio e guida per tanti giovani e ragazze che misero la loro vita, i loro corpi, le loro idee tra la storia tremenda che stavano vivendo e il futuro che stavano progettando.

Il pensiero grato va alle tante donne che nella Resistenza sperimentarono per la prima volta la possibilità di decidere autonomamente senza la potestà di padri e mariti, mettendo per la prima volta a dimora i semi di quella parità che impiegherà tanto tempo e fatica a germogliare.

In ogni antifascista e in ogni partigiano c’era la consapevolezza che stavano lottando per la pace e che il loro era un impegno per un futuro migliore, per un mondo diverso e più giusto, caratterizzato da solidarietà, fratellanza, libertà e giustizia. Erano consapevoli che antifascismo è sinonimo di democrazia, che battersi contro il fascismo significa battersi per la giustizia e per la libertà. Hanno combattuto, sono stati imprigionati, torturati e uccisi ma, hanno progettato e messo i loro ideali nella concreta sostanza della nostra bellissima Costituzione. Nei lunghi mesi passati alla fame e al freddo, nel pericolo, lontani dagli affetti più cari, si è formata una classe politica che discuteva, elaborava pensieri e progettava un mondo nuovo, una società più giusta, arrivando ad esprimere con il partigiano Sandro Pertini, anche un Presidente della Repubblica. La nostra è una Costituzione nata dal sangue e dalla sofferenza, non dal tecnicismo di accademici o da lavori di segreteria.

Per questo la Resistenza è un patrimonio comune e non più di una parte politica, un patrimonio nel quale tutte le persone democratiche si possono riconoscere. Perché è da lì che è nata la nostra Costituzione.

Permettetemi di rileggere l’articolo 3

Tutti i cittadini hanno parti dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti alla vita economica e sociale del Paese.

I nostri padri e le nostre madri costituenti erano mossi da ideali alti e purissimi, ma non erano certo degli ingenui. Erano del tutto consapevoli che i cittadini non sono uguali e per questo hanno impegnato la Repubblica a rimuovere gli ostacoli.

Il fatto è che, con molta probabilità, non era certo questo il mondo che i nostri partigiani avevano immaginato. Perché, nel tempo, soprattutto negli ultimi anni, le diseguaglianze si sono inasprite e il mondo è diventato sempre più ingiusto. La pandemia ha reso i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri. Citando la pandemia non posso non fare riferimento all’ignobile buffonata dei no vax mascherati con la casacca a righe degli ebrei prigionieri nei lager nazisti. Con un solo gesto queste persone sono riuscite ad offendere la tragica memoria della Shoah mandando contemporaneamente un messaggio chiarissimo: se uso quel simbolo per delle buffonate quel simbolo perde subito di significato.

Dicevo di un mondo più ingiusto. Ma, come ci ha ricordato il nostro presidente Sergio Mattarella, le disuguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita ma sono il freno per ogni prospettiva reale di crescita. Ci si salva tutti assieme, si esce dalle crisi tutti assieme e nessuno deve restare indietro.

Invece, per la prima volta dal dopoguerra, l’attuale generazione sa che sarà più povera di quella precedente: non era mai accaduto prima. Quelli che per i loro genitori erano diritti e speranze, per i giovani sono solo sogni: un lavoro sicuro che permetta di fare progetti, la possibilità di avere dei figli, una casa. Per i giovani e le ragazze la parola pensione ha un unico significato: quello di un piccolo albergo a conduzione famigliare in riviera.

La crisi climatica ed ecologica sta rendendo aridi i campi e sterili i mari in ogni parte del mondo, compresa la nostra. L’ascensore sociale, messo in moto dalla scuola, si è bloccato da tempo: si laureano solo i figli di laureati e accedono alle professioni solo i figli di professionisti. La didattica a distanza ci ha fatto perdere per strada molti minori poveri. Il soffitto di cristallo che inchioda ancora moltissime donne è sempre lì, così come le differenze di salario e di riconoscimento sociale. E in quanto al “senza distinzione di razza” vorrei ricordare che il 3 aprile più di 90 persone sono morte in un naufragio mentre cercavano di attraversare il Mediterraneo fuggendo dalla Libia. Sono più di 6 mila le persone arrivate in Italia via mare nel 2022, ma sono scomparse dalle prime e dalle seconde pagine dei giornali. E oggi il trattamento discriminatorio nei loro confronti è ancora più evidente: il 31 marzo il governo ha approvato il decreto Ucraina che permetterà ai profughi già arrivati in Italia di ottenere una protezione temporanea. Una possibilità riservata solo a chi ha la nazionalità ucraina escludendo, tra l’altro, gli stranieri che vivevano in quel Paese per motivi di lavoro o di studio, anche loro in fuga dalla guerra.

Se allarghiamo ancora un po’ lo sguardo, vediamo con timore che sono tante le formazioni politiche che si richiamano a ideali nefasti, a partire dal razzismo e dal nazionalismo che, per una sorta di ultimo pudore, hanno cominciato a chiamare sovranismo. Ricordiamocelo bene tutti: il nazionalismo è un elemento essenziale dei fascismi storici. Non solo: il nazionalismo è la guerra. Lo abbiamo visto in Bosnia, lo stiamo vedendo tutt’ora nella martoriata Ucraina. L’invasione russa dell’Ucraina, oltre ad essere un crimine gravissimo e una scelta scellerata, rappresenta un retrocedere della storia ed ha fatto saltare l’ordine e la sicurezza europea del secondo dopoguerra. Quando questa carneficina di vittime innocenti prima o poi finirà, il mondo non sarà più lo stesso perché in questa orribile guerra è in gioco l’identità stessa dell’Europa. Ma il nemico dell’Europa non è solo a Mosca ma è in tutti i progetti di estrema destra che minano le fondamenta della coesistenza, riproponendo aggressivi egoismi nazionali.

È stato sottolineato da più parti che la guerra ho origini lontane. Questo forse può aiutare a comprendere ma il male deve essere fermato e deve essere fermato perché ora al potere c’è la disumanità. Dobbiamo essere convinti che il male va fermato per tutto i disastri, i lutti, le violenze che sta provocando. Si tratta di un’invasione spietata ad uno stato sovrano che ha prodotto, fino ad ora, 11 milioni tra profughi e sfollati interni. Una guerra condotta a spese e sul corpo vivo del popolo ucraino. Ed è l’intero popolo ucraino che sta resistendo.

Sono orgogliosa dell’accoglienza che stiamo riservando alla popolazione ucraina che scappa dall’orrore. Chiunque abbia responsabilità educative sa bene che si educa con l’esempio e il nostro Paese, con questo gesto, sta insegnando ai bambini la solidarietà.

Quanto ci manchi caro Gino, tu che le vittime innocenti dei conflitti le hai conosciute bene, curandole e guardandole negli occhi. Tu che non hai mai usato giri di parole per definire mentecatti chi nel nostro secolo pensa di risolvere i conflitti con la guerra. Quanto ci manca il tuo pensiero limpido caro David, non era certo questa l’Europa a cui pensavi quando prendevi a picconate il muro di Berlino e quando ci hai resi così orgogliosi presiedendo il parlamento europeo.

L’inasprimento delle disuguaglianze, la guerra, con tutto il corredo di morti, distruzione, miseria, stupri e il risveglio di fantasmi mortiferi, ci devono indurre a pensare che i nostri partigiani erano degli illusi? Che credere che sia possibile un mondo migliore e più giusto, sia un’illusione?

Ci ostiniamo a credere che no, non erano degli illusi.

Per questo occorre prendere in mano il testimone che ci è stato lasciato con forza e determinazione e assumerci tutta la responsabilità dell’eredità che ci è stata consegnata perché ha ancora senso essere antifascisti oggi, a 77 anni di distanza dalla Liberazione. Perché è vero che il fascismo storico non c’è più ma, il fascismo eterno di cui ci ha parlato Umberto Eco, è sempre in agguato.

Non solo. È importante essere antifascisti oggi per arrivare alla piena applicazione della Costituzione, dato che ancora non è stata attuata in diversi aspetti essenziali. Chi accusa la Costituzione di aver perso di attualità, lo fa solo per nascondere la responsabilità politica della mancata attuazione. Occorre battersi per la piena applicazione della Costituzione partendo dai capisaldi: i diritti, la solidarietà, la dignità. Dignità: un’altra parola cardine dell’articolo 3

Dignità significa azzerare le morti sul lavoro. La sicurezza sul lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore della vita stessa e, aggiungo, mai più tragedie che coinvolgano gli studenti nei percorsi scuola-lavoro.

Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo. La nostra Costituzione è antifascista e chi è antifascista è necessariamente antirazzista.

Dignità è impedire la violenza sulle donne e non costringerle a dover scegliere tra lavoro e maternità. Dignità è diritto allo studio e lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale, emerso con così tanta evidenza con la didattica a distanza.

Dignità è contrastare la povertà. Nel nostro tempo si è poveri anche se si lavora, quando il lavoro è precario, occasionale, sommerso.

Dignità è un Paese dove le carceri non sono sovraffollate e dove sia assicurata la possibilità di reinserimento sociale dei detenuti. Dignità significa un Paese libero dalle mafie, attento ai bisogni dei disabili.

La dignità è la pietra angolare della nostra passione civile e del nostro impegno.


Per arrivare alla piena applicazione della Costituzione – l’unica vera rivoluzione come non manca di ricordarci il caro amico Carlo Smuraglia - è necessario che il testimone passi di mano ai giovani e alle ragazze, non certo per delegare ad altri delle responsabilità ma perché basta ascoltarli per scoprirli propositivi, capaci di trasmettere idee e pensieri. Hanno voglia di impegnarsi, di assumersi delle responsabilità. E sono gli interlocutori ideali per arrivare alla piena applicazione della Costituzione proprio perché vivono sulla loro pelle tutti i giorni il malessere dovuto all’erosione dei diritti in atto da troppo tempo ormai. C’è una forza che bolle sotto i loro piedi e dobbiamo essere capaci di dare loro lo spazio e gli strumenti per incanalarla. C’è un disperato bisogno di tornare a parlare di diritti a cominciare dal diritto al lavoro e di diritti nel lavoro. Ricordo che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro ma, ancora una volta, un lavoro giusto non certo sullo sfruttamento e sul ricatto.

Ho sottolineato diverse parole nel corso dell’intervento. Voglio soffermarmi ancora su due. La parola solidarietà, imprescindibile per la realizzazione di un mondo più giusto perché senza solidarietà, come ci ha ricordato il nostro presidente Sergio Mattarella, non esiste una vera comunità in cui vivere e convivere.

E l’altra parola è umanità e mi è utile per ricordare la mia cara amica Carla Nespolo che ha avvicinato tanti giovani all’Anpi proponendo loro l’umanità al potere.

Si è parlato molto di Anpi negli ultimi giorni. Dico solo una cosa: l’Anpi è la casa di tutti gli antifascisti perché l’Anpi è dalla parte della Costituzione.

Viva la Resistenza e buon 25 Aprile!

 

Daniele De PazPresidente Comunità Ebraica di Bologna

Sindaco Lepore, Vice sindaca Clancy, Assessore Donini, Presidente Cocchi, Autorità civili e religiose, Città di Bologna;
Buona festa della Liberazione!
Festa che oggi celebriamo tra molte tensioni e sbandate ideologiche, è una delle date più importanti del nostro calendario civile. Non un appuntamento generico per l’affermazione di sentimenti e valori astratti, ma il giorno in cui l’Italia festeggia la liberazione dal nazifascismo grazie all’impegno congiunto di partigiani e forze alleate.
Il 25 Aprile celebriamo gli eroi della rinascita e ripartenza dopo vent’anni di spietata dittatura. Tra cui non pochi ebrei che scelsero la lotta partigiana nonostante la persecuzione, lo sterminio e lo stigma di “nemici della Patria” affibbiato loro dal fascismo. Tra quanti si spesero per questo traguardo ci furono anche i volontari della Brigata Ebraica, accorsi in migliaia dall’allora Palestina mandataria con una propria bandiera e il cui contributo è stato riconosciuto dalle più alte sedi istituzionali attraverso il conferimento della medaglia d’oro al merito militare. Una volta finita la guerra, si distinsero inoltre nella ricostruzione e nella rivitalizzazione di comunità ebraiche devastate dalla Shoah.
Il 25 Aprile non festeggiamo soltanto un lieto evento, ma siamo anche chiamati a dare forma alla nostra identità moderna di cittadini assumendoci una responsabilità. Ricordando ad esempio che, per proteggere libertà e valori di vita e convivenza, fu necessario partecipare a una difesa armata. Un fronte contrapposto a quello di chi decise fino all’ultimo di propugnare discriminazioni e portare morte e violenza nel mondo intero. Siamo lontani dall’acquisire pienamente questa consapevolezza: è necessario infatti ancora un lavoro serrato di educazione e cultura che non avviene un giorno l’anno nella spensieratezza dell’evento, ma deve essere fatto con un preciso percorso di studi, specialmente nelle scuole, proprio come accade a Bologna. C’è da fare i conti con il clima di odio delle nostre società e con il linguaggio dell’odio che induce tante imprevedibili pratiche di esso.
In tal senso la celebrazione è un aspetto formale. Mentre la memoria delle battaglie, ossia il significato della libertà, va compreso ogni giorno e mai dato per scontato. Per questo accostamenti o strumentalizzazioni di ogni sorta vanno rigorosamente evitati, mentre i valori difesi allora e nuovamente minacciati oggi vanno ribaditi con fermezza e coerenza.
Coerenza che pretendiamo anche in merito alla linea da tenere sull’aggressione russa ai danni dell’Ucraina. I massacri che si stanno compiendo in ogni sede e l’ordine supremo di devastare ogni principio di sovranità nazionale e libertà politica riconosciute da anni a livello internazionale, non possono essere vissuti in modo distaccato o con equidistanza da nessuno di noi, né limitarsi a una tutela dei danni macroeconomici. Si tratta ancora una volta di scegliere la difesa della vita e delle libertà democratiche faticosamente consolidate dopo la seconda guerra mondiale. Una difesa

serrata, nel nome dell’unità europea e della solidarietà nell’accoglienza, che non può essere fatta solo di parole, concetti astratti, diplomazia e comunicazione.
Il 25 Aprile è la festa identitaria dell’Italia. È un appuntamento con la Storia, con la Patria, con la nostra bandiera.
Il 25 aprile è la condanna a ogni forma di antisemitismo, discriminazione, pregiudizio e odio.
Il 25 aprile è verità.
Il 25 Aprile è 25 Aprile! Ed è doveroso far comprendere ai nostri figli che quello è stato un giorno sognato per anni e che all’indomani del 25 si è ricominciato a sognare.
A tutti coloro che si spesero per questo sogno, che ne sono narratori e testimoni, va oggi il nostro commosso ringraziamento.
Viva l’Italia!

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:53
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