Question Time, chiarimenti sulle diseguaglianze di reddito a Bologna
L'assessore al Welfare Giuliano Barigazzi ha risposto alla domanda d'attualità della consigliera Simona Lembi (Partito Democratico) sulle diseguaglianze di reddito a Bologna. Domanda d'attualità della consigliera Lembi"Invita cortesemen...
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L'assessore al Welfare Giuliano Barigazzi ha risposto alla domanda d'attualità della consigliera Simona Lembi (Partito Democratico) sulle diseguaglianze di reddito a Bologna.
Domanda d'attualità della consigliera Lembi
"Invita cortesemente il Sindaco e la Giunta ad esprimere una valutazione politico amministrativa circa i dati, pubblicati dall’area Programmazione e Statistica del Comune di Bologna e presentati in 3^ Commissione consiliare, sui redditi dei Bolognesi per l’anno 2015.
Viste la tendenza e la conferma in atto:
donne sole, il soggetto più povero a Bologna;
aumenta la forbice tra i più ricchi ed i più poveri;
la fascia dei trentenni si è molto impoverita rispetto ai coetanei di 15 anni fa;
chiede, in particolare, alla Giunta come voglia tenere conto delle evidenze manifestate da questi dati, nella programmazione delle politiche pubbliche".
Risposta dell'assessore Barigazzi
"Il lavoro che ho impostato nei miei uffici, in accordo con gli altri colleghi di Giunta perché sempre più stiamo costruendo un rapporto integrato sul welfare come un luogo che non è più solo della delega alle Politiche sociali, ma del lavoro della Casa e della Scuola per poi passare anche alla Cultura e all'Urbanistica.
Cosa vuol dire integrare le politiche? Integrare le politiche sui dati che lei citava perché io credo che, dalla lettura di quei dati, emerga l'ambito verso cui noi dovremmo cominciare ad orientare un nuovo tipo di welfare. Mi spiego meglio, poi potremmo anche approfondire in commissione, io credo che noi dobbiamo iniziare ad aggredire il fenomeno della povertà, fatto salvo che c'è una ripresa e c'è una regione che ha tenuto e a questo proposito non sto a ridire le cose positive, c'è però un fenomeno della povertà che non si situa più solo nella povertà assoluta, dove i dati sono rilevanti ma qui in Emilia-Romagna sono molto meno rilevanti che in altre parti d'Italia, ed è la povertà assoluta che ci rimanda l'Istat.
Il grande tema oggi è quello della povertà relativa, è di un ambito di impoverimento del ceto medio che spiega molte delle lezioni sociali che oggi abbiamo nelle nostre città e nel nostro Paese, perché c'è una fascia di persone che prima stava bene e che oggi, pur lavorando addirittura, o nei casi in cui uno dei due lavora, o se c'è una donna sola o se c'è una separazione o se quella famiglia con un reddito medio-basso che però è sopra l'Isee deve affrontare il problema dell'ortodonzia per i propri bambini, gli occhiali, mandarlo a far sport o altre cose simili, non riesce più ad essere il ceto medio costruito negli anni '70-'80, ma quella parte della società comincia ad impoverirsi.
Io credo che noi dobbiamo spostare, pur mantenendo le politiche di welfare tradizionali che abbiamo fatto e che oggi spesso stanno sulla povertà assoluta, o su una fascia di isee sopra la povertà assoluta ma che sostanzialmente è la fotografia dell'Istat che, ricordo, fotografa la povertà assoluta così com'è. Abbiamo poi il tema di una serie di politiche per il lavoro, sociali, politiche della casa e politiche abitative, perché quella povertà di cui parlo io è una povertà educativa spesso, dei minori, della donna singola, dell'uomo singolo che si separa, è una povertà ovviamente della famiglia nel suo insieme là dove uno dei due redditi venga a mancare, ma anche se i due redditi rimangono perché sono da reddito dipendente, quella famiglia può andare in crisi perché non riesce più ad affrontare delle spese, basta vedere alle cessioni del quinto che sono in essere. Quando abbiamo lanciato l'idea del patto, della cabina di regia con le altre istituzioni bolognese, fondazioni, Curia, Confindustria, terzo settore, la cooperazione, etc, l'idea della giunta e mia è proprio di cominciare ad integrare quelle politiche e a guardare a quel ceto che non è più povero in maniera assoluta ma non è più in grado di far fronte a tutto quello che significa vivere una vita dignitosa e di relazione sociale piena perché quello è il nuovo appuntamento che abbiamo con un welfare diverso, è lì la rivoluzione che possiamo fare nei nostri servizi, nel chiedere agli altri di fare la propria parte, e convergere su quell'obiettivo anche con altre istituzioni e nel produrre un'integrazione delle politiche perché non basteranno solo i servizi sociali lì, anzi, dico di più, servono sopratutto servizi che siano quelli del lavoro, quelli della casa, quelli educativi assieme alle tradizionali politiche di carattere sociale. Questa è una piccola rivoluzione che noi possiamo fare, naturalmente che deve incrociare anche temi regionali e nazionali che però possiamo fare nel nostro comune proprio partendo dai dati che dava lei. Per la prima volta il Comune di Bologna riesce ad incrociare tutti i dati da questo punto di vista: quelli dei redditi, quelli della fragilità sia quelli di una fascia che in quel ceto ci sono, gli under-65, ma anche quelli di tutti quelli che arrivano fino alle persone che hanno 30 anni e magari un lavoro precario, che si trovano esattamente in quella fascia, donne e uomini, dove per esempio non riescono ad avere un futuro perché non riescono ad accedere ad un mutuo perché sono dentro questo sgretolamento del ceto medio che secondo me è oggi il vero oggetto delle politiche sociali di cui ci dovremmo occupare".