Consiglio comunale, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni
Di seguito l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione civica). " 'Saperi pubblici' porterà in piazza Verdi, oggi e domani, docenti e studenti dell’Università di Bologna e non solo, con l’ide...
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Di seguito l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione civica).
" 'Saperi pubblici' porterà in piazza Verdi, oggi e domani, docenti e studenti dell’Università di Bologna e non solo, con l’idea di contrapporre una piazza reale di pensieri lunghi al chiacchiericcio digitale e alla miseria di molte piazze virtuali dove viene giocata, oggi, tra false notizie e pregiudizi agiti come una bandiera contundente attorno a cui raccogliere consenso, una partita pericolosa che coinvolge il futuro della democrazia, la sua natura, la sua qualità e – per ciò stesso – la sua tenuta. L’iniziativa, nata dalla lettera aperta di due studentesse che chiedevano ai docenti di prendere parola “contro la dilagante istigazione al razzismo, la retorica della patria, il disprezzo della diversità, l’attacco ai diritti e la qualificazione della scienze e della competenza”, vedrà la presenza, a partire di attori, scrittori, artisti e intellettuali di altissimo livello: da Moni Ovadia ad Alessandro Bergonzoni, passando per Ezio Bosso, e Stefano Benni; da Sandro Mezzadra a Massimo Cacciari, passando per Vincenzo Balzani, Giorgio Basevi, Caterina Mauri e tante e tanti altri ancora.
Stasera sarà un attore del calibro di Toni Servillo ad aprire le danze, con le parole di Pietro Calamandrei sull’art. 34. Badate, le parole che ascolteremo questa sera sono di quello stesso Pietro Calamandrei che nell’arringa di parte civile pronunciata nel 1945 al processo agli assassini dei fratelli Rosselli, identifica il nucleo originario dell’antifascismo e della Resistenza nel circolo che Carlo e Nello avevano voluto chiamare proprio «di Cultura»: «E allora ai Rosselli, mentre quelli bastonavano e assassinavano impunemente e la gran massa inerte li lasciava fare, si presentò in termini angosciosi il problema morale dell’Italia. Perché accadeva questo generale sfaldamento di tutta una struttura nazionale? Perché questo crollo? Perché questa indifferenza? Prima di agire bisognava poter rispondere a queste domande tormentose: bisognava capire».
Nel pensiero di Calamandrei si trova una lucida consapevolezza del valore civile e politico della scuola e della cultura, specie in chiave di resistenza critica contro il totalitarismo fascista.
“Non possiamo sapere se sia stato proprio Calamandrei a suggerirlo, ma certo – ha scritto di recente Tomaso Montanari – mettere la cultura tra i principi fondamentali della Repubblica per lui significava rafforzarne la tenuta democratica. La cultura, dunque, intesa soprattutto come senso critico, come strumento per una consapevole resistenza al potere”. Cosa voleva dire allora e cosa può dire ancora oggi che la «Repubblica promuove lo sviluppo della cultura» (Art. 9 Cost.)?
Una buona risposta l’aveva fornita, in anticipo, un ‘costituente morale’ del calibro di Antonio Gramsci, morto in detenzione nel 1937: «Servizi pubblici inteintellettuali: oltre la scuola, nei suoi vari gradi, quali altri servizi non possono essere lasciati all’iniziativa privata, ma in una società moderna, devono essere assicurati dallo Stato e dagli enti locali (comuni e province)? Il teatro, le biblioteche, i musei di vario genere, le pinacoteche, i giardini zoologici, gli orti botanici, ecc. (Quaderni del carcere, 14, I, par. 56).
Promuovere lo sviluppo della cultura, e renderla accessibile a tutti i cittadini: cioè fornire a ognuno gli strumenti culturali per esercitare la propria sovranità. Ebbene, oggi siamo bravi in tanti e tante ad inneggiare al ruolo della scuola, dell’università, della cultura e degli intellettuali. Eppure io vorrei qui invitare, pubblicamente, chi è senza peccato, a scagliare la prima pietra, parlando degli intellettuali al tempo della loro delegittimazione. Si è spesso oscillato tra due estremi: da un lato un loro ruolo puramente decorativo; dall’altro la loro programmatica delegittimazione per il timore della funzione di esercizio della critica, Negli ultimi anni la delegittimazione degli intellettuali è venuta da Renzi, mentre Berlusconi preferiva comprarli.
I decreti attuativi della Buona scuola, sulla cultura umanistica, sono stati scritti da Luigi Berlinguer. E con lui si è proceduto a destrutturare la cultura storico-critica in nome della così detta cultura della creatività: si parla, così, di abilitazione alla conoscenza della vendita del made in Italy e del brand-Italia. Di recente, ho ascoltato Nicola La Gioia parlare dell’intellettuale come ospite ingrato. Come fu possibile – si è chiesto La Gioia – il Pasolini Corsaro?
Ci fu Piero Ottone, dalla direzione del Corriere della Sera, che chiamò un intellettuale a scrivere cose che andavano completamente contro la linea del giornale. Ma non voglio né posso esimermi dal dire una parola sulle Università. Io, che amo l’università come nessuna altra istituzione, mi sento in dovere di fare profonda autocritica.
Le Università sono diventate spesso luoghi di conformismo. Pensate a molte lauree ad Honorem impunemente distribuite anche dal nostro ateneo: una fu data addirittura a Cardoso … ed altre potrebbero a breve venire, non molto migliori di quella. Il codice etico dell’Università di Bologna riconosce all’università di esercitare la critica (art. 19), ma nessuno può ledere l’immagine dell’ateneo (art. 15). Com’è possibile – mi chiedo – che il bene più importante per un’istituzione universitaria, tanto da costituire un limite al diritto di critica, sia l’immagine dell’Università stessa?. E chissà che io non abbia violato quel codice, limitandomi a ricordarlo. Insomma, in tanti e tante, abbiamo molto da farci perdonare.
Speriamo che questa bellissima due giorni significativamente intitolata ai “Saperi pubblici” non sia che l’inizio".