Question Time, chiarimenti sul sistema delle graduatorie per le iscrizioni nelle scuole d'infanzia cittadine e sull'integrazione degli alunni stranieri
La vicesindaco con delega alla Scuola, Marilena Pillati, ha risposto alla domanda d'attualità del consigliere Francesco Sassone (Forza Italia) sul sistema delle graduatorie per le iscrizioni nelle scuole d'infanzia cittadine e sull'integrazion...
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La vicesindaco con delega alla Scuola, Marilena Pillati, ha risposto alla domanda d'attualità del consigliere Francesco Sassone (Forza Italia) sul sistema delle graduatorie per le iscrizioni nelle scuole d'infanzia cittadine e sull'integrazione degli alunni stranieri.
Domanda d'attualità del consigliere Sassone:
"Con riferimento alla rassegna stampa, di seguito allegata, inerente la formazione di classi miste nelle scuole bolognesi, chiede al Signor Sindaco il proprio pensiero politico in merito a quanto accaduto.
Si chiede se l'amministrazione non ritenga opportuno intervenire sul sistema delle graduatorie per le iscrizioni nelle scuole materne cittadine al fine di prevedere una più equilibrata e corretta ripartizione degli alunni non di cittadinanza italiana nelle scuole materne bolognesi così da rendere più efficace e facilitata l'integrazione degli alunni stranieri nelle scuole cittadine".
Risposta della vicesindaco Pillati:
"Gentile consigliere Sassone, nel rispondere alla sua domanda, che riguarda nello specifico una questione legata al tema dell'inclusione limitatamente alla scuola dell'infanzia, voglio però in premessa richiamare quelle che sono le politiche dell’Amministrazione in questo ambito. Sui temi della multiculturalità il Comune di Bologna ha una lunga tradizione di politiche inclusive che, declinate rispetto alla scuola, agiscono sulla messa a disposizione di tutto il sistema scolastico di strumenti e risorse educative, perché la scuola, anche quella statale ovviamente, possa contare, oltre che sulle risorse interne, su interventi specialistici e mirati. Da anni sono garantiti diffusi interventi di alfabetizzazione di lingua italiana rivolti ai bambini di nuovo arrivo in Italia. Non solo, sono molteplici e strutturati anche gli interventi formativi, la documentazione e il materiale didattico a disposizione degli insegnanti e, su richiesta delle scuole, sono garantiti veri e propri servizi di mediazione culturale che sostengono la relazione scuola-famiglia.
Inoltre, particolarmente nelle scuole d’infanzia come nei nidi, vengono promossi progetti per sostenere e favorire la partecipazione delle famiglie, anche di quelle non italiane, e che molto spesso fanno leva proprio sulla multiculturalità e sulla valorizzazione delle differenze culturali e spesso la multiculturalità caratterizzante una comunità scolastica diventa risorsa per gli insegnanti per arricchire la programmazione educativa della scuola.
Siamo convinti che un’autentica accoglienza debba andare oltre il semplice gesto di buona volontà, costruendo intorno a ogni alunno, a prescindere dalla nazionalità, un progetto formativo che coinvolga l’intera comunità scolastica, quindi anche le famiglie. La scuola deve essere capace di porsi in un atteggiamento di ascolto e dialogo nei confronti degli alunni tenendo conto delle rispettive storie formative e dei bisogni particolari che manifestano, costruendo risposte nella relazione educativa quotidiana. L’accoglienza intesa come prassi istituzionale costruisce una prospettiva di sempre maggiore apertura alle differenze e alle peculiarità e diventando sempre più capace di praticare l’intercultura nelle relazioni quotidiane in classe, nel dialogo con le famiglie, nella collaborazione tra insegnanti.
Il tema che lei pone riguarda la scuola d’infanzia che, come il nido e quindi più degli altri ordini di scuola, rappresenta uno straordinario strumento di integrazione e di socializzazione dei bambini e delle loro famiglie. Ma il tema che lei pone riguarda anche bambini in una fascia di età, in cui le competenze linguistiche sono in una particolare fase evolutiva e di apprendimento per tutti i bambini, indipendentemente della loro nazionalità.
Voglio anche richiamare l'attenzione sul fatto che quando parliamo di bambini stranieri o di nazionalità non italiana possiamo fare riferimento, per la complessità della situazione, ad ambiti davvero molto differenti. Ci sono dietro bambini di nazionalità non italiana, storie molto diverse, da quella relativa a bambini con una storia di migrazione molto recente a quella di nati in Italia da genitori stranieri, che possono aver frequentato già servizi educativi e avere dunque un buon livello di conoscenza della lingua. Non sono, dunque, i numeri da soli a dirci se siamo in grado di garantire una vera inclusione e, dunque, il diritto di tutti i bambini all’istruzione.
Quello che a mio parere è necessario fare è sostenere e accompagnare le scuole a svolgere al meglio il loro compito in una società multiculturale e multietnica e non distinguere nelle scuole i posti per italiani da quelli per stranieri, perché è questo che si verrebbe a determinare introducendo nei criteri di accesso un tetto massimo del 30% ai bambini di origine non italiana. E poi che cosa succederebbe se in un territorio i genitori stranieri che chiedono di iscrivere i propri bambini in una scuola di quel territorio sono di più? Dovremmo indirizzarli magari verso scuole lontane, in aree della città dove è minore la presenza di stranieri? Se siamo d'accordo che uno dei temi fondamentali è quello di sostenere la generalizzazione della scuola d’infanzia in questo modo in realtà potremmo, al contrario, disincentivarne la frequenza.
E' bene anche ricordiare che lo stesso limite del 30% di presenza di alunni stranieri per classe indicato nella circolare ministeriale conseguente al Decreto Gelmini del 2010 non si configura come un criterio di accesso, ma come eventuale criterio organizzativo che può essere derogato a fronte dell’esistenza di condizioni per l’accoglienza. Dobbiamo quindi continuare ad impegnarci, mettendo a disposizione delle scuole risorse e progettualità, come già facciamo da anni, per fare in modo che la scuola sia realmente inclusiva e garantisca a tutti, nessuno escluso, pari opportunità".
Domanda d'attualità del consigliere Sassone:
"Con riferimento alla rassegna stampa, di seguito allegata, inerente la formazione di classi miste nelle scuole bolognesi, chiede al Signor Sindaco il proprio pensiero politico in merito a quanto accaduto.
Si chiede se l'amministrazione non ritenga opportuno intervenire sul sistema delle graduatorie per le iscrizioni nelle scuole materne cittadine al fine di prevedere una più equilibrata e corretta ripartizione degli alunni non di cittadinanza italiana nelle scuole materne bolognesi così da rendere più efficace e facilitata l'integrazione degli alunni stranieri nelle scuole cittadine".
Risposta della vicesindaco Pillati:
"Gentile consigliere Sassone, nel rispondere alla sua domanda, che riguarda nello specifico una questione legata al tema dell'inclusione limitatamente alla scuola dell'infanzia, voglio però in premessa richiamare quelle che sono le politiche dell’Amministrazione in questo ambito. Sui temi della multiculturalità il Comune di Bologna ha una lunga tradizione di politiche inclusive che, declinate rispetto alla scuola, agiscono sulla messa a disposizione di tutto il sistema scolastico di strumenti e risorse educative, perché la scuola, anche quella statale ovviamente, possa contare, oltre che sulle risorse interne, su interventi specialistici e mirati. Da anni sono garantiti diffusi interventi di alfabetizzazione di lingua italiana rivolti ai bambini di nuovo arrivo in Italia. Non solo, sono molteplici e strutturati anche gli interventi formativi, la documentazione e il materiale didattico a disposizione degli insegnanti e, su richiesta delle scuole, sono garantiti veri e propri servizi di mediazione culturale che sostengono la relazione scuola-famiglia.
Inoltre, particolarmente nelle scuole d’infanzia come nei nidi, vengono promossi progetti per sostenere e favorire la partecipazione delle famiglie, anche di quelle non italiane, e che molto spesso fanno leva proprio sulla multiculturalità e sulla valorizzazione delle differenze culturali e spesso la multiculturalità caratterizzante una comunità scolastica diventa risorsa per gli insegnanti per arricchire la programmazione educativa della scuola.
Siamo convinti che un’autentica accoglienza debba andare oltre il semplice gesto di buona volontà, costruendo intorno a ogni alunno, a prescindere dalla nazionalità, un progetto formativo che coinvolga l’intera comunità scolastica, quindi anche le famiglie. La scuola deve essere capace di porsi in un atteggiamento di ascolto e dialogo nei confronti degli alunni tenendo conto delle rispettive storie formative e dei bisogni particolari che manifestano, costruendo risposte nella relazione educativa quotidiana. L’accoglienza intesa come prassi istituzionale costruisce una prospettiva di sempre maggiore apertura alle differenze e alle peculiarità e diventando sempre più capace di praticare l’intercultura nelle relazioni quotidiane in classe, nel dialogo con le famiglie, nella collaborazione tra insegnanti.
Il tema che lei pone riguarda la scuola d’infanzia che, come il nido e quindi più degli altri ordini di scuola, rappresenta uno straordinario strumento di integrazione e di socializzazione dei bambini e delle loro famiglie. Ma il tema che lei pone riguarda anche bambini in una fascia di età, in cui le competenze linguistiche sono in una particolare fase evolutiva e di apprendimento per tutti i bambini, indipendentemente della loro nazionalità.
Voglio anche richiamare l'attenzione sul fatto che quando parliamo di bambini stranieri o di nazionalità non italiana possiamo fare riferimento, per la complessità della situazione, ad ambiti davvero molto differenti. Ci sono dietro bambini di nazionalità non italiana, storie molto diverse, da quella relativa a bambini con una storia di migrazione molto recente a quella di nati in Italia da genitori stranieri, che possono aver frequentato già servizi educativi e avere dunque un buon livello di conoscenza della lingua. Non sono, dunque, i numeri da soli a dirci se siamo in grado di garantire una vera inclusione e, dunque, il diritto di tutti i bambini all’istruzione.
Quello che a mio parere è necessario fare è sostenere e accompagnare le scuole a svolgere al meglio il loro compito in una società multiculturale e multietnica e non distinguere nelle scuole i posti per italiani da quelli per stranieri, perché è questo che si verrebbe a determinare introducendo nei criteri di accesso un tetto massimo del 30% ai bambini di origine non italiana. E poi che cosa succederebbe se in un territorio i genitori stranieri che chiedono di iscrivere i propri bambini in una scuola di quel territorio sono di più? Dovremmo indirizzarli magari verso scuole lontane, in aree della città dove è minore la presenza di stranieri? Se siamo d'accordo che uno dei temi fondamentali è quello di sostenere la generalizzazione della scuola d’infanzia in questo modo in realtà potremmo, al contrario, disincentivarne la frequenza.
E' bene anche ricordiare che lo stesso limite del 30% di presenza di alunni stranieri per classe indicato nella circolare ministeriale conseguente al Decreto Gelmini del 2010 non si configura come un criterio di accesso, ma come eventuale criterio organizzativo che può essere derogato a fronte dell’esistenza di condizioni per l’accoglienza. Dobbiamo quindi continuare ad impegnarci, mettendo a disposizione delle scuole risorse e progettualità, come già facciamo da anni, per fare in modo che la scuola sia realmente inclusiva e garantisca a tutti, nessuno escluso, pari opportunità".