Consiglio comunale, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Piergiorgio Licciardello
Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Piergiorgio Licciardello (Partito Democratico)."Per l'ateneo bolognese, e per noi cittadini bolognesi, l'inizio anno era stato portatore di splendide notizie.Quasi 100 milioni di contributi dal...
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Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Piergiorgio Licciardello (Partito Democratico).
"Per l'ateneo bolognese, e per noi cittadini bolognesi, l'inizio anno era stato portatore di splendide notizie.
Quasi 100 milioni di contributi dallo Stato, con un incremento di 5 milioni rispetto allo scorso anno, restituivano l'immagine di un ateneo in salute, fiore all'occhiello della città nel panorama dell'offerta formativa del paese.
E invece, qualche giorno fa, la doccia gelata.
Il CDA dell'ateneo ha approvato un ulteriore incremento dei corsi di laurea a numero chiuso (o meglio, "a numero programmato", espressione più soft ma la cui sostanza non cambia). 94 corsi limitati su 210, con una previsione di arrivare a ben 108 nel prossimo anno accademico, superando la soglia del 50%. Un trend di crescita che non conosce soste, passando dai 56 del 2012 ai valori attuali, quasi raddoppiati. Ragioni economiche, la motivazione ufficiale.
E' chiaro come sia difficile, partendo da report giornalistici, entrare nel dettaglio di valutazioni di carattere economico. Mi riservo, quindi, di utilizzare tutti gli strumenti a mia disposizione come consigliere comunale per poter approfondire meglio questo tipo di aspetti.
Mi limito, quindi, in questa sede ad un paio di considerazioni veloci, senza pretesa di esaurire il tema.
Se si confrontano i dati sulla popolazione studentesca tra il 2012 e il 2016 si nota come, sebbene si sia registrato un leggero aumento delle immatricolazioni quest'anno rispetto al 2015 +4% da circa 22.000 a circa 23000 nuovi iscritti, la popolazione studentesca sia diminuita. I dati 2012 indicavano una popolazione di 87418 studenti iscritti a corsi di laurea e post laurea. 82363 erano gli iscritti, di cui 5368 stranieri, distribuiti su 212 corsi di laurea. La situazione 2016 vede invece 84724 iscritti, di cui 80563 iscritti ai 210 corsi di laurea, con 5376 studenti stranieri. Numeri non proprio indice di assalto alla diligenza.
Colpisce poi il fatto che, delle 94 facoltà ad accesso programmato, una quarantina non raggiunga il il tetto prefissato.
Legittimamente sorge il dubbio che ci possa essere qualche problema di "dimensionamento e distribuzione" delle risorse rispetto alle effettive esigenze complessive dell'ateneo.
Ma come ho detto, in attesa di dati più precisi, mi fermo qui con i ragionamenti economici.
Spenderei un minuto invece su un tema più sociale, e cioè sul valore che ha, per una società che voglia crescere in equità e benessere, il diritto allo studio.
Come ha ben riscontrato, infatti, nella sua intervista, il professor Guerra, direttore della facoltà di Scienze dell'educazione, il ricorso, selvaggio aggiungo io, al numero chiuso è lesivo del diritto allo studio.
Rende l'accesso alle facoltà , specialmente quelle che consentono una più alta possibilità di realizzazione professionale, appannaggio delle fasce sociali più abbienti.
Per intendersi quelle che possono permettersi i costosi corsi di preparazione ai test di ammissione, un mercato in forte crescita, o che possono far studiare i figli in scuole secondarie private che permettano di avere una didattica un po' più "leggera" per non sottrarre energie alla preparazione dei test. Fenomeno anche questo che si è affacciato grazie a questa corsa al numero chiuso...ovviamente solo per chi può permetterselo.
Per non parlare poi delle facoltà private, una volta impegnate ad attrarre i delusi e i respinti, oggi nella condizione di applicare a loro volta numeri chiusi e tariffe stratosferiche, giocando sulla leva della domanda / offerta.
L'evoluzione di questo mercato dell'istruzione ci ha poi regalato un nuovo fenomeno.
Eravamo abituati alla fuga dei cervelli, intesa come giovani laureati che migravano all'estero in cerca di assegni di ricerca o di impiego.
Oggi siamo arrivati ad esportare studenti, per fare un esempio aspiranti medici verso la Romania.
Esportiamo aspiranti ingegneri in un'Europa nella quale si prevede un fabbisogno, nelle nuove tecnologie, di oltre mezzo milione di laureati nei prossimi 4-5 anni.
Esportiamo...ovviamente sempre per chi se lo possa permettere. E si, perché mandare un figlio a studiare all'estero non è cosa da tutti.
Siamo quindi di fronte ad una profonda ingiustizia sociale. Dallo studio e dalla cultura dipende la crescita di una società . Non c'è giustizia senza cultura. Non c'é democrazia senza cultura. Non c'è equità e gli ascensori sociali sono bloccati, senza cultura. Non c'è crescita economica senza cultura (e non è un caso che l'Italia abbia meno laureati e cresca meno di altre realtà europee).
Pur comprendendo i limiti e i vincoli legati alla qualità dell'offerta, sebbene la mia mente corra agli anni di università e alle aule da 500 studenti in piedi o seduti sulle scale, mi aspetterei dalla più antica facoltà del mondo occidentale, sita non in una città qualsiasi dal punto di vista dell'attenzione agli aspetti sociali, valutazioni e progetti più innovativi sulla gestione delle risorse e numeri in calo sul numero chiuso e non in aumento. Ad esempio individuando percorsi legati al percorso di studi piuttosto che sull'esito di una prova per test che potrebbe essere una lotteria.
Anche la politica però deve fare la sua parte. Per questo, con i limiti legati alle facoltà di intervento sul tema di un consigliere comunale, di certo, il mio impegno non verrà meno per far sì che una pratica che, in altre sedi non ho esitato a definire barbarie, non solo regredisca ma, possibilmente, sparisca del tutto dal panorama universitario italiano".