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Consiglio comunale, l'intervento di inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni

Di seguito l'intervento d'inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni (Partito democratico)"I giovani e quel vuoto di futuro a cui porre rimedio Questa settimana i giovani sono stati al centro del dibattito pubblico grazie all'ultimo Rappor...

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Di seguito l'intervento d'inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni (Partito democratico)

"I giovani e quel vuoto di futuro a cui porre rimedio 
Questa settimana i giovani sono stati al centro del dibattito pubblico grazie all'ultimo Rapporto del CENSIS che ci rende la fotografia di un'Italia che si sorregge su una sorta di "continuismo privo di prospettive", dove chi può vive sfruttando in maniera attiva il patrimonio e senza investire. Ma appare evidente che non tutti sono in grado di vivere di rendita, ad esempio non possono permetterselo i giovani. Le famiglie con componenti di riferimento al di sotto dei 35 anni hanno un reddito inferiore del 15,1% rispetto alla media della popolazione e una ricchezza inferiore del 41%. Al contrario la ricchezza degli anziani è cresciuta e la maggioranza di loro si rende conto che i propri nipoti vivranno peggio di loro. Il punto è che i nipoti già stanno vivendo peggio e i loro comportamenti sono consequenziali a una situazione di incertezza e precarietà endemica: i Millenials sono per l'80,6% celibi o nubili (10 anni fa erano il 71,4%), i coniugati sono il 19,4% (10 anni fa erano il 28,1%). Non è che i giovani siano contrari al matrimonio per principio, ma pensano in larga parte che prima sia indispensabile avere terminato gli studi, ottenere un lavoro e un reddito stabili, dei risparmi accantonati. Rughe e capelli bianchi è altamente probabile arrivino prima.

Ripenso poi alla ricerca "Giovani in lista d'attesa. Le giovani generazioni e il lavoro a Bologna: realtà e aspettative", presentata lo scorso ottobre e promossa dalla Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, curata da Matilde Callari Galli e pubblicata da Pendragon. In qualità di Presidente della Commissione VI proporrò un approfondimento dedicato, perché la ritengo molto interessante: condotta nel 2015, ha coinvolto circa 700 giovani bolognesi dai 18 ai 34 anni. Una ricerca che dimostra come nella nostra città si stia certamente ancora meglio rispetto ad altre zone d'Italia (per esempio la percentuale di cosiddetti Neet, ovvero i giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione è dell'11%, dato che è un terzo rispetto ad alcune aree del sud), ma che tuttavia ci mostra quanto sia reale il vuoto di futuro per moltissimi e moltissime giovani bolognesi, di come molti non conoscano -e quindi non rivendichino- i propri diritti sul lavoro. Desta preoccupazione come nella fascia più adulta, tra i 30 e i 34 anni, ben il 30% viva ancora con i genitori per difficoltà economiche e si capisce bene, allora anche il recente dato del tracollo delle nascite registrato in tutta Italia nei primi sei mesi del 2016.

In uno degli ultimi studi dell'area Programmazione e Statistica del Comune di Bologna diretta dal Dottor Bovini si analizza come sono cambiati i redditi dichiarati a Bologna durante gli anni della crisi; ed emerge che i punti deboli più significativi riguardano «le fasce giovani della popolazione, che hanno perso capacita’ di produrre reddito in modo significativo sia come numero di contribuenti che come redditi medi e mediani». Si è verificato quindi uno spostamento della capacità di produrre reddito nelle fasce sopra i 50 anni e «il prezzo della crisi è stato pagato soprattutto dai contribuenti più giovani»: tanto è vero che dal 2002 al 2013 la quota dei redditi dichiarati dai contribuenti fino a 44 anni è scesa dal 33,7% al 26,2%e che sono spariti 10.000 contribuenti tra i più giovani.

La precarietà, il lavoro povero, quello quasi regolare e l'incapacità di generare reddito sufficiente e adeguato al proprio mantenimento, all'idea di poter progettare una famiglia è qualcosa di molto più doloroso che una tendenza negativa frutto della crisi economica, è l'incapacità di potersi realizzare, autodeterminare dando il proprio contributo alla società nella quale si vive, attraverso un proprio progetto di vita e di lavoro. Queste sono le ferite del nostro tempo alle quali le nuove generazioni sembra quasi si stiano abituando; si tratta dell'emergere di nuovi poveri, proprio in una fascia di popolazione, mediamente più istruita e meno numerosa in termini assoluti, rispetto al passato. Sembra proprio che più si entra nel futuro più si abbia bisogno di risposte per quelle che restano domande primarie nella vita di ciascuno.

A rischio, oltre che i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, è la tenuta del welfare così come l'abbiamo sempre inteso, dal momento che si paventa come sempre più concreta la mancanza di ingenti quantità di risorse per finanziarlo, mettendo a rischio anche quella coesione sociale che ha sempre contraddistinto il nostro territorio. Ormai l'instabilità rappresenta un dato strutturale in tutti i settori produttivi e gli stessi lavoratori e lavoratrici stanno cambiando la percezione di quelli che devono restare diritti universali, sebbene sempre più spesso siano già percepiti dalle generazioni più giovani come privilegi a cui difficilmente potranno accedere, come conferma la ricerca sopra citata. I cambiamenti del mercato occupazionale, dei modi e degli orari di lavoro sono dei dati di fatto a cui si deve reagire non rinunciando a una buona occupazione, ma sapendo costruire un sistema di garanzie che tenga in considerazione le nuove esigenze che ci sono- non vanno negate o rimosse illudendoci che nulla sia cambiato rispetto a decenni passati- ma costruendo differenti modalità di lavoro e di garanzia.

So bene che gli enti locali non hanno una competenza diretta nella risoluzione di questi problemi che sono frutto di dinamiche complesse, interconnessi con fenomeni di portata sovranazionale e di diversa natura, ma il monito che lancio prima di tutto a me stessa, è che il nostro ruolo politico e istituzionale ci deve obbligare a soffermarci su questi temi, ci deve imporre un ragionamento complessivo per combattere queste disuguaglianze, proprio a partire da Bologna, una città che non può dirsi povera, e che proprio per questo deve avere la forza e la creatività di reagire a fenomeni di frammentazione e disorientamento. Probabilmente questo potrà essere un primo, decisivo passo per riavvicinarsi alle generazioni più giovani".

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:36
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