Comunicati stampa

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Consiglio comunale, l'intervento del consigliere Corrado Melega sulle sanzioni più elevate per le donne che ricorrono all'aborto clandestino

Di seguito, l'intervento d'inizioo seduta del consigliere Corrado Melega (PD) sulle sanzioni più elevate per le donne che ricorrono all'aborto clandestino.

"Secondo l'articolo 19 della legge 194 le donne che abortiscono clandestinamente ent...

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Di seguito, l'intervento d'inizioo seduta del consigliere Corrado Melega (PD) sulle sanzioni più elevate per le donne che ricorrono all'aborto clandestino.

"Secondo l'articolo 19 della legge 194 le donne che abortiscono clandestinamente entro i primi 90 giorni sono condannate a pagare una multa pari a circa 50 euro, mentre chi abortisce clandestinamente dopo il 90esimo giorno rischia la reclusione fino a sei mesi. La ministra della salute Lorenzin nella relazione al Parlamento sullo stato di applicazione della legge ci informa che il numero degli aborti clandestini è sostanzialmente invariato dal 2005 ad oggi, ignorando le denunce provenienti da più parti sulla ripresa del fenomeno , legata alla più facile reperibilità, non solo sul mercato clandestino classico, ma anche su internet, dei farmaci che possono indurre l'aborto ( misoprostolo o ru 486).

Adesso giunge la notizia che nel decreto in materia di depenalizzazione viene inasprita la sanzione a carico delle donne che abortiscono clandestinamente prima dei 90 giorni con cifre che vanno da 5000 a 10000 euro.. Purtroppo l'intervento normativo dimostra un'attenzione solo apparente al complesso fenomeno dell'aborto clandestino, che così non viene affatto affrontato: l'aumento monetario non è certo lo strumento legislativo adatto a prevenirlo, semmai l'aggravamento della pena pecuniaria potrebbe ricadere sulla salute delle donne , rendendole meno disposte a rivolgersi ai sanitari in caso di complicazioni.
Ma è tutta la problematica dell'aborto che viene oggi occultata e negata: basta leggere le relazioni annuali che minimizzano sia il dato sulla clandestinità sia quello del dilagante ricorso all'obiezione di coscienza di cui si sottovaluta l'impatto, pretendendo di compensare l'aumento dell'obiezione con la diminuzione del numero degli interventi. Recentemente la trasmissione televisiva "Presa diretta" ha condotto un'inchiesta sulla difficoltà per le donne di accedere ai servizi di interruzione di gravidanza nel nostro paese. Nella relazione dell'ottobre 2012 la ministra fa un'operazione aritmetica molto discutibile: confrontando il numero di interventi con quello dei non obiettori dice che su scala nazionale ad ogni non obiettore toccherebbero circa 2 aborti settimanali a testa. Ovviamente questo neanche tanto furbo escamotage non tiene conto che esistono in Italia obiezioni di struttura, che coinvolgono interi ospedali e rendono impossibile accedere ai servizi in molti territori. L'inchiesta televisiva ha spiegato infatti che l'obiezione di struttura riguarda il 35% degli ospedali italiani. Il servizio iniziava davanti all'entrata del D.H. di un grande ospedale romano dove alle 5 di mattina si presentano le donne per cercare di entrare nelle prime 5 o 10 fortunate che potranno essere operate.
Chi ha il dovere di informare le donne che esistono i consultori , che provvedono non solo alla certificazione ed alla prenotazione, ma dovrebbero farsi carico di un percorso che prevede anche la prevenzione della Ivg attraverso una corretta informazione sulla contraccezione, come recita l'articolo 15 della legge? Lo stesso articolo che stabilisce invano che le aziende hanno il dovere di garantire il servizio. Chi volesse consultare il portale del Ministero , si renderebbe conto della esiguità di informazioni sulle procedure e sulle strutture a cui rivolgersi.
Chi sono quelle donne che acquistano le pillole abortive su internet o nella pericolosità
del mercato clandestino? Lo farebbero ugualmente se avessero ricevuto corrette risposte istituzionali? O se avessero potuto accedere facilmente ai servizi? La risposta che lo stato da a queste domande è l'inasprimento delle pene pecuniarie. Ma come succedeva prima del 1978 tutto ciò interessa poco, è meglio se le donne fanno da sole e pagano così si fa anche un po' di cassa.
Non si promuove a sufficienza il metodo farmacologico, che permette di intervenire precocemente ed elimina le liste di attesa, come succede ad esempio nella nostra regione, che non tenendo conto delle indicazioni del consiglio superiore di sanità ricovera in DH. Infatti una incomprensibile norma obbliga le donne a restare ricoverate per tre giorni vanificando i vantaggi della metodica. Basterebbe guardare cosa succede nel resto del mondo dove la metodica farmacologica viene applicata in DH o in ambulatorio nella maggioranza dei casi, per capire la sua utilità. Oltretutto questo potrebbe ridurre il ricorso all'obiezione di coscienza , ma forse è proprio questo che il Ministero vuole evitare. Termino esprimendo il mio sdegno e la solidarietà alla comunità LGTB per le vergognose parole del Ministro dell'interno dopo l'approvazione della legge sulle unioni civili. Poteva compiacersi per il raggiungimento di un traguardo di civiltà, seppure incompleto; ha preferito parlare con protervia e arroganza , dimenticando di essere ministro di tutti gli italiani".

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:33
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