Comunicati stampa

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"XIII GIORNATA PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" SEDUTA CONGIUNTA DEI CONSIGLI COMUNALE E PROVINCIALE, LA TESTIMONIANZA DELLA PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE MODEM, MARZIA SCHENETTI


Di seguito la testimonianza della presidente dell'associazione Modem, Marzia Schenetti, nel corso della seduta congiunta dei Consigli comunale e provinciale in occasione della XIII "Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne&quo...

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Di seguito la testimonianza della presidente dell'associazione Modem, Marzia Schenetti, nel corso della seduta congiunta dei Consigli comunale e provinciale in occasione della XIII "Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne".

"Ringrazio le persone che mi hanno permesso di essere qui perché per me rappresenta un ulteriore passo nel mio percorso. Premettendo che la mia testimonianza è sì di stalking, ma di uno stalking, come nella maggior parte dei casi, conseguenza di una relazione violenta. Una relazione dove la violenza l'ho vissuta in tutte le sfumature, partendo dalla manipolazione, la violenza psicologica, quella economica e quella fisica. La mia fortuna nella mia storia è stata che lo stalker era seriale, per cui a un certo punto di questa relazione viene arrestato in misura cautelare perché, lui mentre io vivevo quotidianamente una tragica, quotidiana, martellante situazione, tanto a volte a essere arrivata a preferire la morte a quello che mi prospettava il giorno dopo, lo stalker, dicevo, viene arrestato perché contemporaneamente continuava a fare stalking alla vittima precedente. Questi venti giorni di misura cautelare mi permettono di avere la distanza necessaria per rivolgermi a persone esterne alla mia vita personale, perché il mio stato era talmente immobilizzato, impaurito, pieno di vergogna, di sensi di colpa, di complicità per tutto quello che avevo sopportato, per cui mai avrei potuto chiedere aiuto a mia madre, nonostante vivessi con lei, a mia sorella, a mio fratello, alle mie amiche. Mi sono rivolta, invece, a una donna di Reggio Emilia appartenente all'associazione Non da sola. Con lei ho iniziato di corsa in questi venti giorni il mio percorso, chiedendo aiuto al servizio sanitario di Igiene mentale, che mi ha seguito per più di un anno e così inizia il mio cammino.
Da allora son passati quasi quattro anni. Il mio passo di oggi e anche la soddisfazione per me di trovarmi qui, è la soddisfazione di poter parlare da parte di una donna sopravvissuta, per il momento, privilegiata perché questa persona attualmente è in carcere, anche se non per un processo già in giudicato per il mio caso, ma per due casi precedenti. Questo perlomeno mi permette di respirare, di allentare la paura. Una paura che ho vissuto comunque per tre anni, perché questa persona era latitante fino al novembre del 2011.

Nei mesi successivi alla mia scelta di denunciare lo stalker, mentre mi recavo in questura o alla caserma dei Carabinieri quasi tutte le settimane, mentre andavo tutti i sabati mattina dallo psichiatra, io vivevo tutto il resto del mio tempo chiusa in camera, senza neanche la forza psicologica di uscire in cortile, scrivendo memorie per cercare di ricostruire, di accettare soprattutto il come una donna come me era caduta in questa trappola. Da ciò la scelta di sputare fuori tutto quello che mi faceva male scrivendo il libro. Inizialmente un'esigenza di protezione verso me stessa, perché scrivere il libro significava anche mettere in guardia anche lo stalker dicendolo a tutti: tutti dovevano sapere che ero perseguitata, io ricevevo cento messaggi al giorno, e-mail, pacchi, cartoline che segnavano i giorni che mi rimanevano da vivere e non solo questo. Volevo responsabilizzare tutti gli altri: le forze dell'ordine, le istituzioni, per non lasciare la possibilità di non sapere. Tutti dovevano sapere. Il libro è nato per questo motivo, poi ha preso un percorso diverso perché divulgandolo, andando in giro per l'Italia con diverse associazioni, mi sono trovata a confondermi e a essere coinvolta in tantissime altre storie di donne e a rendermi conto che il percorso è ogni giorno più duro. Perché sono passati quattro anni e nonostante io mi ritenga una combattiva, ancora oggi ritengo il mio equilibrio precario. Perché nella mia vicenda ho perso la casa, il lavoro, tutto quello che avevo costruito in quindici anni. Mi alzo la mattina alle quattro e faccio il facchino, perché questa è l'unica possibilità che mi è stata data oggi, nonostante i miei studi, le mie capacità, la mia storia.

Io non riesco ancora in questo momento ad avere un equilibrio perché rappresento quella maggior parte di donne sopravvissute alla violenza che non fanno parte del numero, che io ho chiamato "la tombolata" di questi giorni in cui ogni trasmissione televisiva dava un numero diverso, di donne uccise. Ma siamo in tante e facciamo i conti tutti i giorni non solo con le difficoltà economiche della devastazione, perché teniamo ben presente che il principale problema che deve affrontare una donna che esce o da una violenza domestica o da una violenza comunque perpetrata da un ex compagno, nella maggior parte dei casi è quello economico. Per cui tutto diventa un problema: la sopravvivenza, pagarsi l'avvocato, curarsi, un problema su tutti i fronti. E non solo questo l'altro grande problema, e qui ho la fortuna di poterlo dire e sottolineare, è la giustizia, la giustizia che non c'è. Seguo quotidianamente i casi di cronaca, le trasmissioni sui questi casi e quello che cresce in me è rabbia: perché le donne che vengono uccise, sono donne che nella maggior parte dei casi, come può confermare la Casa delle donne, hanno denunciato e non solo una volta, tante volte. Ma sono donne che nel momento in cui denunciano sono sole, vengono abbandonate, devono fare la loro lotta da sole, si devono proteggere da sole oppure devono completamente rendersi fantasmi. E questa è la verità che ogni sopravvissuta deve purtroppo accettare. Nel mio caso specifico, ripeto, io ho denunciato nell'estate del 2009, il mio processo è iniziato l'anno scorso dopo tre anni di latitanza dello stalker e già a distanza di un anno conto otto rinvii per mancate notifiche, scioperi, cambi di avvocati e due annullamenti per mancata notifica ex articolo 415 bis, per irreperibilità di un detenuto. Io vorrei che qualcuno mi spiegasse come è possibile che un carcerato possa risultare irreperibile a una notifica. Io continuo da donna violentata a essere trattata a volte come una stupida, ho fatto un anno d'analisi per non sentirmi stupida per quello che avevo accettato e si continua a volermi fare passare per stupida in qualità di vittima. Io voglio capire come sia possibile che dopo quattro anni ancora non si sia arrivati a una sentenza. E mi sento privilegiata, perché il mio stalker è già in carcere e quindi non sono nella situazione di un anno fa quando ogni mattina uscivo di casa alle quattro, uscivo con lo spray al peperoncino e con il terrore di quello che poteva essere il mio giorno. Io sono una privilegiata, ma conosco tantissime donne con le quali condivido quotidianamente ansie e paure, che vivono per anni in questa situazione.

La mia scelta è stata di mettere a disposizione delle donne tutti gli strumenti culturali delle donne sopravvissute per farsi sentire e non sentirsi abbandonate. Per primi i mezzi d'informazione: ogni volta che una donna si presenta alla nostra associazione culturale perché chiede aiuto, perché il sistema l'ha abbandonata, non si sente protetta, non riesce a sopravvivere, noi lo mettiamo in prima pagina, Perché queste donne vengono dimenticate in qualità di non morte, questo è il fatto grave. Noi ricordiamo le donne uccise, cosa più che logica e scontata, però per loro c'è ben poco da fare, oltre a dare una condanna che porti giustizia alla sua famiglia e a chi le stava vicino. Ma le donne che sono sopravvissute possono riavere un'esistenza, una vita e per ricostruirsela hanno ancora bisogno veramente di passi enormi".

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:16
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