Comunicati stampa

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"THE SCHOENBERG EXPERIENCE": VENERDI' 30 NOVEMBRE AL TEATRO MANZONI, MICHELE MARIOTTI DIRIGE L'ULTIMO CONCERTO DELLA STAGIONE SINFONICA 2012


Venerdì 30 novembre, alle ore 20.30, al Teatro Manzoni, il Direttore principale del Teatro Comunale Michele Mariotti chiude la Stagione Sinfonica 2012 dirigendo l’Orchestra del Teatro nell’ultimo concerto in programma. Il concerto rient...

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Venerdì 30 novembre, alle ore 20.30, al Teatro Manzoni, il Direttore principale del Teatro Comunale Michele Mariotti chiude la Stagione Sinfonica 2012 dirigendo l’Orchestra del Teatro nell’ultimo concerto in programma. Il concerto rientra negli appuntamenti del The Schoenberg Experience, un progetto interdisciplinare dedicato al compositore Arnold Schoenberg, promosso dal Comune di Bologna e dalla Fondazione Teatro Comunale di Bologna con il determinante apporto dell’Arnold Schoenberg Center di Vienna e di numerose istituzioni culturali bolognesi.

Reduce dal debutto lo scorso 28 settembre al Metropolitan di New York con la Carmen di Bizet, e a pochi giorni dall’inaugurazione della stagione del San Carlo di Napoli con La traviata di Verdi con la regia di Ferzan Ozpetek, Michele Mariotti torna al Teatro Comunale di Bologna – di cui è Direttore Principale – per il concerto di chiusura della Stagione Sinfonica 2012.

In programma:
Leonore ouverture n. 3 op. 72b di Ludwig van Beethoven;
Concerto per quartetto d’archi e orchestra in si bemolle maggiore basato sul Concerto grosso op. 6 n. 7 di Georg Friedrich Händel, nella libera trascrizione di Arnold Schoenberg
Solisti: Quartetto Verdi (Francesco De Angelis, Lorenzo Gentili-Tedeschi, violini; Roberto Tarenzi, viola; Claudia Ravetto, violoncello)
Sinfonia n.1 in do minore op. 68 di Johannes Brahms.


Il libretto del primo allestimento del Singspiel fu redatto nel 1805 da Joseph von Sonnleithner che lo trasse da Léonore, ou l’amour conjugal (1798) di Jean-Nicolas Bouilly. Fidelio, unico Singspiel di Ludwig van Beethoven (1770-1827), ebbe la première il 20 novembre del 1805 al Theater an der Wien, con l’ouverture che oggi è chiamata Leonore n. 2, op. 72a. L’opera in tre atti ebbe solo due repliche le sere seguenti, per un pubblico composto principalmente dalle truppe francesi che avevano da poco occupato Vienna. Il libretto venne migliorato drammaturgicamente l’anno seguente da Stephan von Breuning, che lo ridusse a due atti. Beethoven ne rivide le musiche, componendo l’ouverture Leonore n. 3, op. 72b, simile alla precedente ma più breve ed efficace. Una terza ouverture (Leonore n. 1, numero d’opus 138 di attribuzione postuma), in passato creduta la prima, fu in realtà composta nel 1807 per adattarla al teatro di Praga. Il libretto del Fidelio fu infine rivisto nel 1814 da Georg Friedrich Treitschke che spostò il finale dai sotterranei alla luce del sole, nel cortile della prigione. Le modifiche operate da Beethoven sulle musiche furono più sostanziali delle precedenti, specialmente nell’ultima parte. Compose inoltre un’ulteriore ouverture, chiamata Fidelio, diversa dalle prime tre perché introduce l’azione senza anticipare i temi musicali dell’opera. In seguito, con risultati drammaturgicamente discutibili, l’ouverture Leonore n. 3, op. 72b, tratta dal secondo allestimento, venne comunque utilizzata da Otto Nicolai come interludio tra i due atti di Fidelio, da Hans von Bülow come epilogo, da Felix Mottl e Gustav Mahler per colmare il cambio scena prima del finale. Il rimaneggiamento di musiche e libretto manifesta il complesso rapporto di Beethoven con il Singspiel, ed è nel contempo specchio dei mutamenti politici e sociali dell’Europa di inizio Ottocento. Le condizioni in cui nacque la versione del Fidelio del 1814 erano profondamente cambiate rispetto a quelle filo-bonapartiste e illuministiche che soggiacevano ai primi due allestimenti: la campagna di Russia del 1812 aveva avuto un esito disastroso per le truppe di Napoleone, il quale aveva subìto una pesante sconfitta perpetratagli dal Duca di Wellington a Vitoria, in Spagna, il 21 giugno 1813, celebrata da Beethoven stesso con l’op. 91 Wellington’s Victory. Con il Congresso di Vienna del 1814 iniziava, infatti, la Restaurazione.


Su richiesta dell’editore londinese John Walsh e in vista dei concerti che si tenevano nel Lincoln’s Inn Fields, celebre parco nel centro di Londra, Georg Friederich Händel (1685-1759) compose i Dodici concerti grossi op. 6 tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1739. Numero d’opus, quantità di pezzi e organico, composto dal concertino (due violini e violoncello soli) più il ripieno (orchestra d’archi e basso continuo), si ispirano direttamente ai 12 concerti grossi di Arcangelo Corelli (1653-1713), editi postumi ad Amsterdam nel 1714, la cui riedizione del 1715 curata dallo stesso Walsh aveva riscosso un notevole successo economico. Secondo un procedimento consueto nel proprio artigianato compositivo, Händel attinse liberamente a pezzi tratti dagli Essercizi per Gravicembalo di Domenico Scarlatti (1685-1757), pubblicati a Londra proprio tra il 1738 e il 1739, e ai Componimenti musicali di Gottlieb Muffat (1690-1770), anch’essi editi in edizione lussuosa nel 1739 e definiti da Muffat stesso come “il prodotto migliore che si potesse trovare in tutta la Germania”. Il Settimo concerto grosso dell’op. 6 è il più corto tra tutti ed è l’unico in cui Händel fece sempre uso dell’orchestra completa, senza l’alternanza tra concertino e ripieno.

Per Schönberg il 1933 fu un anno reso difficile dall’acuirsi dell’antisemitismo in Germania: Adolf Hitler, divenuto cancelliere in gennaio, continuò l’accentramento del potere attorno al proprio partito; il primo marzo il senato annunciò l’intenzione di rimuovere tutti gli ebrei dalle posizioni pubbliche. Schönberg, che insegnava all’Akademie der Künste di Berlino dal gennaio del 1926, diede le dimissioni. Il compositore completò i primi due movimenti del Concerto per quartetto d’archi e orchestra il 10 e il 12 maggio del 1933, e cinque giorni dopo si rifugiò a Parigi; il 24 luglio si riconvertì alla fede ebraica che aveva abiurato nel 1898 in favore del luteranesimo; completò la composizione del Concerto datandone l’ultimo movimento 16 agosto; il 25 ottobre emigrò con la famiglia alla volta di Boston, negli Stati Uniti. Schönberg riteneva Händel “molto inferiore se paragonato a Bach” e non apprezzava il suo modo di sviluppare le idee tematiche che “diventavano sempre più noiose e triviali nel corso del pezzo”. Non nascose dunque l’intenzione di migliorare con il proprio operato l’originale di Händel, dichiarando in una lettera ad Alban Berg che “alla fine ne sarebbe risultato comunque un ottimo pezzo, ma non per merito di Händel”.

La rielaborazione schönberghiana intacca in primis la forma dell’originale trasformandola da Concerto grosso (anomalo, in quanto Händel, come detto, utilizzò sempre l’organico completo), a quella concertante-sinfonica di matrice tardo-romantica. L’orchestrazione è realizzata utilizzando l’orchestra novecentesca nel pieno delle sue forze, percussioni comprese. La commistione di componenti contrastanti dà vita all’eterogeneità stilistica che caratterizza tutto il pezzo, in un costante, sofferto, e talvolta parossistico rapporto dialettico tra tradizione e innovazione.

Robert Schumann e la moglie Clara riconobbero il genio di Johannes Brahms (1833-1897) non appena lo incontrarono. Il primo ottobre del 1853, il giorno dopo l’arrivo in casa Schumann dell’allora ventenne Brahms, la donna annotò nel proprio diario: «Davanti a lui c’è un futuro: se si deciderà a scrivere per orchestra, allora avrà trovato il vero mezzo per la sua immaginazione». Sulla rivista «Neue Zeitschrift für Musik» il 28 ottobre venne stampato l’articolo di Robert Schumann intitolNeue Bahnen (Vie nuove), in cui, riferendosi all’appena ventenne Brahms, il compositore preannunciava: «Se egli calerà la sua bacchetta magica là dove la potenza della musica infonde la sua forza, nel coro e nell’orchestra, allora ci verranno dischiuse prospettive ancora più magnifiche dei segreti dello spirito». Anche per via di queste alte aspettative, la composizione della Prima sinfonia occupò Brahms per almeno 14 anni, sebbene in modo discontinuo.

Nonostante la giovane età, Michele Mariotti si è affermato nei principali teatri italiani ed esteri.
Direttore Principale dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, ha diretto L’Italiana in Algeri, Idomeneo, Simon Boccanegra, La Cenerentola, I Puritani, Carmen, La Traviata, Risorgimento! e Il Prigioniero, Le nozze di Figaro oltre a diversi concerti. Con il teatro è stato ospite della Fuji Television a Tokio dirigendo Carmen e I Puritani.
Tra i suoi successi Nabucco al Festival Verdi, Don Pasquale al Teatro Regio di Torino, Il barbiere di Siviglia all’Opera Royal de Wallonie, alla National Opera di Washington, al Teatro Massimo di Palermo, a Los Angeles e alla Scala di Milano.
Tra i prossimi impegni: Norma e Nabucco oltre a diversi concerti a Bologna; Rigoletto al Liceu di Barcelona; Guillaume Tell al Rossini Opera Festival; I Puritani all’Opera di Parigi; al Metropolitan di New York Carmen, I Puritani, Rigoletto, Il barbiere di Siviglia e La donna del lago; Il barbiere di Siviglia a Chicago; La donna del lago al Covent Garden di Londra e tornerà alla Scala con I Puritani.

Il Quartetto Verdi - Francesco De Angelis, Lorenzo Gentili-Tedeschi ai violini, Roberto Tarenzi alla viola, Claudia Ravetto al violoncello - nasce nel 2009 dall’incontro inusuale di musicisti che provengono da esperienze artistiche diverse. Le loro distinte attività, dal ruolo di Violino di Spalla del Teatro alla Scala, all’attività solistica, dal camerismo ventennale nel Quartetto Borciani , alle docenze di prestigioanche internazionali, si sono trovate a convergere nel comune desiderio di “far quartetto”, coinvolgendo un giovane che ha già fatto tesoro, nonostante l’età, di una solida esperienza cameristica. Il Quartetto Verdi nel settembre 2011 ha tenuto il concerto di inaugurazione della Fiera Mondomusica di Cremona.
Molti e prestigiosi gli artisti che hanno collaborato con i componenti del Quartetto Verdi: Lang Lang, Daniel Barenboim, Bruno Canino, Enrico Dindo, Fabrizio Meloni, Massimo Quarta, Monica Bacelli, Antonio Ballista, Alessandro Solbiati, Fabio Vacchi.
Nel marzo 2013 il Quartetto sarà negli Stati Uniti per rappresentare l’Italia alla fiera Mondomusica di New York, con l’esecuzione del Quartetto in mi minore di Giuseppe Verdi e di alcuni quartetti di altri operisti italiani.



Il progetto “The Schoenberg Experience” è sostenuto grazie al contributo di Hera.

www.comunalebologna.it

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:16
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