NETTUNO D'ORO PROF. MARIO CAPECCHI, PROLUSIONE DEL PROF. GIOVANNI ROMEO
Il Sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha consegnato oggi pomeriggio nell'Aula del Consiglio comunale il Nettuno d'Oro - onoreficenza conferita a cittadini che abbiano onorato, con la propria attività professionale e pubblica, la città di Bologna...
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Il Sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha consegnato oggi pomeriggio nell'Aula del Consiglio comunale il Nettuno d'Oro - onoreficenza conferita a cittadini che abbiano onorato, con la propria attività professionale e pubblica, la città di Bologna - al prof. Mario Capecchi, Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia 2007.
Si trasmette la prolusione del prof. Giovanni Romeo, Presidente Fondazione Europea per la Genetica.
"Signor Sindaco, Prof.ssa Giannini, Magnifico Rettore, autorità civili e militari, signori e signore consiglieri, cari concittadini.
la nostra città rende oggi omaggio ad un grande genetista nato e vissuto in Italia fino all’età di nove anni ed emigrato negli Stati Uniti a conclusione di una drammatica vicenda vissuta da lui e da sua madre Lucia Ramberg durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa vicenda è stata raccontata alcuni anni fa dai media internazionali e di recente è stata riassunta dalla rivista Città Bologna, voluta dal Cavalier Alberto Masotti, pubblicata una settimana fa in onore di Mario Capecchi.
Durante la sua infanzia passata in buona parte mendicando nelle strade di diverse città italiane devastate dalla guerra come bambino abbandonato mentre sua madre era una detenuta politica in Germania, Mario probabilmente non sapeva di essere un discendente di una delle famiglie più prominenti di Portland, Oregon, città oggi gemellata con Bologna. Il bisnonno materno, Charles Dodd, aveva avuto un ruolo importante nella vita economica e sociale di Portland nel corso del XIX secolo e la nonna materna Lucy Dodd, pittrice, nata a Portland nel 1895, che sposò il tedesco Walter Ramberg, aveva viaggiato a lungo in Europa prima di stabilirsi a Firenze dove fondò una scuola di pittura.
Non a caso la tomba di Lucy Dodd Ramberg si trova ad Assisi accanto alla Basilica di S. Francesco, così come la tomba della bisnonna di Mario. La madre di Mario, Lucia Ramberg, una poetessa che scriveva sopratutto nella lingua paterna, il tedesco, viveva in Italia, in Alto Adige. Da una relazione con un ufficiale dell’aeronautica italiana Luciano Capecchi, nacque Mario, il 6 Ottobre 1937.
Prima del suo arresto da parte dei nazisti nel 1942 la madre riuscì ad affidare il piccolo Mario a una famiglia di contadini altoatesini, offrendo loro tutto il suo denaro per il mantenimento del bambino. Dopo un anno Mario venne allontanato dalla casa; oggi sappiamo da un suo compagno d’infanzia, Luigi Sacchi, che ciò accadde, come a molti altri bambini italiani sfollati in Alto Adige, per un ordine della Gestapo.
Per i successivi due anni Mario dovette provvedere a se stesso. Si aggregò ad una banda di altri bambini, guidata da Luigi Sacchi, che sopravvivevano negli orfanotrofi, nelle campagne e nelle città devastate dai bombardamenti. Subito dopo la fine della guerra la madre, sopravvissuta alla prigionia, iniziò a cercarlo. Impiegò molti mesi ma infine lo trovò, malato di tifo, in un ospedale di Reggio Emilia.
Qualche giorno dopo i due partirono per la Pennsylvania, dove viveva un fratello della madre, professore di Fisica a Princeton. Mario dopo il suo arrivo negli Stati Unite venne immediatamente spedito a scuola. I primi tempi furono difficilissimi, Mario non sapeva né leggere né scrivere in italiano, né tantomeno in inglese. Gli insegnanti nutrivano poche speranze per la sua carriera scolastica. Ma la sua determinazione e la sua curiosità lo portarono 12 anni dopo ad Harvard dove incontrò uno dei fondatori della genetica moderna, Jim Watson, premio Nobel nel 1956, di cui divenne l’allievo più brillante.
Jim Watson era un allievo del premio Nobel Salvador Luria, un italiano nato e vissuto a Torino fino al 1938 quando fu costretto a emigrare a causa delle leggi razziali. Luria a sua volta era un allievo di Giuseppe Levi, il più grande ricercatore medico italiano fra le due guerre, alla cui scuola si formarono due altri premi Nobel italiani per la Medicina, Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini. Secondo questa genealogia culturale di Mario, Giuseppe Levi era “culturalmente” il suo bisnonno e Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini i suoi prozii.
Non può essere un caso che questi tre premi Nobel italiani abbiano mosso i loro primi passi nel mondo della ricerca sotto la guida di Giuseppe Levi. Purtroppo una ben scarsa attenzione è stata dedicata in Italia alla figura umana e scientifica di Giuseppe Levi: il minimo che si possa dire è che il mondo accademico italiano ha largamente ignorato Giuseppe Levi dopo la sua morte avvenuta nel 1965.
Nel 2007, sei mesi dopo aver ricevuto la laurea ad honorem della nostra Alma Mater, Mario Capecchi venne anch’egli insignito del premio Nobel.
A Giuseppe Levi ed al padre fondatore della Genetica Medica nel mondo, Victor Mc Kusick, è stata dedicata la sede della Scuola Europea di Genetica Medica situata a Ronzano, sulle colline bolognesi, esattamente a 3 chilometri e mezzo da qui, accanto all’Eremo dei Servi di Maria.
In questi ultimi 5 anni Mario Capecchi ha portato un grande contributo al successo di questa Scuola ed anche quest’anno egli è presente a Ronzano per insegnare nel 25° corso di Genetica Medica a 52 studenti provenienti da 22 Paesi diversi.
Domani, 24 maggio 2012, Bologna e la sua città gemella Portland, Oregon, saranno unite per la prima volta in teleconferenza per rendere omaggio a Mario Capecchi che sta prodigando tante energie per aiutare Bologna aportarsi all’avanguardia internazionale nella formazione e nella ricerca genetica e genomicain medicina.
Come ha detto il nostro Sindaco, la sfida più importante della ricerca genetica, che è oggi considerata come il campo con il più forte indotto di innovazione industriale, è quella di utilizzare l’enorme e crescente quantità di dati sui genomi umani individuali per migliorare la salute pubblica, in particolare per prevenire e curare le malattie genetiche, incluso il cancro.
Per affrontare questa importante sfida, la formazione avanzata in genetica umana e medica sono i presupposti essenziali e la nostra Scuola Europea di Medicina Genetica è unanimemente riconosciuta come il centro di eccellenza europeo per la formazione dei giovani genetisti medici.
Oggi purtroppo a causa della grave crisi economica che colpisce anche tutte le Università e tutti gli Istituti di ricerca europei, come ben sa il nostro Rettore, il numero degli iscritti ai corsi di questa Scuola che erano 500-600 all’anno fino al 2010 si è dimezzato. Sempre a causa di questa crisi, a partire dall’autunno prossimo la Scuola dovrà rinunciare alla sua sede di Ronzano ed i corsi del 2013 sono a rischio di sopravvivenza.
Dopo aver formato nei suoi 25 anni di storia circa 7000 studenti provenienti da tutta l’Europa, dalla sponda Sud del Mediterraneo, dal Medio Oriente e da altre parti del mondo la Scuola dovrà probabilmente chiudere i suoi battenti prima della fine di quest’anno.
Desidero perciò lanciare un appello ai nostri concittadini, alle Istituzioni ed agli imprenditori bolognesi perché venga salvato il patrimonio di ricerca e di formazione che la Scuola ha costruito in tutti questi anni e che oggi ha sede a Bologna. La vostra risposta sarà un segnale importante di questa città alla sfida dell’internazionalizzazione".
Si trasmette la prolusione del prof. Giovanni Romeo, Presidente Fondazione Europea per la Genetica.
"Signor Sindaco, Prof.ssa Giannini, Magnifico Rettore, autorità civili e militari, signori e signore consiglieri, cari concittadini.
la nostra città rende oggi omaggio ad un grande genetista nato e vissuto in Italia fino all’età di nove anni ed emigrato negli Stati Uniti a conclusione di una drammatica vicenda vissuta da lui e da sua madre Lucia Ramberg durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa vicenda è stata raccontata alcuni anni fa dai media internazionali e di recente è stata riassunta dalla rivista Città Bologna, voluta dal Cavalier Alberto Masotti, pubblicata una settimana fa in onore di Mario Capecchi.
Durante la sua infanzia passata in buona parte mendicando nelle strade di diverse città italiane devastate dalla guerra come bambino abbandonato mentre sua madre era una detenuta politica in Germania, Mario probabilmente non sapeva di essere un discendente di una delle famiglie più prominenti di Portland, Oregon, città oggi gemellata con Bologna. Il bisnonno materno, Charles Dodd, aveva avuto un ruolo importante nella vita economica e sociale di Portland nel corso del XIX secolo e la nonna materna Lucy Dodd, pittrice, nata a Portland nel 1895, che sposò il tedesco Walter Ramberg, aveva viaggiato a lungo in Europa prima di stabilirsi a Firenze dove fondò una scuola di pittura.
Non a caso la tomba di Lucy Dodd Ramberg si trova ad Assisi accanto alla Basilica di S. Francesco, così come la tomba della bisnonna di Mario. La madre di Mario, Lucia Ramberg, una poetessa che scriveva sopratutto nella lingua paterna, il tedesco, viveva in Italia, in Alto Adige. Da una relazione con un ufficiale dell’aeronautica italiana Luciano Capecchi, nacque Mario, il 6 Ottobre 1937.
Prima del suo arresto da parte dei nazisti nel 1942 la madre riuscì ad affidare il piccolo Mario a una famiglia di contadini altoatesini, offrendo loro tutto il suo denaro per il mantenimento del bambino. Dopo un anno Mario venne allontanato dalla casa; oggi sappiamo da un suo compagno d’infanzia, Luigi Sacchi, che ciò accadde, come a molti altri bambini italiani sfollati in Alto Adige, per un ordine della Gestapo.
Per i successivi due anni Mario dovette provvedere a se stesso. Si aggregò ad una banda di altri bambini, guidata da Luigi Sacchi, che sopravvivevano negli orfanotrofi, nelle campagne e nelle città devastate dai bombardamenti. Subito dopo la fine della guerra la madre, sopravvissuta alla prigionia, iniziò a cercarlo. Impiegò molti mesi ma infine lo trovò, malato di tifo, in un ospedale di Reggio Emilia.
Qualche giorno dopo i due partirono per la Pennsylvania, dove viveva un fratello della madre, professore di Fisica a Princeton. Mario dopo il suo arrivo negli Stati Unite venne immediatamente spedito a scuola. I primi tempi furono difficilissimi, Mario non sapeva né leggere né scrivere in italiano, né tantomeno in inglese. Gli insegnanti nutrivano poche speranze per la sua carriera scolastica. Ma la sua determinazione e la sua curiosità lo portarono 12 anni dopo ad Harvard dove incontrò uno dei fondatori della genetica moderna, Jim Watson, premio Nobel nel 1956, di cui divenne l’allievo più brillante.
Jim Watson era un allievo del premio Nobel Salvador Luria, un italiano nato e vissuto a Torino fino al 1938 quando fu costretto a emigrare a causa delle leggi razziali. Luria a sua volta era un allievo di Giuseppe Levi, il più grande ricercatore medico italiano fra le due guerre, alla cui scuola si formarono due altri premi Nobel italiani per la Medicina, Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini. Secondo questa genealogia culturale di Mario, Giuseppe Levi era “culturalmente” il suo bisnonno e Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini i suoi prozii.
Non può essere un caso che questi tre premi Nobel italiani abbiano mosso i loro primi passi nel mondo della ricerca sotto la guida di Giuseppe Levi. Purtroppo una ben scarsa attenzione è stata dedicata in Italia alla figura umana e scientifica di Giuseppe Levi: il minimo che si possa dire è che il mondo accademico italiano ha largamente ignorato Giuseppe Levi dopo la sua morte avvenuta nel 1965.
Nel 2007, sei mesi dopo aver ricevuto la laurea ad honorem della nostra Alma Mater, Mario Capecchi venne anch’egli insignito del premio Nobel.
A Giuseppe Levi ed al padre fondatore della Genetica Medica nel mondo, Victor Mc Kusick, è stata dedicata la sede della Scuola Europea di Genetica Medica situata a Ronzano, sulle colline bolognesi, esattamente a 3 chilometri e mezzo da qui, accanto all’Eremo dei Servi di Maria.
In questi ultimi 5 anni Mario Capecchi ha portato un grande contributo al successo di questa Scuola ed anche quest’anno egli è presente a Ronzano per insegnare nel 25° corso di Genetica Medica a 52 studenti provenienti da 22 Paesi diversi.
Domani, 24 maggio 2012, Bologna e la sua città gemella Portland, Oregon, saranno unite per la prima volta in teleconferenza per rendere omaggio a Mario Capecchi che sta prodigando tante energie per aiutare Bologna aportarsi all’avanguardia internazionale nella formazione e nella ricerca genetica e genomicain medicina.
Come ha detto il nostro Sindaco, la sfida più importante della ricerca genetica, che è oggi considerata come il campo con il più forte indotto di innovazione industriale, è quella di utilizzare l’enorme e crescente quantità di dati sui genomi umani individuali per migliorare la salute pubblica, in particolare per prevenire e curare le malattie genetiche, incluso il cancro.
Per affrontare questa importante sfida, la formazione avanzata in genetica umana e medica sono i presupposti essenziali e la nostra Scuola Europea di Medicina Genetica è unanimemente riconosciuta come il centro di eccellenza europeo per la formazione dei giovani genetisti medici.
Oggi purtroppo a causa della grave crisi economica che colpisce anche tutte le Università e tutti gli Istituti di ricerca europei, come ben sa il nostro Rettore, il numero degli iscritti ai corsi di questa Scuola che erano 500-600 all’anno fino al 2010 si è dimezzato. Sempre a causa di questa crisi, a partire dall’autunno prossimo la Scuola dovrà rinunciare alla sua sede di Ronzano ed i corsi del 2013 sono a rischio di sopravvivenza.
Dopo aver formato nei suoi 25 anni di storia circa 7000 studenti provenienti da tutta l’Europa, dalla sponda Sud del Mediterraneo, dal Medio Oriente e da altre parti del mondo la Scuola dovrà probabilmente chiudere i suoi battenti prima della fine di quest’anno.
Desidero perciò lanciare un appello ai nostri concittadini, alle Istituzioni ed agli imprenditori bolognesi perché venga salvato il patrimonio di ricerca e di formazione che la Scuola ha costruito in tutti questi anni e che oggi ha sede a Bologna. La vostra risposta sarà un segnale importante di questa città alla sfida dell’internazionalizzazione".