Comunicati stampa

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IL CONSIGLIO COMUNALE RICORDA MAURIZIO CEVENINI, L'INTERVENTO DEL CONSIGLIERE SERGIO LO GIUDICE (PD)


Di seguito l'intervento del consigliere Sergio Lo Giudice ( capogruppo PD ) in ricordo di Maurizio Cevenini.

"Venendolo a salutare, Romano Prodi ha detto di Maurizio Cevenini alcune semplici parole che parlano per tutti noi: se avesse pensato ...

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Di seguito l'intervento del consigliere Sergio Lo Giudice ( capogruppo PD ) in ricordo di Maurizio Cevenini.

"Venendolo a salutare, Romano Prodi ha detto di Maurizio Cevenini alcune semplici parole che parlano per tutti noi: se avesse pensato a quanto affetto si sarebbe levato da Bologna di fronte alla sua scomparsa non avrebbe potuto spiccare il volo e andarsene via.
Aggiungo che se in quel momento avesse pensato a quanto dolore la sua morte avrebbe provocato, lui che tutti ricordiamo come un uomo buono e generoso, non avrebbe avuto la forza di lasciarci.
Ma ci sono momenti in cui i pensieri si dileguano e la razionalità appare un intralcio, una sovrastruttura scomoda e inutile di fronte ai tormenti del cuore, al tracimare dell’emotività in territori non suoi, prima difesi con cura dalle mura della razionalità e ora sotto il dominio impazzito del cuore e delle sue ragioni, quelle che, per dirla con Pascal, la ragione stessa non conosce e non è in grado di decifrare e di spiegare secondo i suoi criteri.
Eppure tutti noi in questi giorni abbiamo sentito il bisogno di trovare una spiegazione, un motivo comprensibile che ci aiutasse a superare questo momento, a elaborare quel lutto collettivo che abbiamo letto ognuno nello sguardo degli altri unito alla difficoltà di trovare gli strumenti per elaborarlo.

“Dolor hic tibi proderit olim”, scriveva Ovidio: un giorno questo dolore ti sarà utile. Allora proviamo a resistere, saldi, come ci invita a fare il poeta, e a comprendere come trarre giovamento da questa esperienza. A comprendere cioè, come anche quest’ultima testimonianza di Maurizio possa essere utile alla città, come lui avrebbe voluto. Perché una cosa è certa: quel gesto ha già lasciato un segno profondo nella nostra comunità. Starà alla responsabilità e alla buona volontà di tutti fare in modo che quel segno non vada nella direzione della disgregazione e della lacerazione ma contribuisca a costruire un nuovo orizzonte di senso utile alla comunità in questo momento di crisi economica che rischia di diventare crisi sociale.

In questi pochi minuti vorrei provare, a nome delle consigliere e i consiglieri del Gruppo del Partito Democratico, a muovere qualche passo in questa direzione, per dare, comunque, un senso a questa storia.

Lo faccio iniziando a ricordare il rapporto forte e intenso che legava Maurizio al suo partito, a quel Partito Democratico che aveva contribuito a fondare da protagonista. E, prima ancora, alle altre esperienze di partito che avevano accompagnato la sua vita: dalla diffusione porta a porta dell’Unità, da ventenne militante del PCI, alla fondazione del PDS, salto storico di una comunità politica di democratici e riformisti che seppe mettere in discussione se stessa e le proprie radici per consegnare al Paese una nuova prospettiva di trasformazione. Cevenini in quegli anni faceva parte di quel vivaio di giovani amministratori a cui fu affidato il compito difficile di quel traghettamento.

Pochi anni più tardi Maurizio si trovo’ a dovere gestire, ancora da protagonista, un altro passaggio doloroso: la sconfitta del centrosinistra alle amministrative. Anche in quel caso, a lui fu affidato un compito importante e delicato: la vice presidenza del Consiglio comunale, che seppe condurre con quell’equilibrio che da allora gli venne sempre riconosciuto da compagni di partito e avversari politici. Fino ad arrivare al momento più difficile, prima di questi giorni, per il centrosinistra bolognese: il commissariamento del Comune a cui seguì, di nuovo, la discesa in campo del soldato Cevenini, stavolta con i gradi di comandante in capo, di Sindaco in pectore, designato dal suo partito come suo alfiere alle primarie, fino all’epilogo del malore e della brusca interruzione di quel percorso.
Ho voluto citare i quattro passaggi più delicati della storia del centrosinistra bolognese negli ultimi venticinque anni: l’abbandono dei simboli del comunismo, la sconfitta alle elezioni amministrative, la nascita del Partito Democratico e il commissariamento di Bologna. Quattro momenti in cui una comunità di donne e uomini si è faticosamente ma coraggiosamente messa in discussione e ha saputo, insieme, tracciare la strada per un cambiamento. In tutte quelle occasioni, il Cev c’era. Quel ragazzo che a vent’anni, come tanti suoi coetanei, dedicava le sue domeniche mattina a tenere unita una comunità umana e politica, ha poi intrecciato la sua vita con quella del suo partito. Maurizio sapeva bene come un partito non è solo un insieme di gruppi dirigenti ma un corpo vivo, un’intelligenza collettiva, nel momento della discussione politica - in riunioni non più fumose da quando lui stesso aveva messo il veto al fumo in quei luoghi - come in quello della socializzazione, in sezione come alle Feste dell’Unità. A quel partito, a quella storia di partiti legati l’uno all’altro dallo stesso filo di speranza nel cambiamento, Maurizio aveva legato in materia forte, viscerale, la propria azione.

La sua originalità rispetto a tutti noi, la forza travolgente della sua proposta è stata quella di essere in grado di ammodernare e rendere pratica quotidiana una tendenza antica del partitone bolognese: essere una forza popolare, fisicamente presente nei luoghi della città, percepita come vicina da chi è più distante dai palazzi e dai luoghi della decisione.
Il futuro ha un cuore antico, come ci ha insegnato Carlo Levi. Il lascito più grande di Maurizio sta forse in questo, nell’averci insegnato a non dimenticare e ad aggiornare quella caratteristica che ha reso esemplare un sindaco come Giuseppe Dozza: la vicinanza emotiva con la città, la presenza nella quotidianità, l’ascolto paziente.
C’era una frase scherzosa con cui spesso Maurizio si accomiatava da un impegno istituzionale o da una riunione politica: “Vado sul territorio”, diceva. Una frase apparentemente in politichese, ma pronunciata con la lieve ironia che gli era propria e che conteneva una verità importante: il nostro posto principale è dove stanno le persone, nei luoghi in cui si svolge la vita della città e dei suoi abitanti; la nostra forza è di starci non da singoli individui ma da portatori di un progetto collettivo di cambiamento, forti di proposte e obiettivi condivisi da una comunità di donne e uomini, testimoni di una storia che vuole guardare lontano perché si avvale di tanti occhi e tante menti.

Maurizio era la persona perbene che regalava sorrisi e strette di mano, ma non era una qualunque persona perbene. Era un esperto del funzionamento della macchina amministrativa, un profondo conoscitore dei meccanismi della politica, uno che non imboniva con promesse, ma sapeva suscitare il senso di appartenenza ad un obiettivo comune ma anche il comune senso di responsabilità di fronte alle difficoltà del reale. Non un civico prestato alla politica, ma un politico di razza che ha saputo parlare alla città con la mente e con il cuore, come spesso la politica non è più in grado di fare.

Ripensare la politica come rapporto costante con la città, sapere leggere con umiltà e dedizione i bisogni della popolazione, costruire un modo di comunicazione popolare ma non populista, comprendere che la semplicità e la leggerezza dei modi non sono limiti ma risorse, perché in politica sono la complicazione e la pesantezza ad essere zavorre e non i loro contrari. Questo è il contributo che Maurizio ci ha consegnato.
Se non saremo in grado di farne tesoro, legheremo queste doti all’eccezionalità del Cev e consegneremo la sua storia al mito. Se saremo capaci di fare entrare in noi questa testimonianza, allora riusciremo a fare vivere l’esperienza e l’insegnamento di Maurizio nella Bologna dei prossimi anni.
Io spero che avremo la forza e l’umiltà di seguire questa strada. Così, solo così, potremo dire senza timore di smentite che il Cev c’è ancora, non solo nei nostri cuori e nei nostri ricordi ma nel procedere del cammino di quella comunità che lui ha amato così tanto, essendone così tanto riamato.

E a me tornano in mente le parole di un altro nostro amico e compagno che se n’è andato troppo presto, Tom Benetollo, che scriveva:
“In questa notte scura, qualcuno di noi, nel suo piccolo, è come quei “lampadieri” che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all’indietro, appoggiata sulla spalla, con il lume in cima. Così il “lampadiere” vede poco davanti a sé, ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri. Qualcuno ci prova. Non per eroismo o narcisismo, ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si è. Credi”.
Ecco, se vorremo ritrovare Maurizio accanto a noi, lo dovremo cercare lì, sempre dalla stessa parte, come ci ha detto Federica, dal lato buono della vita".

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:14
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