CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DELLA CONSIGLIERA CATHY LA TORRE (AMELIA PER BO) SULLA CAMPAGNA "LASCIATECIENTRARE"
Di seguito il testo dell'intervento d'inizio seduta della consigliera Cathy La Torre (Amelia per BO) sulla campagna LasciateCIEntrare.
"Ancora una volta, è la quarta da quando è iniziato il mandato, intervengo per parlare a voi e alla città...
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Di seguito il testo dell'intervento d'inizio seduta della consigliera Cathy La Torre (Amelia per BO) sulla campagna LasciateCIEntrare.
"Ancora una volta, è la quarta da quando è iniziato il mandato, intervengo per parlare a voi e alla città dei Centri di Identificazione ed Espulsione.
Lo faccio perché spero che anche attraverso questi miei interventi le persone rinchiuse in questi luoghi non siano, e troppo spesso lo sono, dimenticate.
Lo faccio in occasione di un'iniziativa promossa, tra gli altri, dalla Rete Primo Marzo, dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Art.21, CGIL e ARCI.
La campagna di mobilitazione LasciateCIEntrare è nata a seguito del divieto di accesso alla stampa nei CIE istituito dall’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni.
A dicembre 2011 il neo Ministro Cancellieri ha sospeso il divieto, ma ancora oggi sapere e raccontare cosa accade in questi luoghi è estremamente difficile a causa della discrezionalità con la quale le richieste di accesso vengono gestite e trattate.
LasciateCIEntrare è una mobilitazione civile e politica per affermare il diritto di poter sapere, conoscere e informare sulle condizioni di migliaia di migranti, uomini donne e minori detenuti nei CIE.
Attraverso l’ingresso nelle strutture di parlamentari, consiglieri regionali, giornalisti e rappresentanti delle società civile - questa mattina l’on. Sandra Zampa e il segretario della Camera del Lavoro hanno visitato il CIE di Bologna – si vuole ripristinare e garantire il diritto all’informazione.
Ma non solo: obiettivi della campagna, che vedrà visite in molti CIE italiani, sono il monitoraggio delle strutture, la prevenzione degli abusi che troppo spesso vi avvengono nel silenzio, l’informazione alle persone recluse sui loro diritti, l’emersione dei casi di ingiusta detenzione – casi molto frequenti, da questi banchi sono intervenuta su due di questi negli ultimi mesi.
Come già denunciato, in queste strutture si consumano nel silenzio atti di disperazione, gesti di autolesionismo, tentativi di suicidio, morti.
La stessa Commissione Diritti Umani del Senato nel suo ultimo rapporto sui luoghi di detenzione in Italia ha denunciato la condizione disumana, degradante e lesiva dei diritti fondamentali che vivono le persone recluse nei CIE.
La situazione non potrà che peggiorare, data anche la volontà per ora non smentita, di indire gare al massimo ribasso per la gestione di queste strutture che prevedono come base d’asta la spesa giornaliera di 30 euro a detenuto, quando per ogni detenuto in carcere si spende mediamente il quadruplo.
Per questo molte voci, tra le quali la stessa Livia Turco che propose la legge d'istituzione di queste strutture, parlano ormai apertamente di superamento di queste strutture e della così detta detenzione amministrativa che si può protrarre per ben 18 mesi – più a lungo di molte detenzioni penali.
Molte voci ormai concordano: nella natura stessa di questo istituto è insita una violazione dei diritti fondamentali.
Ogni caso singolo che è riuscito a emergere dal silenzio ci parla di storie e relazioni, ognuna è particolare e unica.
Ma soprattutto ognuno di questi casi è un segnale di emergenza, un campanello di allarme e ci interroga profondamente.
Che società siamo? Che società crediamo di essere? Che società vogliamo essere?
Ci riconosciamo in quegli agenti che sul volo Roma - Tunisi di martedì hanno ritenuto normale prassi imbavagliare con lo scotch da pacchi due uomini che resistevano al rimpatrio?
Rimpatrio al quale resistono anche molti detenuti dei CIE, che non comprendono la natura del loro reato perché non hanno prodotto alcuna condotta che non sia non avere un pezzo di carta. Queste persone si ribellano ad una pena comminata senza giudice e tribunale, senza diritto di difesa.
Siamo quegli agenti?
Siamo quei passeggeri indifferenti?
O siamo quei due ragazzi che, unici su quel volo ,sono intervenuti indignati e hanno protestato perché in quella scena hanno riconosciuto una deriva pericolosa e preoccupante?
Capisco di ritornare spesso su questi temi, quando la città ha molti problemi, ma penso che non sia meno meritevole di pensiero il fatto che a due chilometri dal centro città vengono violati sistematicamente i principali diritti umani".
"Ancora una volta, è la quarta da quando è iniziato il mandato, intervengo per parlare a voi e alla città dei Centri di Identificazione ed Espulsione.
Lo faccio perché spero che anche attraverso questi miei interventi le persone rinchiuse in questi luoghi non siano, e troppo spesso lo sono, dimenticate.
Lo faccio in occasione di un'iniziativa promossa, tra gli altri, dalla Rete Primo Marzo, dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Art.21, CGIL e ARCI.
La campagna di mobilitazione LasciateCIEntrare è nata a seguito del divieto di accesso alla stampa nei CIE istituito dall’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni.
A dicembre 2011 il neo Ministro Cancellieri ha sospeso il divieto, ma ancora oggi sapere e raccontare cosa accade in questi luoghi è estremamente difficile a causa della discrezionalità con la quale le richieste di accesso vengono gestite e trattate.
LasciateCIEntrare è una mobilitazione civile e politica per affermare il diritto di poter sapere, conoscere e informare sulle condizioni di migliaia di migranti, uomini donne e minori detenuti nei CIE.
Attraverso l’ingresso nelle strutture di parlamentari, consiglieri regionali, giornalisti e rappresentanti delle società civile - questa mattina l’on. Sandra Zampa e il segretario della Camera del Lavoro hanno visitato il CIE di Bologna – si vuole ripristinare e garantire il diritto all’informazione.
Ma non solo: obiettivi della campagna, che vedrà visite in molti CIE italiani, sono il monitoraggio delle strutture, la prevenzione degli abusi che troppo spesso vi avvengono nel silenzio, l’informazione alle persone recluse sui loro diritti, l’emersione dei casi di ingiusta detenzione – casi molto frequenti, da questi banchi sono intervenuta su due di questi negli ultimi mesi.
Come già denunciato, in queste strutture si consumano nel silenzio atti di disperazione, gesti di autolesionismo, tentativi di suicidio, morti.
La stessa Commissione Diritti Umani del Senato nel suo ultimo rapporto sui luoghi di detenzione in Italia ha denunciato la condizione disumana, degradante e lesiva dei diritti fondamentali che vivono le persone recluse nei CIE.
La situazione non potrà che peggiorare, data anche la volontà per ora non smentita, di indire gare al massimo ribasso per la gestione di queste strutture che prevedono come base d’asta la spesa giornaliera di 30 euro a detenuto, quando per ogni detenuto in carcere si spende mediamente il quadruplo.
Per questo molte voci, tra le quali la stessa Livia Turco che propose la legge d'istituzione di queste strutture, parlano ormai apertamente di superamento di queste strutture e della così detta detenzione amministrativa che si può protrarre per ben 18 mesi – più a lungo di molte detenzioni penali.
Molte voci ormai concordano: nella natura stessa di questo istituto è insita una violazione dei diritti fondamentali.
Ogni caso singolo che è riuscito a emergere dal silenzio ci parla di storie e relazioni, ognuna è particolare e unica.
Ma soprattutto ognuno di questi casi è un segnale di emergenza, un campanello di allarme e ci interroga profondamente.
Che società siamo? Che società crediamo di essere? Che società vogliamo essere?
Ci riconosciamo in quegli agenti che sul volo Roma - Tunisi di martedì hanno ritenuto normale prassi imbavagliare con lo scotch da pacchi due uomini che resistevano al rimpatrio?
Rimpatrio al quale resistono anche molti detenuti dei CIE, che non comprendono la natura del loro reato perché non hanno prodotto alcuna condotta che non sia non avere un pezzo di carta. Queste persone si ribellano ad una pena comminata senza giudice e tribunale, senza diritto di difesa.
Siamo quegli agenti?
Siamo quei passeggeri indifferenti?
O siamo quei due ragazzi che, unici su quel volo ,sono intervenuti indignati e hanno protestato perché in quella scena hanno riconosciuto una deriva pericolosa e preoccupante?
Capisco di ritornare spesso su questi temi, quando la città ha molti problemi, ma penso che non sia meno meritevole di pensiero il fatto che a due chilometri dal centro città vengono violati sistematicamente i principali diritti umani".