CONSIGLIO COMUNALE: INTERVENTO DI INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE LORENZO CIPRIANI (AMELIA PER BO) SULL'ARTICOLO 18
Si trasmette il testo dell'intervento di inizio seduta del consigliere Lorenzo Cipriani (Amelia per Bo) sull'articolo 18.
"La discussione alimentata da esponenti politici nazionali di tutti i partiti, dai massimi dirigenti sindacali, dai verti...
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Si trasmette il testo dell'intervento di inizio seduta del consigliere Lorenzo Cipriani (Amelia per Bo) sull'articolo 18.
"La discussione alimentata da esponenti politici nazionali di tutti i partiti, dai massimi dirigenti sindacali, dai vertici delle organizzazioni rappresentative del mondo imprenditoriale e, purtroppo, anche da affermazioni inopportune da parte di ministri dell’attuale governo, come Elsa Fornero, sulla necessità di una riforma dell’attuale legislazione sul lavoro sta vertendo principalmente
sull’obiettivo primario di chi auspica la libertà di licenziamento: l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Questa discussione per certi versi mi ricorda il film di Fellini “I Vitelloni”, specificamente in quella scena in cui un giovane Alberto Sordi, sfrecciando su una decapottabile davanti a un gruppo di braccianti si esibisce nel gesto dell’ombrello accompagnato da una pernacchia indirizzata ai lavoratori.
Chi, adesso, a destra, al centro e – in un certo senso – anche a sinistra parla di modifiche all’articolo 18 – o della sua cancellazione - spacciandole per riforme e modernismo dovrebbe tenere bene a mente quella scena del film. Quando la macchina si ferma, non vuol saperne di ripartire, e un gruppo giustamente inferocito di lavoratori si lancia incontro ai vitelloni – questi tecnici ante litteram – per manifestare loro la propria legittima opinione.
Scherzi a parte, la discussione in corso verte su una menzogna che, ripetuta cento, mille e diecimila volte crea crepe nell’opinione pubblica: la menzogna è che l’articolo 18, impedendo il licenziamento individuale, costituisca un freno agli investimenti o alla crescita dimensionale delle imprese.
La verità è che l’articolo 18 diversamente da ciò che si dice o si lascia intendere, non impedisce affatto il licenziamento individuale, ma si limita a prevederne l’inefficacia (ossia l’inidoneità a rompere il contratto di lavoro) ove detto licenziamento sia privo di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo (e cioè attinente alla condotta del lavoratore) o oggettivo (e cioè attinente alla gestione dell’impresa da parte del datore di lavoro).
La verità è che la possibilità per il giudice di reintegrare un lavoratore illegittimamente licenziato non rappresenta affatto un unicum italiano, essendo prevista negli ordinamenti di altri 14 paesi dell’Unione Europea su un totale di 27, come peraltro conferma l’indice di rigidità del mercato del lavoro attribuito all’Italia nelle tabelle statistico comparative dell’OCSE, laddove il nostro Paese occupa la zona mediana della classifica, insieme a paesi come la Germania e la Francia; ma soprattutto, la verità è che tale forma di tutela non esplica effetti soltanto al momento dell’eventuale licenziamento ma anche e soprattutto nel corso dell’intero rapporto di lavoro, essendo precondizione del concreto esercizio, da parte dei lavoratori, di ogni altro fondamentale diritto (sindacale, retributivo, alla professionalità, alla salute e sicurezza sul lavoro ecc.), il cui formale riconoscimento sarebbe in concreto vanificato, ove il datore di lavoro avesse la possibilità di licenziare accampando motivazioni non suscettibili di controllo da parte del giudice; Se possono licenziarmi con tre buste e un calcio nel sedere difficilmente porrò problemi sindacali, retributivi, di salute...quindi sotto questo aspetto, il 18 si configura come una tutela democratica, prima che tecnica nel rapporto di lavoro.
Ciò di cui vorremmo si parlasse è “il quadro attuale del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da altri tassi di disoccupazione giovanile e femminile, precarietà diffusa, pressoché totale assenza di diritti e di ammortizzatori sociali per milioni di lavoratori non tutelati dagli strumenti a disposizione dei lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato; oppure della situazione di enorme difficoltà vissuta dalle imprese e dagli artigiani, che sono molto più interessati a ottenere accesso al credito e minore burocrazia
piuttosto che la libertà indiscriminata di licenziare; credo e sono fermamente convinto del fatto che il Governo debba concentrarsi sull’estensione delle tutele a quelle categorie di lavoratori che ne sono oggi prive – in primis i giovani - anziché dare il via libera alla libertà di licenziamento.
Per questo, credo e mi auguro che il Consiglio Comunale di Bologna possa approvare in seduta odierna un odg – che porterò alla Presidenza – in cui chiedere al Governo di non procedere alla modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori bensì di attuare provvedimenti che comportino la diminuzione del costo del lavoro, l’estensione dei diritti a quelle forme di impiego che attualmente ne sono sprovviste e l’assegnazione di nuove ingenti risorse per gli ammortizzatori sociali, indispensabili ad una loro generalizzazione e universalizzazione."
"La discussione alimentata da esponenti politici nazionali di tutti i partiti, dai massimi dirigenti sindacali, dai vertici delle organizzazioni rappresentative del mondo imprenditoriale e, purtroppo, anche da affermazioni inopportune da parte di ministri dell’attuale governo, come Elsa Fornero, sulla necessità di una riforma dell’attuale legislazione sul lavoro sta vertendo principalmente
sull’obiettivo primario di chi auspica la libertà di licenziamento: l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Questa discussione per certi versi mi ricorda il film di Fellini “I Vitelloni”, specificamente in quella scena in cui un giovane Alberto Sordi, sfrecciando su una decapottabile davanti a un gruppo di braccianti si esibisce nel gesto dell’ombrello accompagnato da una pernacchia indirizzata ai lavoratori.
Chi, adesso, a destra, al centro e – in un certo senso – anche a sinistra parla di modifiche all’articolo 18 – o della sua cancellazione - spacciandole per riforme e modernismo dovrebbe tenere bene a mente quella scena del film. Quando la macchina si ferma, non vuol saperne di ripartire, e un gruppo giustamente inferocito di lavoratori si lancia incontro ai vitelloni – questi tecnici ante litteram – per manifestare loro la propria legittima opinione.
Scherzi a parte, la discussione in corso verte su una menzogna che, ripetuta cento, mille e diecimila volte crea crepe nell’opinione pubblica: la menzogna è che l’articolo 18, impedendo il licenziamento individuale, costituisca un freno agli investimenti o alla crescita dimensionale delle imprese.
La verità è che l’articolo 18 diversamente da ciò che si dice o si lascia intendere, non impedisce affatto il licenziamento individuale, ma si limita a prevederne l’inefficacia (ossia l’inidoneità a rompere il contratto di lavoro) ove detto licenziamento sia privo di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo (e cioè attinente alla condotta del lavoratore) o oggettivo (e cioè attinente alla gestione dell’impresa da parte del datore di lavoro).
La verità è che la possibilità per il giudice di reintegrare un lavoratore illegittimamente licenziato non rappresenta affatto un unicum italiano, essendo prevista negli ordinamenti di altri 14 paesi dell’Unione Europea su un totale di 27, come peraltro conferma l’indice di rigidità del mercato del lavoro attribuito all’Italia nelle tabelle statistico comparative dell’OCSE, laddove il nostro Paese occupa la zona mediana della classifica, insieme a paesi come la Germania e la Francia; ma soprattutto, la verità è che tale forma di tutela non esplica effetti soltanto al momento dell’eventuale licenziamento ma anche e soprattutto nel corso dell’intero rapporto di lavoro, essendo precondizione del concreto esercizio, da parte dei lavoratori, di ogni altro fondamentale diritto (sindacale, retributivo, alla professionalità, alla salute e sicurezza sul lavoro ecc.), il cui formale riconoscimento sarebbe in concreto vanificato, ove il datore di lavoro avesse la possibilità di licenziare accampando motivazioni non suscettibili di controllo da parte del giudice; Se possono licenziarmi con tre buste e un calcio nel sedere difficilmente porrò problemi sindacali, retributivi, di salute...quindi sotto questo aspetto, il 18 si configura come una tutela democratica, prima che tecnica nel rapporto di lavoro.
Ciò di cui vorremmo si parlasse è “il quadro attuale del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da altri tassi di disoccupazione giovanile e femminile, precarietà diffusa, pressoché totale assenza di diritti e di ammortizzatori sociali per milioni di lavoratori non tutelati dagli strumenti a disposizione dei lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato; oppure della situazione di enorme difficoltà vissuta dalle imprese e dagli artigiani, che sono molto più interessati a ottenere accesso al credito e minore burocrazia
piuttosto che la libertà indiscriminata di licenziare; credo e sono fermamente convinto del fatto che il Governo debba concentrarsi sull’estensione delle tutele a quelle categorie di lavoratori che ne sono oggi prive – in primis i giovani - anziché dare il via libera alla libertà di licenziamento.
Per questo, credo e mi auguro che il Consiglio Comunale di Bologna possa approvare in seduta odierna un odg – che porterò alla Presidenza – in cui chiedere al Governo di non procedere alla modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori bensì di attuare provvedimenti che comportino la diminuzione del costo del lavoro, l’estensione dei diritti a quelle forme di impiego che attualmente ne sono sprovviste e l’assegnazione di nuove ingenti risorse per gli ammortizzatori sociali, indispensabili ad una loro generalizzazione e universalizzazione."