25 APRILE, DISCORSO DEL SINDACO DI BOLOGNA VIRGINIO MEROLA
Si trasmette il discorso del Sindaco di Bologna, Virginio Merola, tenuto questa mattina in Piazza Nettuno in occasione delle celebrazioni della festa della Liberazione:
"Care cittadine, cari cittadini,
Se 67 anni fa i partigiani, insieme agli...
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Si trasmette il discorso del Sindaco di Bologna, Virginio Merola, tenuto questa mattina in Piazza Nettuno in occasione delle celebrazioni della festa della Liberazione:
"Care cittadine, cari cittadini,
Se 67 anni fa i partigiani, insieme agli alleati, non avessero vinto, noi di sicuro non avremmo avuto in Europa un così lungo periodo di democrazia, di pace, di conquiste sociali e civili. Grazie alla Resistenza, la costituzione è il fondamento e il percorso democratico aperto della nostra Repubblica, una e indivisibile.
Perciò diciamolo chiaro, insieme agli antifascisti romani, a quegli studenti neofascisti che hanno disturbato in una scuola la lezione del partigiano Mario Bottazzi: la ricostruzione del disciolto partito fascista è vietata e la verità è scritta: il fascismo è stata una dittatura che ha incarcerato persone innocenti per le loro idee, che ha permesso l’infamia delle leggi razziali contro gli ebrei e ha collaborato attivamente alla loro deportazione, che ha portato il Paese al disastro della Seconda Guerra mondiale. Se vogliamo costruire l’unione politica dell’Europa il nemico ancora attuale sono i movimenti antidemocratici, razzisti, xenofobi, che nel nostro continente provano a rialzare la testa, strumentalizzando la crisi economica, la disoccupazione, i bassi salari, indicando negli altri, a cominciare dagli stranieri, nelle forze democratiche e antifasciste il capro espiatorio, la causa dei mali, spingendo per soluzioni nazionalistiche e autoritarie.
Noi dobbiamo sapere reagire rinnovando la promessa mantenuta dell’Europa che seppero costruire i partigiani e gli alleati vincitori del nazifascismo. Cosa era questa promessa? Due parole: UNIONE e WELFARE.
UNIONE: La prospettiva dell’unità europea e quindi della pace prima di tutto, della costruzione di una sovranità sovranazionale come garanzia e certezza che non ci sarebbero più state guerre fratricide tra gli europei e come ruolo rinnovato del futuro del continente europeo nel mondo.
Oggi siamo chiamati anche noi a decidere se andare avanti sulla strada dell’Europa federale unita o ripiegare sul nazionalismo, in questa crisi così difficile, che sta mettendo alla prova la tenuta sociale delle persone e delle famiglie, ma anche la tenuta democratica del nostro Paese. Per uscire da questa crisi non dobbiamo pensare a come rafforzare la nostra sovranità nazionale, né soggiogare altri stati in modo punitivo come si è fatto con la Grecia. Dobbiamo lavorare perché gli Stati europei condividano una comune politica di bilancio e di crescita economica, una comune politica per l’occupazione e per il sostegno alle imprese, per tenere unito il lavoro contro la rendita e la speculazione finanziaria.
E qui entra i gioco l’altra parola che ha dato vita all’Europa: il WELFARE, lo stato sociale.
La libertà vive insieme alla giustizia sociale. Prima della Seconda Guerra mondiale troppi ceti popolari sono stati ridotti a individui isolati o aggregati in corporazioni, ceti popolari che accettarono le dittature pur di avere l'illusione di essere protetti e rassicurati, anche se a spese degli altri e della libertà. Non si costruisce l’Europa con un ceto di persone ricchissime e insieme disoccupazione, bassi salari per i lavoratori, impoverimento del ceto medio, riduzione dei servizi sociali, sanitari e scolastici.
La promessa originaria dell’Europa è perciò la strada per la salvezza dei nostri Paesi in questa crisi durissima: una visione politica federale e una prospettiva di eguaglianza e solidarietà nelle nostre società e tra gli stati membri.
Noi siamo chiamati a fare questa scelta non scontata e difficile non nel vivo di una guerra come fecero i nostri Partigiani. Grazie a loro abbiamo le armi della democrazia e della non violenza.
Bologna ha pagato a caro prezzo la libertà. E’ stata una delle città italiane più colpite. Fra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945 la città conobbe un duro regime di occupazione nazista e fascista. La nostra città ha subìto bombardamenti aerei e rappresaglie naziste, come quella di Monte Sole. I morti civili caduti sotto i bombardamenti sono stati 2.481, mentre i partigiani caduti sono stati 2.064. Lasciamo parlare questi numeri. E’ doveroso per noi oggi ricordarli tutti, ancora una volta, e ancora per gli anni a venire: è anche grazie a loro se oggi possiamo vivere e costruire un futuro in un Paese libero, democratico, fondato su principi di uguaglianza e solidarietà.
Per tenere viva la memoria e assolvere al compito educativo che abbiamo verso le giovani generazioni, è a disposizione sul sito web del Comune un percorso virtuale dedicato agli episodi che hanno caratterizzato la Resistenza in città. Offre le informazioni sui caduti, le battaglie, le brigate partigiane ed i luoghi protagonisti dell'insurrezione contro il nazifascismo.
Voglio lodare l’iniziativa della Cineteca di sabato scorso, giorno in cui abbiamo ricordato la Liberazione di Bologna: nel Cortile del Cinema Lumière le archiviste che custodiscono i fondi fotografici della Cineteca hanno accolto i cittadini che hanno portato le proprie fotografie risalenti agli anni della Seconda Guerra Mondiale e a quelli immediatamente successivi, per partecipare alla costruzione di quella immensa mappatura della memoria bolognese già conservata nell’Archivio fotografico.
La Cineteca ha poi voluto proseguire nelle celebrazioni della Liberazione nazionale con una serie di proiezioni, e questo pomeriggio, alle 15.30, al Cinema Lumiere verrà trasmesso “LA MIA BANDIERA. LA RESISTENZA AL FEMMINILE” di Giuliano Bugani e Salvo Lucchese. Un docu-film sul coraggio e il sacrificio delle donne negli anni della Resistenza.
Questo Sacrario di Piazza Nettuno, nel cuore della città, è un luogo nato spontaneamente, grazie a gruppi di donne che cominciarono a deporre fiori ed affiggere foto dei loro cari sul muro dove erano stati fucilati molti partigiani.
Sono state oltre 2.200 le partigiane combattenti. Amedea Zanarini, partigiana, attiva dal Dopoguerra in avanti per i diritti delle donne, nel docu-film “La mia bandiera. La Resistenza al femminile”, che prima ho citato, spiega: “Mio padre diceva sempre ‘ma se tu fossi un maschio potresti vendicare tuo zio’ … Perché non lo posso fare anche se sono una donna? Ho partecipato alla lotta partigiana con questo spirito”.
Uno spirito forte, che ha accompagnato tutte le donne che hanno contribuito alla lotta di Liberazione.
Nel parco di Villa Spada in via Saragozza è stato edificato il monumento alle donne partigiane. Sul muro che sale sulla collina, una fila di mattoni rossi porta incisi i nomi di 128 donne morte per la libertà. La memoria è fondamentale: ed è bene ricordare di più e meglio il contributo dato dalle donne nel periodo della Resistenza. Non possiamo permetterci di dimenticare donne esemplari del nostro Paese o, peggio, vederle infangate come successo qualche giorno fa nei confronti di Nilde Jotti da persone che non sono degne nemmeno di pronunciare il suo nome.
L’Europa democratica dovrà interrogarsi, nel vivo di questa crisi, sulla esigenza di valorizzare il contributo che le donne possono dare in modo decisivo e determinante a superare e ad avviare una ripresa economica e civile. Se non ora quando è la domanda recente del movimento delle donne: dobbiamo sentirci impegnati a dare una risposta condivisa e conseguente.
Molto fecero le donne in battaglia e nella vita quotidiana durante la guerra e la Resistenza. Contribuirono in modo determinante al lavoro e alla cura della società gravemente colpita dal fascismo. Poi finì la guerra e quel ruolo e quella libertà conquistata vennero ridimensionate, compromesse e richiesero, e richiedono ancora oggi, che le donne reagiscano per vedere riconosciuti pienamente i loro diritti di cittadinanza.
Dobbiamo recuperare dalle donne partigiane e dalle donne di questa città il coraggio, la capacità di avere fiducia nella possibilità di cambiare e di ricostruire una prospettiva per noi stessi, i nostri cari e il nostro Paese.
Oggi per molti giovani è come affrontare una guerra non dichiarata: non sanno quando e come troveranno un lavoro o costruirsi una famiglia con qualche certezza. Ma i valori della Resistenza e della Costituzione sono la bussola e gli anticorpi per contrastare il rischio autoritario o la disgregazione e il declino del nostro Paese. L’ho letto sui volti di tante ragazze e ragazzi che l’altra sera festeggiavano assieme la Resistenza al Pratello.
Stiamo uniti e andiamo avanti, insieme, per Bologna, per l’Europa unita e per la giustizia sociale.
Viva la Resistenza, Viva la Repubblica".
"Care cittadine, cari cittadini,
Se 67 anni fa i partigiani, insieme agli alleati, non avessero vinto, noi di sicuro non avremmo avuto in Europa un così lungo periodo di democrazia, di pace, di conquiste sociali e civili. Grazie alla Resistenza, la costituzione è il fondamento e il percorso democratico aperto della nostra Repubblica, una e indivisibile.
Perciò diciamolo chiaro, insieme agli antifascisti romani, a quegli studenti neofascisti che hanno disturbato in una scuola la lezione del partigiano Mario Bottazzi: la ricostruzione del disciolto partito fascista è vietata e la verità è scritta: il fascismo è stata una dittatura che ha incarcerato persone innocenti per le loro idee, che ha permesso l’infamia delle leggi razziali contro gli ebrei e ha collaborato attivamente alla loro deportazione, che ha portato il Paese al disastro della Seconda Guerra mondiale. Se vogliamo costruire l’unione politica dell’Europa il nemico ancora attuale sono i movimenti antidemocratici, razzisti, xenofobi, che nel nostro continente provano a rialzare la testa, strumentalizzando la crisi economica, la disoccupazione, i bassi salari, indicando negli altri, a cominciare dagli stranieri, nelle forze democratiche e antifasciste il capro espiatorio, la causa dei mali, spingendo per soluzioni nazionalistiche e autoritarie.
Noi dobbiamo sapere reagire rinnovando la promessa mantenuta dell’Europa che seppero costruire i partigiani e gli alleati vincitori del nazifascismo. Cosa era questa promessa? Due parole: UNIONE e WELFARE.
UNIONE: La prospettiva dell’unità europea e quindi della pace prima di tutto, della costruzione di una sovranità sovranazionale come garanzia e certezza che non ci sarebbero più state guerre fratricide tra gli europei e come ruolo rinnovato del futuro del continente europeo nel mondo.
Oggi siamo chiamati anche noi a decidere se andare avanti sulla strada dell’Europa federale unita o ripiegare sul nazionalismo, in questa crisi così difficile, che sta mettendo alla prova la tenuta sociale delle persone e delle famiglie, ma anche la tenuta democratica del nostro Paese. Per uscire da questa crisi non dobbiamo pensare a come rafforzare la nostra sovranità nazionale, né soggiogare altri stati in modo punitivo come si è fatto con la Grecia. Dobbiamo lavorare perché gli Stati europei condividano una comune politica di bilancio e di crescita economica, una comune politica per l’occupazione e per il sostegno alle imprese, per tenere unito il lavoro contro la rendita e la speculazione finanziaria.
E qui entra i gioco l’altra parola che ha dato vita all’Europa: il WELFARE, lo stato sociale.
La libertà vive insieme alla giustizia sociale. Prima della Seconda Guerra mondiale troppi ceti popolari sono stati ridotti a individui isolati o aggregati in corporazioni, ceti popolari che accettarono le dittature pur di avere l'illusione di essere protetti e rassicurati, anche se a spese degli altri e della libertà. Non si costruisce l’Europa con un ceto di persone ricchissime e insieme disoccupazione, bassi salari per i lavoratori, impoverimento del ceto medio, riduzione dei servizi sociali, sanitari e scolastici.
La promessa originaria dell’Europa è perciò la strada per la salvezza dei nostri Paesi in questa crisi durissima: una visione politica federale e una prospettiva di eguaglianza e solidarietà nelle nostre società e tra gli stati membri.
Noi siamo chiamati a fare questa scelta non scontata e difficile non nel vivo di una guerra come fecero i nostri Partigiani. Grazie a loro abbiamo le armi della democrazia e della non violenza.
Bologna ha pagato a caro prezzo la libertà. E’ stata una delle città italiane più colpite. Fra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945 la città conobbe un duro regime di occupazione nazista e fascista. La nostra città ha subìto bombardamenti aerei e rappresaglie naziste, come quella di Monte Sole. I morti civili caduti sotto i bombardamenti sono stati 2.481, mentre i partigiani caduti sono stati 2.064. Lasciamo parlare questi numeri. E’ doveroso per noi oggi ricordarli tutti, ancora una volta, e ancora per gli anni a venire: è anche grazie a loro se oggi possiamo vivere e costruire un futuro in un Paese libero, democratico, fondato su principi di uguaglianza e solidarietà.
Per tenere viva la memoria e assolvere al compito educativo che abbiamo verso le giovani generazioni, è a disposizione sul sito web del Comune un percorso virtuale dedicato agli episodi che hanno caratterizzato la Resistenza in città. Offre le informazioni sui caduti, le battaglie, le brigate partigiane ed i luoghi protagonisti dell'insurrezione contro il nazifascismo.
Voglio lodare l’iniziativa della Cineteca di sabato scorso, giorno in cui abbiamo ricordato la Liberazione di Bologna: nel Cortile del Cinema Lumière le archiviste che custodiscono i fondi fotografici della Cineteca hanno accolto i cittadini che hanno portato le proprie fotografie risalenti agli anni della Seconda Guerra Mondiale e a quelli immediatamente successivi, per partecipare alla costruzione di quella immensa mappatura della memoria bolognese già conservata nell’Archivio fotografico.
La Cineteca ha poi voluto proseguire nelle celebrazioni della Liberazione nazionale con una serie di proiezioni, e questo pomeriggio, alle 15.30, al Cinema Lumiere verrà trasmesso “LA MIA BANDIERA. LA RESISTENZA AL FEMMINILE” di Giuliano Bugani e Salvo Lucchese. Un docu-film sul coraggio e il sacrificio delle donne negli anni della Resistenza.
Questo Sacrario di Piazza Nettuno, nel cuore della città, è un luogo nato spontaneamente, grazie a gruppi di donne che cominciarono a deporre fiori ed affiggere foto dei loro cari sul muro dove erano stati fucilati molti partigiani.
Sono state oltre 2.200 le partigiane combattenti. Amedea Zanarini, partigiana, attiva dal Dopoguerra in avanti per i diritti delle donne, nel docu-film “La mia bandiera. La Resistenza al femminile”, che prima ho citato, spiega: “Mio padre diceva sempre ‘ma se tu fossi un maschio potresti vendicare tuo zio’ … Perché non lo posso fare anche se sono una donna? Ho partecipato alla lotta partigiana con questo spirito”.
Uno spirito forte, che ha accompagnato tutte le donne che hanno contribuito alla lotta di Liberazione.
Nel parco di Villa Spada in via Saragozza è stato edificato il monumento alle donne partigiane. Sul muro che sale sulla collina, una fila di mattoni rossi porta incisi i nomi di 128 donne morte per la libertà. La memoria è fondamentale: ed è bene ricordare di più e meglio il contributo dato dalle donne nel periodo della Resistenza. Non possiamo permetterci di dimenticare donne esemplari del nostro Paese o, peggio, vederle infangate come successo qualche giorno fa nei confronti di Nilde Jotti da persone che non sono degne nemmeno di pronunciare il suo nome.
L’Europa democratica dovrà interrogarsi, nel vivo di questa crisi, sulla esigenza di valorizzare il contributo che le donne possono dare in modo decisivo e determinante a superare e ad avviare una ripresa economica e civile. Se non ora quando è la domanda recente del movimento delle donne: dobbiamo sentirci impegnati a dare una risposta condivisa e conseguente.
Molto fecero le donne in battaglia e nella vita quotidiana durante la guerra e la Resistenza. Contribuirono in modo determinante al lavoro e alla cura della società gravemente colpita dal fascismo. Poi finì la guerra e quel ruolo e quella libertà conquistata vennero ridimensionate, compromesse e richiesero, e richiedono ancora oggi, che le donne reagiscano per vedere riconosciuti pienamente i loro diritti di cittadinanza.
Dobbiamo recuperare dalle donne partigiane e dalle donne di questa città il coraggio, la capacità di avere fiducia nella possibilità di cambiare e di ricostruire una prospettiva per noi stessi, i nostri cari e il nostro Paese.
Oggi per molti giovani è come affrontare una guerra non dichiarata: non sanno quando e come troveranno un lavoro o costruirsi una famiglia con qualche certezza. Ma i valori della Resistenza e della Costituzione sono la bussola e gli anticorpi per contrastare il rischio autoritario o la disgregazione e il declino del nostro Paese. L’ho letto sui volti di tante ragazze e ragazzi che l’altra sera festeggiavano assieme la Resistenza al Pratello.
Stiamo uniti e andiamo avanti, insieme, per Bologna, per l’Europa unita e per la giustizia sociale.
Viva la Resistenza, Viva la Repubblica".