Comunicati stampa

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CONSIGLIO COMUNALE, INTERVENTO DI INIZIO SEDUTA DELLA CONSIGLIERA CATHY LA TORRE (AMELIA PER BOLOGNA)


Si trasmette il testo dell'intervento della consigliera comunale Cathy La Torre (Amelia per Bologna).

"In questo mio intervento userò sempre il plurale perché è stato pensato e scritto come una voce corale insieme alle compagne e compagni ...

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Si trasmette il testo dell'intervento della consigliera comunale Cathy La Torre (Amelia per Bologna).

"In questo mio intervento userò sempre il plurale perché è stato pensato e scritto come una voce corale insieme alle compagne e compagni del collettivo romano Riprendiamoci la politica.
Io ero con loro sabato e con loro voglio raccontare. Il mondo festeggiava in corteo la forza di un movimento di protesta contro la crisi, mentre Roma è stata sopraffatta dalla paura e dalla violenza. Eravamo in piazza insieme a studenti, lavoratori, precari/e, migranti, per sostenere che non siamo noi a dover pagare le scelte e i costi economici, sociali e politici di chi ha determinato la crisi. Eravamo in piazza per dissentire pacificamente da un sistema di governo neoliberista che produce soprusi e ingiustizie in ogni parte del mondo. Eravamo in piazza perché anche noi radicalmente convinti delle ragioni del movimento, indignati, nauseati da questo governo, esausti per la precarizzazione delle nostre vite, e, proprio per questo, eravamo a volto scoperto, con le mani occupate da volantini, che spiegavano il nostro messaggio in alcuni di essi avevamo scritto: “Trasformiamo la nostra rabbia in politica”, “Se non possiamo ballare non è la nostra rivoluzione” .

Come noi, la quasi totalità del corteo ha manifestato in modo pacifico le proprie ragioni che pure sono sono state rese invisibili da gruppi militarizzati e organizzati che si sono spinti ad attaccare direttamente il corteo, non solo le forze dell’ordine, le banche e altri simboli del capitale. La voce di centinaia di migliaia di donne e uomini che in coro gli urlava “fuori, fuori, fuori” dal corteo e “Scopriti la faccia” è ciò che, ci consolava; oltre al fatto di essere assieme, compagni e compagne, a sostenerci. Perché le relazioni politiche sono anche questo: stringersi le braccia, dare ordine all’ansia, condividere le emozioni, sistematizzare i pensieri e dal dolore partorire un’analisi in cui ognuno porta un pezzetto di avanzamento. Non è un segreto, noi siamo contrari/e senza se e senza ma alle forme di lotta violente e militari, alla sciocca confusione tra guerriglia urbana e resistenza di massa. Veniamo da certe culture di sinistra, dal femminismo, dalla non violenza. Allo stesso modo, siamo contrari/e senza se e senza ma alla gestione della piazza messa in campo dalle forze dell’ordine. Le forze di polizia, che dovrebbero garantire la libera espressione del dissenso, hanno attaccato una piazza, caricato e lanciato fumogeni ad altezza d’uomo, caricando anche pezzi del corteo pacifici e ignari. Non hanno isolato – prima, durante e mentre - i gruppi dal volto coperto che a Roma hanno agito indisturbati. Com’è stato possibile che persone visibilmente orientate ad esercitare violenza abbiano attraversato tutto il corteo indisturbati, ostacolati soltanto dalle grida di dissenso dei manifestanti pacifici?

Qualcuno ha deciso che gli obiettivi da difendere a ogni costo erano i palazzi e i simboli del potere, mentre il diritto a manifestare era una pedina sacrificabile? Ma non è su questo che vogliamo invitare a una riflessione: vogliamo piuttosto concentrarci, sui comportamenti e gli atteggiamenti che attraversano un movimento plurale e complesso.Quello che abbiamo visto sabato erano gruppi organizzati che si muovevano agilmente e in modo ordinato per scatenare la guerriglia. Erano esterni allo spirito della piazza, però non possiamo evitare di chiederci se le loro pratiche e il loro immaginario siano lontani da tutte le frange del movimento, e se da tutti/e le loro azioni siano condannate, ostacolate, denunciate. Ci chiediamo se ci siano e quali siano le sacche di complicità di alcuni gruppi, di alcune culture politiche che non rifiutano categoricamente pratiche militariste e machiste.Noi crediamo invece che la rabbia, la radicalità e la violenza non siano sinonimi tra loro e che la politica debba trasformare quella rabbia e quella indignazione nella costruzione collettiva di un’idea alternativa di cultura, di vita e di società. Chi mette in atto la guerriglia, non permette a chi ha altri linguaggi (sfilare, ballare, cantare, pedalare... ) di manifestare. La violenza non è una pratica tra le altre, perché non permette ad altre forme di lotta e linguaggi di esprimersi. Ci sono pratiche politiche che ne escludono altre è ora che tutti riflettiamo su questo".

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:22
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