Consiglio comunale, l'intervento di inizio seduta della consigliera Gabriella Montera
Di seguito l'intervento di inizio seduta della consigliera Gabriella Montera (Partito Democratico)."Strage del 2 agosto 1980 a Bologna: una strage di Stato, un strage annunciata Riprendo oggi l’inizio seduta che ho svolto nel dicembre scorso, a...
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Di seguito l'intervento di inizio seduta della consigliera Gabriella Montera (Partito Democratico).
"Strage del 2 agosto 1980 a Bologna: una strage di Stato, un strage annunciata
Riprendo oggi l’inizio seduta che ho svolto nel dicembre scorso, a seguito all’udienza preliminare tenuta il 26 novembre presso il Tribunale di Bologna sulla strage, alla presenza del Comune di Bologna, costituitosi parte civile insieme alla Regione Emilia-Romagna, all’Avvocatura generale dello Stato, oltre ai legali dell'Associazione dei familiari delle vittime, che furono tutti ammessi.
“Strage del 2 agosto 1980 a Bologna: una strage di Stato, una strage annunciata”, sono le parole dei Giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Bologna, contenute nelle motivazioni della condanna all’ergastolo di Gilberto Cavallini, quarto uomo autore della strage del 2 agosto 1980 in cui, è bene sempre ricordarlo, persero la vita 85 persone e ne furono ferite 200.
Nelle oltre 2.100 pagine della sentenza redatte dal magistrato Michele Leone, si argomenta quanto la strage sia frutto di un preciso piano politico e non dello “spontaneismo” dei NAR, come affermato dalla Procura generale che individuando questo capo di imputazione, secondo il parere dei magistrati della Corte d’Assise, avrebbe impedito di qualificare la strage come politica. Tuttavia per i giudici quella fu una strage politica, una strage di Stato, e la lettura sulla stampa di stralci della sentenza confermano senza dubbio alcuno la matrice fascista dell’attentato, che rientra nel lungo periodo buio di quarant’anni di strategia della tensione e di eversione nera in Italia.
Alcuni passaggi della sentenza sono tanto esaurienti quanto inquietanti: si dice che la scelta della data delle stragi non è mai casuale, e che il 2 agosto coincide con la caduta della Repubblica di Weimar e la nascita dello stato assoluto di Adolf Hitler; si precisa che Cavallini riscriveva nella sua agenda l’inno delle SS e che nell’arma utilizzata nel giugno dell’80 per assassinare il giudice Amato era stampigliata l’aquila nazista; si afferma che questa è stata una strage annunciata, preparata un anno prima, sotto il patronato della loggia P2 di Licio Gelli e dei Servizi segreti.
Il Procuratore generale della Repubblica di Bologna di allora Ugo Sisti, titolare delle indagini, la notte dopo la strage sparì, trovando ospitalità nell’albergo del padre di Paolo Bellini, oggi a processo come quinto uomo della strage.
La Corte d’Assise prosegue con la denuncia di 12 persone, fra le quali spiccano figure come il generale Mario Mori, accusate di depistaggio, calunnia e falsa testimonianza, tutti reati commessi nel corso del processo.
Oggi sappiamo con certezza che la verità sui mandanti della strage è stata rallentata ad arte, con vari depistaggi, uno su tutti il tentativo di guadagnare tempo ipotizzando fantasiose responsabilità dei palestinesi, indicati come autori dell’attentato.
“Una sentenza meticolosa e monumentale del processo Cavallini”, dice l’Avv. Andrea Speranzoni, legale dei familiari delle vittime, che rimarca la natura della strage, evidenziando che i NAR non erano affatto spontaneisti, ma gruppi terroristici organizzati e legati a quella parte di apparati dello Stato che ha tradito la Costituzione, svolgendo attività di affiancamento e anche di finanziamento dell’attentato.
Nel dolore di una ferita insanabile per i familiari delle vittime, per la nostra città e per l’intero paese, dopo quarant’anni, finalmente si fa strada la verità sulla strage, con l’individuazione di tutti gli esecutori e della pista politica della strage.
Finalmente si comincia a dare delle risposte ai familiari delle vittime che denunciano da sempre la natura fascista ed eversiva di quel drammatico evento.
Bologna non ha mai dimenticato: la tenacia dell’Associazione dei familiari delle vittime, l’assunzione delle indagini da parte della Procura generale di Bologna - dopo che la Procura ordinaria tre anni fa si era orientata a chiuderle - le istituzioni che si sono costituite parte civile e le tante manifestazioni organizzate nel corso di questi 40 anni per non dimenticare, la partecipazione attiva della comunità bolognese che non ha mai rinunciato a rivendicare la ricerca della verità, rappresentano una straordinaria testimonianza di quanto il mantenimento vivo e vigile della memoria abbia permesso di arrivare a smascherare gli autori e, auspichiamo presto, anche i mandanti della strage.
Un grande ringraziamento va ai magistrati del Tribunale di Bologna, all’Associazione dei familiari delle vittime rappresentata dai suoi Presidenti, Torquato Secci prima e Paolo Bolognesi poi, che in questi decenni ha avuto il grande merito di perseverare nella ricerca dei responsabili, riuscendo ad ottenere straordinari risultati, come la digitalizzazione degli atti per accelerare le investigazioni e il faticoso riconoscimento del reato di depistaggio, che negli anni ottanta non esisteva.
Una nuova pagina della storia è stata scritta e anche se la ferita rimane per la nostra città e per l’intero paese, nulla può essere più importante che far mergere la verità, senza sconti a chi ha attentato in modo così spietato e drammatico alla vita di tante persone e alla convivenza civile e democratica del paese".
"Strage del 2 agosto 1980 a Bologna: una strage di Stato, un strage annunciata
Riprendo oggi l’inizio seduta che ho svolto nel dicembre scorso, a seguito all’udienza preliminare tenuta il 26 novembre presso il Tribunale di Bologna sulla strage, alla presenza del Comune di Bologna, costituitosi parte civile insieme alla Regione Emilia-Romagna, all’Avvocatura generale dello Stato, oltre ai legali dell'Associazione dei familiari delle vittime, che furono tutti ammessi.
“Strage del 2 agosto 1980 a Bologna: una strage di Stato, una strage annunciata”, sono le parole dei Giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Bologna, contenute nelle motivazioni della condanna all’ergastolo di Gilberto Cavallini, quarto uomo autore della strage del 2 agosto 1980 in cui, è bene sempre ricordarlo, persero la vita 85 persone e ne furono ferite 200.
Nelle oltre 2.100 pagine della sentenza redatte dal magistrato Michele Leone, si argomenta quanto la strage sia frutto di un preciso piano politico e non dello “spontaneismo” dei NAR, come affermato dalla Procura generale che individuando questo capo di imputazione, secondo il parere dei magistrati della Corte d’Assise, avrebbe impedito di qualificare la strage come politica. Tuttavia per i giudici quella fu una strage politica, una strage di Stato, e la lettura sulla stampa di stralci della sentenza confermano senza dubbio alcuno la matrice fascista dell’attentato, che rientra nel lungo periodo buio di quarant’anni di strategia della tensione e di eversione nera in Italia.
Alcuni passaggi della sentenza sono tanto esaurienti quanto inquietanti: si dice che la scelta della data delle stragi non è mai casuale, e che il 2 agosto coincide con la caduta della Repubblica di Weimar e la nascita dello stato assoluto di Adolf Hitler; si precisa che Cavallini riscriveva nella sua agenda l’inno delle SS e che nell’arma utilizzata nel giugno dell’80 per assassinare il giudice Amato era stampigliata l’aquila nazista; si afferma che questa è stata una strage annunciata, preparata un anno prima, sotto il patronato della loggia P2 di Licio Gelli e dei Servizi segreti.
Il Procuratore generale della Repubblica di Bologna di allora Ugo Sisti, titolare delle indagini, la notte dopo la strage sparì, trovando ospitalità nell’albergo del padre di Paolo Bellini, oggi a processo come quinto uomo della strage.
La Corte d’Assise prosegue con la denuncia di 12 persone, fra le quali spiccano figure come il generale Mario Mori, accusate di depistaggio, calunnia e falsa testimonianza, tutti reati commessi nel corso del processo.
Oggi sappiamo con certezza che la verità sui mandanti della strage è stata rallentata ad arte, con vari depistaggi, uno su tutti il tentativo di guadagnare tempo ipotizzando fantasiose responsabilità dei palestinesi, indicati come autori dell’attentato.
“Una sentenza meticolosa e monumentale del processo Cavallini”, dice l’Avv. Andrea Speranzoni, legale dei familiari delle vittime, che rimarca la natura della strage, evidenziando che i NAR non erano affatto spontaneisti, ma gruppi terroristici organizzati e legati a quella parte di apparati dello Stato che ha tradito la Costituzione, svolgendo attività di affiancamento e anche di finanziamento dell’attentato.
Nel dolore di una ferita insanabile per i familiari delle vittime, per la nostra città e per l’intero paese, dopo quarant’anni, finalmente si fa strada la verità sulla strage, con l’individuazione di tutti gli esecutori e della pista politica della strage.
Finalmente si comincia a dare delle risposte ai familiari delle vittime che denunciano da sempre la natura fascista ed eversiva di quel drammatico evento.
Bologna non ha mai dimenticato: la tenacia dell’Associazione dei familiari delle vittime, l’assunzione delle indagini da parte della Procura generale di Bologna - dopo che la Procura ordinaria tre anni fa si era orientata a chiuderle - le istituzioni che si sono costituite parte civile e le tante manifestazioni organizzate nel corso di questi 40 anni per non dimenticare, la partecipazione attiva della comunità bolognese che non ha mai rinunciato a rivendicare la ricerca della verità, rappresentano una straordinaria testimonianza di quanto il mantenimento vivo e vigile della memoria abbia permesso di arrivare a smascherare gli autori e, auspichiamo presto, anche i mandanti della strage.
Un grande ringraziamento va ai magistrati del Tribunale di Bologna, all’Associazione dei familiari delle vittime rappresentata dai suoi Presidenti, Torquato Secci prima e Paolo Bolognesi poi, che in questi decenni ha avuto il grande merito di perseverare nella ricerca dei responsabili, riuscendo ad ottenere straordinari risultati, come la digitalizzazione degli atti per accelerare le investigazioni e il faticoso riconoscimento del reato di depistaggio, che negli anni ottanta non esisteva.
Una nuova pagina della storia è stata scritta e anche se la ferita rimane per la nostra città e per l’intero paese, nulla può essere più importante che far mergere la verità, senza sconti a chi ha attentato in modo così spietato e drammatico alla vita di tante persone e alla convivenza civile e democratica del paese".