Consiglio comunale, gli interventi di inizio seduta del consigliere Francesco Errani
Di seguito gli interventi di inizio seduta del consigliere Francesco Errani (Partito Democratico)."Gli invisibili senza tampone: dobbiamo estendere i tamponi anche agli operatori socialiIn questi giorni in cui chiediamo ai cittadini di Bologna di res...
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Di seguito gli interventi di inizio seduta del consigliere Francesco Errani (Partito Democratico).
"Gli invisibili senza tampone: dobbiamo estendere i tamponi anche agli operatori sociali
In questi giorni in cui chiediamo ai cittadini di Bologna di restare a casa per frenare l'epidemia COVID-19, c'è chi affronta notte e giorno l'emergenza Coronavirus. Stiamo affrontando un'emergenza sanitaria, problemi di tipo economico, ma non possiamo dimenticare i servizi sociali che, a Bologna, di fronte all’emergenza, si stanno riorganizzando.
Se usciremo dalla crisi, sarà in gran parte merito di medici, infermieri e del personale degli ospedali. Sarà anche merito di educatori, assistenti sociali e volontari che continuano a occuparsi delle persone più fragili.
Le categorie da sottoporre al test, oggi, in via prioritaria, sono giustamente gli operatori sanitari, come anche i residenti nelle Rsa e nelle strutture per lungodegenti. Ma, in questi giorni in cui chiediamo ai cittadini di Bologna di restare a casa per frenare l'epidemia COVID-19, c'è chi affronta notte e giorno l'emergenza Coronavirus sul piano sociale e non solo sanitario: penso a chi lavora per le persone più fragili, in raccordo con le parrocchie e con le associazioni di volontariato. Insieme al personale medico che lavora nelle strutture sanitarie della nostra città, sono tanti gli operatori del sociale e del mondo educativo che, invece di rimanere a casa al sicuro con i propri cari, si trovano a dover fronteggiare la pandemia Coronavirus.
Sempre di più strutture socio-sanitarie (parlo di residenze per anziani e per disabili) sono vittime del contagio proprio a causa della loro peculiarità, ovvero quella di assistere nella vicinanza, anche fisica, persone in difficoltà. In queste realtà non solo non si può contemplare (o solo in minima parte) il distanziamento sociale, ma anche la convivenza stessa predispone al rischio di contagio. Nella triste piramide delle realtà potenzialmente coinvolte, ci sono molte altre situazioni in pericolo (strutture di accoglienza per le persone senza fissa dimora, comunità terapeutiche e post riabilitative, e penso anche alle comunità di accoglienza per mamme con bambini).
Tutte queste realtà che operano a favore delle prersone più fragili meritano indistintamente strategie di tutela.
Oggi sono realtà presidiate con scrupolosità da equipe di educatori e personale che, reinventandosi, hanno predisposto un nuovo modo di lavorare favorendo la sicurezza propria e dell’altro. In questi contesti di convivenza il contagio è alle porte e sarà difficilmente contenibile come in tutte le strutture residenziali ad oggi colpite.
Per le strutture che accolgono persone in grande “fragilità” dobbiamo prevedere di estendere i tamponi e prevedere anche delle strutture per eventuali quarantene. Non possiamo chiudere le comunità, né le RSA, né le accoglienze per gli anziani, né i dormitori, né le comunità terapeutiche e lasciare dentro le persone esposte ai rischi di contagio.
Possiamo, come accade per gli operatori della sanità, istituire una task force sul territorio che dialoghi tra sociale e sanitario per istituire dei protocolli preventivi nelle comunità.
Non lasciamo che siano semplicemente i gestori ad occuparsi del problema con i pochi mezzi a disposizione. Servono interventi coordinati, un protocollo di monitoraggio per il personale educativo delle strutture residenziali di tipo sociale e educativo (non solo sanitario).
Vorrei ringraziare gli operatori, il personale del Comune e di Asp, gli educatori e assistenti sociali, e i volontari impegnati con grande generosità a favore delle persone più fragili.
Carcere e Covid-19: dobbiamo ridurre il sovraffollamento per evitare una tragedia nelle carceri
La situazione del sistema carcerario italiano, di fronte al sovraffollamento e al calo di risorse, è drammatico. All'interno della Casa Circondariale di Bologna, la capienza di 500 detenuti è abbondantemente superata dalle 822 presenze.
Alcuni giorni fa a Bologna è morto un detenuto, a causa del contagio da Covid-19. È l'ennesimo dramma al quale purtroppo siamo ormai abituati nelle carceri. Questa morte pesa come una piuma nella coscienza collettiva e non basta certo a convincere i benpensanti che uno stato democratico ha il dovere di garantire condizioni di vita dignitose anche in un luogo di restrizione. Il carcere non dovrebbe infatti punire, ma rieducare. Per cercare di capire, non riesco a non prendere prima di tutto in considerazione la domanda: lasciar morire non è forse un modo, anche se non voluto e sicuramente più nascosto, di dare la morte? La Costituzione della Repubblica Italiana afferma il principio che la pena ha fini di recupero e di reinserimento sociale.
Il Comune di Bologna, in questi anni, ha riattivato lo Sportello del cittadino dentro il carcere, che offre un servizio di rilascio della documentazione anagrafica. Abbiamo ripristinato all’interno del carcere cittadino la figura dell’assistente sociale che garantisce il collegamento “tra dentro e fuori”, tra il detenuto e la città, supportando i detenuti negli ultimi 6 mesi di detenzione e nei primi mesi di libertà, per favorirne il reinserimento sociale ed evitare le recidive. Abbiamo riattivato il Comitato Locale per l'esecuzione penale per mettere in rete tutte le risorse e esperienze già attive e che possono attivarsi.
Ieri, l'ex procuratore di Milano Bruti Liberati di fronte all'emergenza Coronavirus chiede con urgenza di "ridurre il sovraffollamento, prima che la situazione possa diventare ingestibile … Se il carcere va fuori controllo, è a rischio infatti la sicurezza pubblica".
Le Camere Penali Italiane, con un pubblico appello rivolto al Governo e a tutti i parlamentari della Repubblica, hanno formulato una proposta che, se messa in atto, consentirebbe di decongestionare le carceri in tempi brevi, senza interrompere la espiazione delle pene ma semplicemente sostituendone la esecuzione per pene inferiori a due anni con la detenzione domiciliare, una volta accertata la semplice condizione della esistenza, naturalmente, di un domicilio stabile.
Credo che occorra riflettere sulle responsabilità (irresponsabilità) di una classe dirigente refrattaria al rispetto delle regole, della legge e dei principi addirittura costituzionali. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, perché questa volta gli errori saranno chiari a tutti e potrebbero essere davvero imperdonabili".