Consiglio comunale, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni
Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione civica). "Salario minimo legale: se non ora, quando?Care colleghe, cari colleghi,intervengo su un tema al quale tengo moltissimo…parlando innanzitutto a v...
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Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione civica).
"Salario minimo legale: se non ora, quando?
Care colleghe, cari colleghi,
intervengo su un tema al quale tengo moltissimo…parlando innanzitutto a voi che fate parte di forze politiche presenti in parlamento: un’occasione che Coalizione civica – come noto – non ha.
Il tema è il salario minimo legale…questione nazionale, non bolognese; molto avvertita, tuttavia, anche nel nostro territorio, dal quale tante voci si sono levate per denunciare uno dei più gravi problemi del nostro tempo: quello del lavoro povero. (Del resto, il Cnel stima che il cosiddetto «lavoro povero» interessi oltre 3 milioni di individui ed abbia posto 2,2 milioni di famiglie in condizioni di rischio povertà, pur in presenza di almeno un componente del nucleo in condizioni di occupato).
Ora, se io dovessi fare una previsione, direi che, purtroppo, anche stavolta, non avremo, in Italia, una legge sul salario minimo legale e ciò a dispetto delle pubbliche dichiarazioni di tutte le forze politiche, a partire da PD e 5 Stelle che pure hanno assunto specifiche iniziativa in tal senso.
Ebbene, bisogna scongiurare questo rischio. E i vostri partiti di riferimento ne hanno la concreta possibilità.
Il quadro normativo – con notevole tasso d’approssimazione di cui mi scuso – è, oggi, il seguente: la Costituzione italiana prevede, all’art. 39, II parte, che i contratti collettivi – cui è storicamente demandata, innanzitutto, la fissazione del “prezzo” del lavoro, per ciascuna categoria merceologica – abbiano efficacia erga omnes, ossia si applichino a tutti i lavoratori della categoria, indipendentemente dall’affiliazione sindacale di lavoratori e datori di lavoro.
Come noto, questa parte della Costituzione non eè mai stata attuata (per una serie di ragioni sulle quali non posso, qui, soffermarmi).
Eppure, grazie a una risalente e consolidata operazione giurisprudenziale, i giudici hanno usato, a partire dagli anni 50, i minimi tabellari dei CCNL come parametro (esterno) per la individuazione dell’equa retribuzione, prevista dall’art. 36 Cost. Il che ha permesso che fossero applicati a tutti – e dunque anche ai lavoratori dipendenti da datori che non applicano alcun contratto collettivo, a condizione che si rivolgano a un giudice – almeno i minimi tabellari dei contratti collettivi nazionali di categoria.
Eppure, piu di un problema permane:
-in primo luogo, in molti ambiti e comparti produttivi si accavallano diversi contratti collettivi, alcuni dei quali sottoscritti da sindacati assai poco rappresentativi, che prevedono livelli salariali molto bassi;
- in secondo luogo, talvolta si assiste all’inedito fenomeno di qualche contratto nazionale che, pur essendo sottoscritto dai sindacati più rappresentativi, assicura livelli salariali ritenuti, da un importante tribunale come quello di Milano, inidonei a soddisfare i requisiti di proporzionalità e sufficienza richiesti dall’art. 36 della Costituzione;
-in ultimo, ma non per ultimo, per i rapporti di lavoro non coperti da alcun contratto collettivo, la possibilità di ottenere il c.d. minimo costituzionale passa, comunque, per il ricorso al giudice del lavoro, con tutto cioè che questo comporta in termini di estensione del fenomeno ed effettività del diritto costituzionalmente previsto.
Cioè ha indotto diverse forze politiche a presentare svariati disegni di legge, l’ultimo dei quali, il n. 658, facendo tesoro delle critiche rivolte alle altre proposte, ha il pregio di demandare la definizione del «trattamento complessivo economico minimo» (che è più esteso dei c.d. minimi tabellari) ai contratti nazionali di lavoro sottoscritti dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale (individuate dal lato dei lavoratori in base ai criteri fissati dall’accordo interconfederale sulla rappresentanza, stipulato il 10 gennaio 2014 tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil, e, dal lato dei datori di lavoro, in base al numero di imprese associate ed al numero di dipendenti da queste occupati).
Nel ddl n. 658 viene anche previsto, in via meramente residuale, un trattamento complessivo minimo di 9 euro lordi l’ora, per i soli casi in cui i Ccnl prevedano minimi inferiori (il che, come si eè detto, in qualche caso avviene).
Le critiche sull’importo proposto oscillano tra chi dice che questo eè troppo alto e dunque insostenibile per le imprese – come scrive, nella sostanza, Tito Boeri, oggi, su Repubblica e come ha affermato, sempre questa mattina, ai microfoni di Radio Capital, il viceministro all’economia Massimo Gravaglia – e chi, specie in campo sindacale, viceversa, asserisce che la contrattazione collettiva giaè assicura trattamenti migliori, per cui il rischio potrebbe essere una “fuga” dei datori di lavoro dal sistema di contrattazione collettiva, per applicare solo il salario mimino di legge.
Ora, chi vi parla ritiene, da tempo, che la migliore proposta in materia sia, ancora oggi, quella di attuare l’art. 39 della Costituzione, nei termini proposti nella Carta dei diritti di tutti i lavoratori e le lavoratrici, su cui la Cgil ha raccolto oltre un milione di firme.
Cioè detto, nelle more della discussione su quel progetto ambizioso e complessivo, mi pare urgente e indispensabile realizzare, per tutte e tutti, i principi dell’art. 36 della Costituzione, senza ledere le prerogative sindacali – come consente di fare il citato ddl – ma anche senza ignorare la gigantesca questione salariale che, da tempo, abbiamo di fronte.
Ciascuno e ciascuna, anche da Bologna, faccia la sua parte".