Question Time, chiarimenti sul palazzo del Monte di Pietà di via Indipendenza
L'assessore Valentina Orioli, ha risposto questa mattina, in sede di Question time, alla domanda d'attualità della consigliera Addolorata Palumbo (Gruppo misto) sul palazzo del Monte di Pietà di via Indipendenza.Domanda della consi...
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L'assessore Valentina Orioli, ha risposto questa mattina, in sede di Question time, alla domanda d'attualità della consigliera Addolorata Palumbo (Gruppo misto) sul palazzo del Monte di Pietà di via Indipendenza.
Domanda della consigliera Palumbo
"Visti gli articoli di stampa in merito alla mobilitazione di intellettuali bolognesi per evitare che il palazzo quattrocentesco del Monte di Pietà di via Indipendenza accolga un supermercato. Visto altresì che, l’Amministrazione ha più volte manifestato la volontà di emanare un regolamento che, prendendo spunto dal Decreto Legislativo 25 Novembre 2016 n.222, individui zone di particolare valore storico-artistico per vietare l’esercizio delle attività commerciali “non compatibili con le esigenze di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale”. Pone la seguente domanda d’attualità: per avere dal Sindaco e la Giunta una valutazione politica su questo argomento. Per sapere dall’amministrazione come pensa di tutelare le aree di particolare valore storico e artistico della città".
Risposta dell'assessore Orioli
"Gentile consigliera,
l’ex Monte di Pietà è stato integralmente ristrutturato nel 1955-58 in seguito agli ingenti danni di guerra, e poi adibito ad istituto di credito, con la realizzazione di opere impattanti al suo interno, come un grande caveau in calcestruzzo nel seminterrato. Per queste ragioni il vincolo sull’immobile si riferisce oggi al solo portico, cornici e alle terrecotte del XV e XVI secolo superstiti nel cortile interno, come succede per molti altri immobili che hanno vincoli per parti specifiche.
L’ex Monte di Pietà è un caso rappresentativo di quello che purtroppo accade a molti edifici, che, a dispetto delle loro origini storiche, subiscono nel tempo tanti e tali interventi da essere profondamente modificati e piegati ad esigenze commerciali, nella fattispecie a quelle di una banca. Da questo punto di vista, il progetto che di recente è stato autorizzato dalla Soprintendenza rispetta pienamente la parte di interesse del bene, mentre il giudizio sull’incompatibilità etico-morale di determinate destinazioni d’uso, al punto da farne, mi permetta, l’oggetto di una crociata, mi sembra francamente delicato e assai discrezionale, tanto più che la possibile destinazione commerciale dell’immobile, che prima era un banca, è prevista almeno dal 2004, quando la giunta di allora approvò un Piano di Valorizzazione Commerciale di via Altabella, in linea con quanto accadeva nelle altre parti di via Indipendenza.
Detto questo, le esigenze della tutela del patrimonio e l’ormai acquisita nuova fisionomia di Bologna, una città per fortuna entrata a pieno merito nei circuiti turistici internazionali, ovviamente interrogano anche noi e hanno portato anche l’Amministrazione a riflettere su come affrontare questa realtà, con le sue contraddizioni, e su quali strumenti sia possibile e opportuno mettere in campo.
L'art. 1 comma 4 del d.lgs. 222/2016, per le finalità indicate dall'articolo 52 del d.lgs 42/2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio) consente ai Comuni, d'intesa con la Regione, sentiti il competente soprintendente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e le associazioni di categoria del commercio, di adottare deliberazioni volte a delimitare zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui possa essere vietato o subordinato ad autorizzazione l'esercizio di attività economiche ritenute incompatibili con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
Si tratta in sostanza del cosiddetto 'Regolamento Unesco del Commercio', così chiamato perché applicato per la prima volta nell'area Unesco di Firenze, e cioè della possibilità di individuare una porzione di area urbana al cui interno, per ragioni di tutela storico-artistica e paesaggistica, possa essere vietato o comunque regolato il nuovo insediamento di tipi specifici di attività commerciale.
Il tema è assai complesso, perché la definizione di un preciso perimetro e l’imposizione di limitazioni per un periodo di tempo definito (tre anni nelle esperienze che stiamo analizzando) hanno come prevedibili effetti quelli di generare rendite di posizione e pressioni all’intorno dell’area interdetta. Aggiungo che, a mia conoscenza, i regolamenti Unesco si esprimono principalmente attraverso divieti mentre un approccio equilibrato al commercio nel centro storico dovrebbe contemplare anche forme di incentivazione rivolte alle attività tradizionali che purtroppo sono a rischio di scomparsa come le botteghe storiche o l'artigianato artistico.
Ho citato questi temi per dare conto della complessità e della delicatezza del lavoro che stiamo svolgendo, sul quale abbiamo già avviato la necessaria interlocuzione con la Regione e con le principali associazioni di categoria dei commercianti. In sintesi, stiamo lavorando, stiamo lavorando su molti fronti.
In conclusione ci tengo a evidenziare il collegamento che esiste fra provvedimenti come il nuovo regolamento dedicato ai dehors, quello relativo alle insegne, il percorso sul regolamento Unesco, la tutela e la promozione di attività commerciali o artigianali di tipo tradizionale, e, infine, il percorso di candidatura alla World Heritage List dei portici di Bologna. Sono tutti tasselli di un progetto di tutela e valorizzazione del centro storico della città, rispetto a cui la dimensione strategica e di gestione mi sembra l’aspetto centrale e innovativo, che ha bisogno dell’adesione e della collaborazione di tutti, cittadini, commercianti e associazioni".