Question Time, chiarimenti sulla morte di una coppia di anziani
L'assessore Giuliano Barigazzi ha risposto questa mattina, in sede di Question time, alla domanda d'attualità del consigliere Francesco Sassone (Forza Italia) relativa alla morte di una coppia di anziani.Domanda del consigliere Sassone"Con rif...
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L'assessore Giuliano Barigazzi ha risposto questa mattina, in sede di Question time, alla domanda d'attualità del consigliere Francesco Sassone (Forza Italia) relativa alla morte di una coppia di anziani.
Domanda del consigliere Sassone
"Con riferimento a quanto reso noto dagli organi d'informazione in relazione al suicidio della coppia residente in Zona Saffi, come da articoli di stampa si chiede al Signor Sindaco il proprio pensiero politico in merito. Si chiede, inoltre, se siano giunte segnalazioni all'amministrazione su quella situazione specifica e quale sia stata la risposta della stessa alle necessità della coppia e come si pensi di procedere in futuro per evitare che si ripetano fatti tanto gravi".
Risposta dell'assessore Barigazzi
"Dividerei la risposta in tre parti. Nella prima darò le informazioni sul caso in maniera generale, solo quelle utili a far capire la situazione, perché naturalmente sono tenuto alla privacy. La signora era seguita dal centro per i disturbi cognitivi dell'Asl dal 2014, la signora è sempre stata seguita, mentre il marito si è rivolto ai servizi solamente nel luglio del 2018 e si è concordato con lui, come si fa in questi casi, quali servizi erano più adatti alla persona, ed è stato scelto il servizio "Teniamoci per mano", che forniamo attraverso Asp. E' uno dei servizi più all'avanguardia che prevede un mix di professionisti, compreso uno psicologo, che sorreggono proprio la parte familiare che si deve occupare della persona con disturbi cognitivi. Ovviamente voi sapete che per i malati di Alzheimer purtroppo dal punto di vista sanitario ancora siamo ben lontani da cure efficaci e quindi, come le dirò meglio dopo, molta della nostra rete di servizi, che comincia a essere piuttosto estesa, è rivolta proprio al care giver, a chi si fa carico, a chi convive, e molto spesso sono coppie che convivono e nelle quali purtroppo uno dei due si ammala. Quindi si è attivato il servizio che è stato deciso assieme alla persona, servizio che appunto prevede anche uno psicologo, addirittura si era deciso a cadenza settimanale, e la presenza dello psicologo è anche una presenza che garantisce proprio la ricerca anche di segnali di allarme particolari, e devo dire che dal servizio non c'erano segnalazioni. Quindi la coppia era seguita sia dal punto di vista medico, sia dal punto di vista relazionale. In più, devo dirle che anche in termini di vicinato e amicale era una coppia inserita in una piccola rete di relazione sociale quindi non stiamo parlando della solitudine più estrema in cui nessuno sapeva niente. Per la seconda parte della domanda, premetto che quando parliamo di disturbi cognitivi entriamo in un ambito in cui spesso c'è un carico di sofferenza e di ritrosia, anche nel mostrare la malattia, di cui dobbiamo tenere conto. Spesso, come in tutte le malattie che afferiscono ai disturbi cognitivi, come lei ben sa, è difficile da mostrare, da evidenziare e da far vedere, quindi siamo attenti anche, ed è per questo che lavoriamo sulla relazione, non tanto solo sulla parte medica, perché la strategia più efficace verso i malati con disturbi cognitivi, in particolare l'Alzheimer, è proprio creare un sistema di relazioni attorno non solo alla persona che ne è affetta, ma a coloro che gravitano attorno alla persona, che sentono un carico che non è il carico semplicemente di una malattia fisica che si può avere in altri episodi di non autosufficienza, ma si porta dietro anche, come probabilmente sa chi ha avuto a che fare con qualcuno che sta perdendo la memoria e alla fine non ti riconosce neanche, una sofferenza legata proprio a quello che per noi è il bene principale: la coscienza, la memoria. Quindi, in questo senso la relazione con il care giver è una delle prime strategie. Noi abbiamo un sistema di servizi - che se è interessato, le invio anche per iscritto, dato che ho già mandato una risposta scritta un'altra volta - che credo possa essere utile elencare: vanno dai centri specializzati nella diagnosi, che sono quelli dell'Asl e del Sant'Orsola, a tutta una serie di servizi e opportunità a sostegno della domiciliarità. Abbiamo questo progetto dei Caffè Alzheimer, che sono otto in città. Una caratteristica di questa rete è che è perfettamente integrata con il volontariato con i gruppi di mutuo aiuto che non sono slegati, ma sono tutti dentro la rete pubblica e si coordinano con noi; i centri d'incontro, il principale è il centro d'incontro Margherita di viale Roma gestito dal'Asl; i centri diurni specializzati accreditati; i ricoveri di sollievo presso le case di residenza e l'assistenza domiciliare specializzata, più alcune azioni di supporto che possono essere attivate attraverso i servizi sociali. Per avere un numero: solo le persone che fruiscono dei servizi domiciliari, quindi non quelli che vanno ai centri per i disturbi cognitivi, sono circa 400 famiglie all'anno tra pubblico e quello che riusciamo a integrare anche con i privati, tra Caffè Alzheimer, centro incontro Margherita, centri diurni e assistenza domiciliare specializzata. Sono altri 400 quelli con gravi o severi disturbi del comportamento che abbiamo ospitato nelle case residenza anziani, alcune delle quali sono dedicate e specializzate per questo.
Lei mi chiedeva cosa si può fare. Purtroppo una tragedia come questa ci spinge a continuare a irrobustire questa rete; a definire sempre meglio i percorsi anche appunto con la parte del volontariato che è integrativa naturalmente a tutta la parte pubblica; a differenziare sempre di più queste opportunità: per dirne una, vorremmo per esempio nei prossimi mesi aprire un ulteriore centro d'incontro nella zona ovest della città (oggi è solo nella zona est) e potenziare questa che è una delle strutture che più sta riscuotendo successo, perché è una delle strutture dove familiari, persone affette da disturbi, professionisti si possono incontrare, discutere tra loro per capire come è possibile affrontare quel percorso e quindi sono a metà tra l'informale, ma hanno anche la capacità di interloquire con i servizi in una maniera che non è quella burocratica. Dobbiamo sempre più sburocratizzare quel rapporto e cercare appunto di far diventare questa rete davvero relazionale, che non solo magari in quei centri di incontro possa avere le sue antenne, ma che per esempio riesca anche ad ingaggiare tutta quella parte del vicinato, come in questo caso era successo. Riuscire anche a introdurre i vicini di casa in una rete e in un progetto personalizzato di vita diventa la chiave su questa malattia, come diceva lei consigliere, e io sono d'accordo. La strategia deve considerare un aspetto del tutto particolare, come ho già detto: i disturbi cognitivi all'interno della non autosufficienza hanno questo carico in più, che è davvero un carico portato delle malattie che afferiscono non solo alla mente, ma addirittura alla coscienza, che è il bene più prezioso che abbiamo".