Istruttoria pubblica sulla pianificazione urbanistica dell'area dello Stadio comunale e dei Prati di Caprara. L'intervento conclusivo dell'assessore all'urbanistica e all'ambiente Valentina Orioli
Di seguito l'intervento dell'assessore comunale all'urbanistica e all'ambiente, Valentina Orioli, a conclusione dell'Istruttoria pubblica sulla pianificazione urbanistica dell'area dello Stadio comunale e dei Prati di Caprara.
"Per prima cosa voglio ribadire il ringraziamento a tutti coloro che, oggi e nelle due giornate precedenti, hanno offerto il loro contributo all’istruttoria pubblica. Non è la prima volta che ci confrontiamo sui Prati di Caprara e devo riconoscere che questa occasione ha permesso di esplicitare e approfondire i diversi punti di vista, e questo è un passaggio necessario, e un percorso che va ulteriormente portato avanti, poiché ci troviamo di fronte ad un tema assai complesso
Trarre le conclusioni dell’istruttoria pubblica è un compito che spetta al Consiglio Comunale ed alla sua Presidente, che da oggi hanno di fronte un tempo utile per farlo, riordinando tutto il materiale prodotto. Io non voglio di certo sostituirmi al loro ruolo, e d’altra parte anch’io ho bisogno di tempo per riflettere su quanto è stato presentato in questi tre giorni, quindi mi limiterò ora ad alcune considerazioni generali, attorno alle questioni principali emerse.
Tutti hanno compreso che l’area dei Prati di Caprara non appartiene al Comune di Bologna, ma ad una società per azioni, Invimit, creata dal Ministero delle Finanze, che ha il compito di valorizzarla.
Il POC riconosce ad Invimit diritti edificatori reali sull’area, in virtù di precedenti accordi fra il Comune di Bologna e lo Stato.
La prima questione, che più interessa tutti, è se si possa cambiare il POC.
È chiaro che tecnicamente qualunque Poc si può cambiare. Secondo la Legge 20/2000 il Poc viene votato dal Consiglio Comunale, e può essere variato per decisione dello stesso consiglio comunale, che è l’organo competente sulla pianificazione urbanistica generale.
La vera questione però, nel caso del POC Rigenerazione Patrimoni Pubblici, è se si possano - e quanto - cambiare gli accordi che hanno dato origine al Poc. Il tema non è puramente tecnico e francamente non si può ridurre all’idea che per cambiare un accordo simile sia sufficiente che le parti si trasmettano una raccomandata.
Avete capito tutti che ci sono in gioco diritti reali e che occorre aprire un confronto con la proprietà, come d’altra parte si è già impegnato a fare il sindaco, quando in consiglio comunale ha ribadito la sua, e nostra, volontà di ampliare l’estensione del verde previsto.
E’ un confronto molto complesso, lo ha ricordato poco fa Mazzanti, e se questo confronto dovesse essere a tutto campo, allora – seguo Piazza e Campaniello - occorrerebbe aprire la negoziazione con lo Stato e con l’attuale maggioranza di governo, visto che Invimit è partecipata al 100% dal Mef!
Tornando a noi, penso che il confronto si possa aprire su una visione di progetto, una visione sul futuro.
Progetto che ancora non c’è ma che è determinante - questo mi sembra un punto che riconosciamo tutti - per la qualità futura di questa parte della città.
Stiamo parlando di un’area molto vasta, 46 ettari è solo la dimensione dei Prati di Caprara, a cui bisogna aggiungere le aree limitrofe del Ravone e in prospettiva anche le OGR.
Lo ha detto Roberta Bartoletti, e lo ribadisco anch’io: si tratta di un progetto che interessa la dimensione metropolitana e il futuro della città.
Che interessa questo POC ma certamente anche la formazione del nuovo piano urbanistico, che mi sembra il luogo in cui riportare e condividere una visione strategica dello sviluppo urbano complessivo.
Una visione, per inciso, che scommette sulle aree dismesse interne alla città (ex militari ed ex ferroviarie fra tutte) e non sullo sviluppo di nuove urbanizzazioni in territorio agricolo. Questo lo ripeto perché chi pensa che questa nostra scelta sia un modo di assecondare la rendita o i poteri forti dell’Urbanistica (concedetemi questo linguaggio un po’ anni 60 così ci capiamo!) non considera quello che realmente i poteri forti ci hanno chiesto in questi anni, e cioè di dare corso all’urbanizzazione in aree disponibili e più facili per loro, dove si realizzano profitti molto più consistenti, e dove si realizzerebbe però un progetto di città del tutto diverso e che noi non condividiamo!
Noi siamo preoccupati di lavorare sulla riqualificazione urbana all’interno di una precisa visione di città, e da questo punto di vista mi pare che abbiamo assunto posizioni molto chiare, anche sullo stadio, ribadendo la nostra contrarietà alla realizzazione di un insediamento commerciale a Prati Ovest e contemporaneamente la volontà ad investire sullo stadio che, lo ricordo, è un edificio di proprietà del Comune. Per inciso, le previsioni di PSC e POC preesistono al progetto dello Stadio e ne sono indipendenti.
Voglio sgomberare il campo da una nostra presunta mancanza di immaginazione: nessuno sta pensando a palazzine e giardinetti! Una striscia non è un parco, e uno spazio verde di profondità pari ad almeno 115 metri non è una striscia.
Al contrario, come ho detto dall’inizio, la visione dei Prati di Caprara è quella di un’area strategica per il futuro della città e per i suoi bisogni, e il progetto dovrà essere all’altezza di questa visione. Io credo che Bologna meriti un ragionamento sullo sviluppo urbano che non si limiti a guardare la punta dei propri piedi, affermando che alla città così come è oggi non occorre più nulla, ma che al contrario assuma una prospettiva lunga e un orizzonte ampio, di reale lettura dei bisogni, che traguardi il futuro senza mai perdere di vista la qualità complessiva dell’ambiente urbano, come peraltro tutti in questa sede hanno dimostrato di avere a cuore.
Cosa intendo per lettura reale dei bisogni è stato bene esemplificato in questi due giorni dall’ingegner Bruni, che ci ha offerto una analisi molto chiara sul tema della scuola. Ma anche dai vostri interventi sono arrivate indicazioni significative, come la sollecitazione a lavorare di più attorno alla presenza importante dell’Ospedale Maggiore, oltre naturalmente all’attenzione verso il bosco esistente e alla richiesta di effettuare le bonifiche in modo non necessariamente invasivo. Richiesta che va valutata con attenzione in relazione agli approfondimenti che dovremo fare, come mi pare sia stato precisato anche nel corso delle risposte ieri, dai tecnici comunali e di Arpae.
Sempre in tema di lettura dei bisogni, e sui numeri di abitazioni vuote e di contenitori disponibili, mi limito qui a richiamare i numeri che ho citato nella mia relazione di apertura, e a sottolineare che, la questione demografica non è soltanto una questione di numeri assoluti, ma anche di cambiamento nel corso del tempo delle forme abitative. Devo poi dire che a noi risultano numeri diversi da quelli citati dalla professoressa Bonora, e osservo che neppure la nuova Legge Urbanistica Regionale, che pure parla di riuso, offre al pubblico strumenti per obbligare il privato a mettere a disposizione le sue proprietà, semplicemente perché questo non è possibile in modo unidirezionale: si può fare soltanto nell’ambito di accordi fra pubblico e privato.
Sulla qualità dell’ambiente urbano, torno a ribadire che occorre considerare l’Ambiente in modo complessivo: quindi vegetazione, suolo, acqua, aria, ...
A me sembra che in questa materia il PSC e il Piano di Adattamento pongano con chiarezza le questioni fondamentali, e che tutti i ragionamenti che si sono susseguiti in questi due giorni riconoscano che una parte decisiva sarà giocata dagli approfondimenti che si faranno nel prossimo futuro in tema di bonifiche.
Ascoltando i diversi interventi sul verde mi pare emergano due questioni: la prima è che l’area è molto grande - 46 ettari è una superficie davvero enorme se si ragiona in termini di “evoluzione spontanea”. Su questo, mi limito ad osservare che mi sembra che il Parco di Berlino citato ad esempio abbia un’estensione di circa 18 ettari. Sul secondo aspetto, quello dell’autogestione e della cura da parte dei cittadini, segnalo che in tutta Bologna oggi sono circa 90 gli ettari di verde gestiti in cooperazione con i cittadini, e che nessuna associazione fino ad ora è riuscita (e non senza fatica!) a gestire più di 10-11 ettari.
Faccio queste riflessioni, del tutto preliminari e che meritano di essere approfondite, soltanto per dire che oltre ad una attenzione estrema al tema della bonifica mi sembra che dovremo dedicare un approfondimento molto attento al tema del verde e della sua gestione.
In questi giorni uno dei consulenti che sono intervenuti ha detto che il bosco, per le sue attuali condizioni ambientali, è una discarica. Sono sicura che nessuno, neppure chi difende il bosco a libera evoluzione, immagini e desideri per il futuro un’area estesa per ettari, recintata e chiusa al pubblico. Una discarica, appunto, dalla quale i cittadini debbano essere protetti ed allontanati! Quindi la gestione e l’accessibilità – anche di parti eventualmente lasciate all’evoluzione spontanea – sono aspetti essenziali.
Queste considerazioni mi portano a ribadire, se ce ne fosse ancora bisogno, che abbiamo bisogno di elaborare in modo condiviso uno scenario, una visione di insieme che sia utile per ragionare sul futuro assetto dell’area, sul modo in cui possono essere gestite le necessarie bonifiche, sulla gradualità delle trasformazioni. Abbiamo bisogno di continuare a condividere il confronto sui dati, man mano che questi saranno a nostra disposizione.
Un’ultima riflessione la voglio dedicare a questo tema, della gradualità. Un tema che il Poc gestisce con grande senso di responsabilità e pertinenza tecnica. È infatti una falsità che la Valutazione di sostenibilità del Poc sia verificata per il solo 30% delle trasformazioni previste. Al contrario, la valutazione di sostenibilità dice che le trasformazioni previste dal POC si possono realizzare alle condizioni infrastrutturali attuali solo per una prima parte, pari al 30% dell’insieme. Eventuali ulteriori trasformazioni devono essere necessariamente accompagnate dalla realizzazione delle infrastrutture previste dal piano (che sono considerate delle invarianti a carico degli attuatori, cioè non si possono non fare, e saranno fatte a spese dei privati).
C’è quindi una attenzione alla gradualità e contemporaneamente alla realizzazione delle dotazioni pubbliche (importanti anche quantitativamente, lo abbiamo già ricordato!) in modo da accompagnare il processo di attuazione di aree così estese e complesse e garantirne la qualità.
Parliamo infatti del futuro della città, di un futuro che in questo periodo abbiamo l’opportunità di pianificare (forse per la prima volta a Bologna) ragionando contemporaneamente sul piano urbanistico e sul PUMS. Un ragionamento integrato, che ci mette nelle condizioni di avere una visione strategica sulla città che è rafforzata grazie alla visione sul sistema della mobilità. Per quanto riguarda questa parte della città, ricordo che la stazione SFM dei Prati di Caprara è finanziata per 8,6 milioni di euro, e dopo l’approvazione di luglio del Cipe ora RFI si sta occupando della progettazione definitiva per andare in gara, mentre per quanto riguarda la linea 1 del tram che passerà sulla via Emilia abbiamo aggiudicato la gara per la progettazione, in modo da avere entro l’anno il progetto di fattibilità che serve per la richiesta di finanziamento al Ministero.
Non ci stiamo quindi occupando solo di automobili, ma stiamo lavorando ad una visione di città sostenibile che tiene conto del sistema della mobilità come di uno degli elementi decisivi, rispetto alla quale questa Istruttoria ha consegnato indicazioni per approfondimenti significativi, che potranno essere affidati non soltanto ad una interlocuzione diretta ed immediata con la proprietà dell’area, ma anche alle più ampie riflessioni che stiamo avviando nell’ambito della formazione del Piano Urbanistico Generale".