Consiglio comunale, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni
Di seguito l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione civica). "Bologna Pride 2018.Abbiamo visto sfilare, nel pomeriggio di sabato, migliaia e migliaia di corpi resistenti per il Bologna Pride 2018. Così li ha...
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Di seguito l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione civica).
"Bologna Pride 2018.
Abbiamo visto sfilare, nel pomeriggio di sabato, migliaia e migliaia di corpi resistenti per il Bologna Pride 2018. Così li hanno, giustamente, chiamati le 22 associazioni che hanno organizzato la grande straordinaria manifestazione di quest’anno.
Molte e molti di noi erano in piazza, tutti ne hanno letto sui giornali o hanno avuto notizia dei numeri e del clima - di gioia e d’orgoglio - che si respirava.
Non spetta certo a me raccontarlo, anche perché nulla più del Pride si racconta da sé; mi pare, tuttavia, importante aprire una riflessione su ciò che il Pride dice a noi, su ciò che ci rimprovera, sui molti modi di testimoniare presenza ed ascolto, non per un giorno, ma per un anno, un mandato, una consiliatura...
Intanto le tante magliette rosse: come ha detto Vincenzo Branà – nell’intervento più bello che la città ricordi da molto tempo a questa parte - 'il nostro arcobaleno è un ponte che unisce ed è un’alleanza tra colori. E oggi - proprio oggi - bisognava mettere un colore davanti a tutti gli altri'. Perché? 'Perché siamo rossi di vergogna per i porti che si chiudono, i confini che respingono, i migranti lasciati morire in mezzo al mare. Siamo rossi come i vestiti di quelle persone che non vogliono annegare, che ci chiedono attenzione, di non girarci dall’altra parte, di non perdere l’istinto ad accogliere, proteggere, aiutare'.
Quel che hanno detto al mondo e - innanzitutto a questa città - le molte migliaia di persone che sabato hanno attraversato Bologna è che i loro corpi r-esistenti sono scesi in piazza 'contro tutte le oppressioni'. Si mettono, e ci mettono in guardia, parlando anche e soprattutto a noi amministratori, quando precisano che 'l’oppressione assume molte forme: si mimetizza, tenta di sembrare normale, accettabile, utile, perfino giusta' dicendo che 'il primo passo è smascherare le oppressioni'.
C’è oppressione non solo quando 'per scrivere il nome di due mamme e due papà su un certificato di nascita bisogna ricorrere a un tribunale', ma anche quando 'una bibliotecaria viene trasferita d’ufficio perché difende le favole della diversità o quando un gruppo di maestre rischia lo stesso destino per aver tentato di spiegare in classe la complessità della parola identità'. Pensiamoci, quando variamo delibere sul contrasto all’omotransnegatività senza neppure i coraggio di citare l’educazione alle differenze nelle scuole!
'C’è oppressione quando una donna per abortire deve lottare contro l’obiezione di coscienza oppure quando una persona trans per avere la propria terapia ormonale deve fare chilometri e sperare'. Ricordiamocene, prima di consentire agli autobus no gender di sostare nella nostra città, ritenendola una legittima manifestazione del pensiero.
'C’è oppressione - soggiungono - quando ci negano verità e giustizia sulla morte di Giulio Regeni, su quella di Federico Aldrovandi, su Stefano Cucchi, su Ilaria alpi. Sui morti della stazione di Bologna e su quelli della strage di Ustica'. Riflettiamoci, quando ci schieriamo con le forze dell’ordine e le istituzioni dello stato 'senza se e senza ma'. Perché le istituzioni, tutte le istituzioni, si difendono, la fiducia nelle istituzioni si infonde e si difende, innanzitutto, a partire dalla ricerca della verità e dalla giustizia. Mai - e dico – mai, contro di esse.
C’è oppressione - ancora - quando si applica il Daspo urbano ai senzatetto. 'Quando mandiamo le task force a togliergli i giacigli di fortuna. In nome del decoro, contro il degrado, per la pulizia'. E quando quella pulizia la affidiamo ai rifugiati, gratuitamente, speculando con ambiguità sulla parola volontariato, perché se lavorano gratis ci sembrano meno fastidiosi. Ci si pensi, prima di avallare lo slogan più silente e inconfessato, alla cui stregua 'il degrado sono gli altri'; quando in nome della sicurezza e del decoro della città di cui sopra, dimentichiamo la sofferenza della città di sotto, scambiando l’urgenza di una lotta senza quartiere alla povertà con la lotta ai poveri nei nostri quartieri.
Pensateci bene quando - dietro lo slogan, bellissimo “La città si-cura', che intitolava il programma elettorale di Coalizione civica - celate, un po’ goffamente, la più impropria delle metafore, la più orrenda delle gabbie simboliche: i rifugiati che si integrano, lavorando, gratis, per pulire la città dai rifiuti e dalla sporcizia dei cittadini di serie A.
Grazie al Bologna Pride 2018, dunque, perché, mai come questa volta, oltre che nelle strade della nostra città, sfila nel profondo delle nostre coscienze, sfidandole, interrogandole e mettendole alla prova. Speriamo, in futuro, di esserne all'altezza".