Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, l'intervento del vicepresidente Marco Piazza in apertura del Consiglio solenne
Il vicepresidente del Consiglio comunale Marco Piazza ha aperto la seduta solenne del Consiglio comunale per celebrare la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Di seguito il suo intervento."Buongi...
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Il vicepresidente del Consiglio comunale Marco Piazza ha aperto la seduta solenne del Consiglio comunale per celebrare la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Di seguito il suo intervento.
"Buongiorno a tutti. Colleghi e colleghe consiglieri, assessori, autorità civili e militari presenti, gentili ospiti, signor Sindaco, studenti e insegnanti delle scuole Pacinotti, Rolandino e Serpieri presenti in aula, cittadini tutti.
Vi porto il saluto della Presidente Luisa Guidone che purtroppo non è potuta essere presente qui con noi, ma teneva molto a questo consiglio solenne, per l’organizzazione del quale ha profuso un grande impegno.
Diamo il benvenuto ad Alessandro Gallo, autore e attore teatrale, Maria Franco, insegnante di italiano ai giovani reclusi dell’istituto penale minorile di Nisida, Don Giorgio De Checchi, referente del progetto “liberi di scegliere” dell’Associazione Libera.
Grazie alla grande mobilitazione di tantissimi territori che da anni ricordano le troppe vittime innocenti delle mafie, accanto ai loro familiari, il 1° marzo 2017, con voto unanime alla Camera dei Deputati, è stata approvata la proposta di legge che istituisce e riconosce il 21 marzo quale “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, vittime di un sistema criminale che inquina la nostra democrazia e di conseguenza incide inevitabilmente sulla vita di tutti.
Oggi ci troviamo qui a celebrare le vittime innocenti della mafia, in riferimento alle persone che hanno perso la vita per mano mafiosa. Falcone, Borsellino, Chinnici, sono solo alcuni dei nomi, vittime di un fuoco, quello mafioso, che spesso si intreccia con uomini dello Stato e delle istituzioni.
Ma non siamo forse tutti vittime di mafia? Chi è costretto a chiudere una azienda perché soffocato da pizzo e strozzinaggio, chi non trova lavoro per via delle risorse sottratte dalla mafia sia allo Stato che all’economia legale e quindi agli imprenditori onesti, i giovani che per colpa del degrado morale e sociale non vedono più futuro davanti a loro.
Per anni abbiamo parlato di mafia come di qualcosa lontano da noi. Come un mostro relegato al sud Italia che non poteva in alcuni modo contaminarci. Qualcuno sosteneva che avevamo gli anticorpi. Eppure sono almeno 30 anni che i mafiosi sono tra noi e l’operazione Aemilia ci ha riportato alla realtà, con centinaia di arresti e la scoperta di un sistema mafioso pienamente radicato sul territorio, integrato nella società civile, appoggiato da alcuni professionisti e in stretto contatto con la politica locale. La mafia è ormai un fenomeno internazionale e spetta a noi tutti, alla politica in primis, mettere in atto tutte le azioni necessarie per sconfiggerla. Ma non si può sconfiggere se prima non si pone un argine a povertà e miseria, due fattori che spingono giovani e meno giovani a gettarsi tra le braccia della mafia. Droga, spaccio, estorsioni, ti consentono soldi facili in un momento storico in cui proni alla finanza, abbiamo smantellato lo stato sociale. L’economia viene prima della persona, la finanza prima del welfare.
E se anche in Emilia-Romagna si comincia a parlare di baby gang il primo responsabile è lo Stato. I ragazzi oggi non vedono nelle istituzioni esempi positivi da seguire e soprattutto non vedono futuro. E questo senso di smarrimento, questa assenza dello Stato non gli lascia scelta se non quella di cercare nel piccolo gruppo criminale quel senso di appartenenza e protezione che lo Stato non riesce a garantirgli.
Quindi, se vogliamo risolvere il problema mafia, oltre all’azione di repressione operata da polizia e magistratura, dobbiamo ricominciare a riappropriarci del nostro ruolo nelle istituzioni, dobbiamo intervenire pesantemente per risolvere povertà, miseria e disoccupazione, dobbiamo alle future generazioni la speranza di un futuro migliore e soprattutto possibile.
Ricordare ha dunque un duplice significato: da una parte impegnarsi ogni giorno, ciascuno nel proprio ambito professionale, affinché determinate dinamiche distorte, atteggiamenti caratterizzati dalla sopraffazione e dalla violenza, non trovino spazio nella società; e dall'altra affermare ogni giorno quel principio di giustizia per tutti coloro che ancora non l'hanno ottenuta. Dunque è necessario un impegno quotidiano per impedire alle mafie di nutrirsi delle nostre debolezze e delle nostre mancanze. Un impegno quotidiano per non lasciare spazio alle mafie per inserirsi in quei settori d'affari sensibili sfruttando paura, omertà e rassegnazione. Accanto all'importante funzione della cultura e dell'educazione alla legalità come strumento conoscitivo dei fenomeni criminali e di riscatto dagli stessi, è fondamentale il ruolo giocato dalla famiglia, famiglia che deve interagire con l'ambiente scolastico ed educativo, dal quale invece è troppo spesso distante.
Il dialogo tra scuola e famiglia è un processo da ricostruire e sul quale dobbiamo tornare ad investire, affinché i giovani possano contare su punti di riferimento forti che li aiutino a compiere scelte di vita consapevoli. Per questo abbiamo scelto di mettere al centro del dibattito di questo Consiglio solenne, il ruolo genitoriale, familiare sia quando questo si riveli positivo nell’aiutare i ragazzi a compiere le scelte giusta, ma anche e soprattutto quando invece la famiglia ha influenze negative, obbligando così i giovani a dover compiere scelte difficili: scelte talvolta di rassegnazione, altre volte, fortunatamente, scelte di rottura e ribellione. Politica, istituzioni scolastiche, famiglia, luoghi di aggregazione potranno fare la differenza in questa grande sfida, lavorando insieme in totale sinergia".