Consiglio comunale, gli interventi d'inizio seduta del consigliere Francesco Errani
Di seguito gli interventi d'inizio seduta del consigliere Francesco Errani (Partito Democratico)." Verità e giustizia per Giulio Regeni.Giovedì 25 gennaio anche Bologna si è tinta di giallo per Giulio Regeni. A due anni esatti da...
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Di seguito gli interventi d'inizio seduta del consigliere Francesco Errani (Partito Democratico).
" Verità e giustizia per Giulio Regeni.
Giovedì 25 gennaio anche Bologna si è tinta di giallo per Giulio Regeni. A due anni esatti dalla scomparsa del ricercatore italiano, alle 19.41, oltre 100 piazze in tutta Italia hanno risposto all'appello della famiglia e di Amnesty International per chiedere verità e giustizia per il giovane torturato e ucciso in Egitto.
Era il 25 gennaio 2016, l'ultimo giorno di un giovane ricercatore italiano, Giulio aveva 28 anni ed era un dottorando dell’Università di Cambridge.
Nel mandato precedente il Consiglio comunale di Bologna ha approvato un Ordine del Giorno per sostenere la campagna di Amnesty International, per non permettere che l'omicidio del giovane ricercatore italiano finisca per essere dimenticato.
È importante continuare a chiedere con forza ai governi egiziano e italiano, e all’Unione Europea, di far luce sull’uccisione di Giulio Regeni.
Anche Palazzo D'Accursio, a distanza di due anni dall'omicidio in Egitto di Giulio Regeni, deve continuare a sostenere la campagna di Amnesty International che chiede "Verità per Giulio Regeni" (https://www.amnesty.it/appelli/corri-con-giulio/). Non dobbiamo permettere che l'uccisione di Giulio finisca per essere dimenticata.
Potremo fermarci solo davanti alla verità. Lo dobbiamo alla famiglia di Giulio, ai suoi amici e colleghi che da ogni parte del mondo chiedono verità. Lo dobbiamo a tutti noi e alla nostra dignità.
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2018/01/25/news/_chiediamo_verita_e_giustizia_piazza_verdi_piena_per_giulio_regeni-187286471/"
"Dal Cie all’hub: Bologna modello di accoglienza.
Sono contrario, bisogna invece far funzionare il sistema. Occorre, ad esempio, che qualcuno mi spieghi perché le persone non possono essere identificate in carcere ... CIE e Hub di via Mattei non possono coesistere, né si può sostituire un Hub che sta funzionando così bene e non si può inseguire un tale clima d’allarme. Non possiamo mettere a rischio il buon funzionamento dell’Hub”.
Queste sono le parole del Sindaco un anno fa, era il 9 gennaio 2017, ed è un pensiero che condivido.
Da Centro di identificazione ed espulsione con condizioni di vita (e di lavoro) inaccettabili, a Hub regionale dove fare vera accoglienza per profughi e richiedenti asilo. Quella per la chiusura del CIE di Bologna è stata una delle battaglie più intense del mandato precedente. Una battaglia iniziata dopo le denunce di Medici per i diritti umani e della Garante delle persone detenute in Emilia-Romagna.
Tutta la città ha chiesto con forza la chiusura del CIE e, a luglio del 2014, il centro di via Mattei è diventato un luogo di accoglienza per chi è costretto a scappare dalla fame e dalla guerra. E così è oggi: un hub dove prestare assistenza socio-sanitaria e iniziare a insegnare l’italiano, in attesa che una commissione decida se accogliere le richieste di asilo.
Con la chiusura del CIE, Bologna ha costruito un progetto di accoglienza diverso, che garantisce diritti e umanità a chi ha bisogno di protezione. Un esempio per tutta Italia, ma non solo: perché da Bologna può partire una battaglia di civiltà per la chiusura di tutti i CIE in Europa, trasformando l'emergenza profughi in politiche concrete di accoglienza e di cittadinanza per tutti.
È difficile quindi comprendere oggi le parole del Sindaco sulla possibilità di riaprire un Centro di espulsione a Bologna, anche perché questi centri non hanno mai funzionato e la spesa pubblica è stata enorme.
È un tema che riguarda i diritti umani da portare oltre le frontiere italiane. Deve riguardare tutta l’Europa e deve passare anche attraverso la revisione degli accordi con i Paesi d’origine degli stranieri che arrivano in Italia.
Piuttosto è importante impegnarsi per cambiare e superare la Bossi-Fini, una legge fallimentare. È importante rendere più efficiente il sistema dei rimpatri e lavorare per identificare le persone durante la permanenza in carcere".