Il Comune di Bologna ricorda Luigi Pedrazzi. L'intervento di Giovanni Salizzoni nell'aula del Consiglio comunale
L'Amministrazione comunale ha ricordato oggi nella sala del Consiglio comunale Luigi Pedrazzi, vicesindaco del Comune di Bologna dal 1995 al 1999, a quasi tre mesi dalla scomparsa. L'intervento dell'ex vicesindaco e consigliere comunale Giovanni Sali...
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L'Amministrazione comunale ha ricordato oggi nella sala del Consiglio comunale Luigi Pedrazzi, vicesindaco del Comune di Bologna dal 1995 al 1999, a quasi tre mesi dalla scomparsa. L'intervento dell'ex vicesindaco e consigliere comunale Giovanni Salizzoni.
"Ero molto giovane quando mio padre, nel 1956, fu eletto in consiglio comunale nella lista della Democrazia Cristiana assieme a Gigi Pedrazzi con Dossetti candidato sindaco avversario del comunista Giuseppe Dozza.
L'argomento frequente in famiglia era Giuseppe Dossetti, Pippo come lo chiamava affettuosamente il babbo, i progetti innovativi delle iniziative contenute nel famoso "Libro bianco" e la squadra poi sconfitta ma non inutilmente come oggi ormai tutti riconosciamo. Ricordo molti nomi degli eletti nella lista della Dc Ardigò, Toffoletto, Sbiaiz, Luppi, Pedrazzi, Coccolini. Perciò posso dire di avere conosciuto Gigi fin da quegli anni ed è per me impossibile non volergli bene. Quando tu sei in totale disaccordo con lui, la sua dolce e pacata determinazione nel sostenere le proprie convinzioni è totalmente disarmante. Per me Gigi Pedrazzi è un po' fratello maggiore, compagno di avventure politiche poi naufragate, amico e controparte politica, ma, come Romano Prodi ha ben detto in occasione del conferimento dell'Archiginnasio d'oro, Luigi Pedrazzi è tanto e molto di più.
Anni dopo Pedrazzi tornò da ad essere argomento di famiglia. Mio padre, presidente diocesano dell'Azione Cattolica e stretto collaboratore del cardinale Lercaro, si trovò a guidare la battaglia referendaria contro il divorzio nel 1974. Non si dava pace al pensiero che Pedrazzi fosse dall'altra parte. Mio zio Angelo Salizzoni, che si trovava in Parlamento con Aldo Moro, molto più prudentemente temeva la sconfitta politica in questa prova di forza che puntava a misurare l'esistenza di un partito unitario dei cattolici. E Gigi già allora, come ha poi scritto nel suo "L'ulivocultore bolognese" sosteneva: 'non dunque l'unità dei cristiani è in politica il bene supremo, ma solo la loro coerenza al Vangelo tanto più feconda e credibile se riescono a interpretarla e renderla visibile in schieramenti diversi'. Pochi ricordano, e nessuno ha scritto, che l'inventore delle cosiddette "primarie" per la scelta dei candidati, almeno a scala locale, è stato Nino Andreatta.
Nel 1985 candidato sindaco per la Dc accettò alla condizione di poter indicare personalmente i primi 10 candidati e di affidare gli altri 50 alle primarie fra gli iscritti. Una persona autorevole, esperta, al di sopra delle parti e non iscritto alla Dc fu indicata da Andreatta come garante: Luigi Pedrazzi. Le primarie furono invece negate dal suo partito al sindaco uscente Walter Vitali nel 1999, nonostante la ripetuta e motivata insistenza di Pedrazzi nel suo libro (1998) che già chiaramente intuiva la possibilità di una sconfitta dello schieramento di sinistra.
Vitali nel 1995 si era presentato alle elezioni senza Rifondazione Comunista che allora valeva circa il 7%. Un atto coraggioso e anzi quasi temerario. Io stesso, scomparsa la Dc, candidato sindaco con la lista civica Governare Bologna, credo di aver fatto un'incursione di qualche migliaia di voti nell'elettorato di sinistra facendogli rischiare seriamente il ballottaggio che allora non era davvero immaginabile.
Non tutti apprezzarono e pochi scrissero del progetto che c'era dietro l'iniziativa Vitali: un vicesindaco cattolico sempre impegnato in prima fila ed un'apertura ai più moderati per amministrare riformando. Bisogna pensare che allora pochissimi avessero letto "L'Ulivocultore bolognese" perché lì è tutto scritto ciò che poi nel 1999 è accaduto.
Pedrazzi non prevede il successo della candidatura Guazzaloca ma alla vigilia delle elezioni aveva intravisto il rischio di una sconfitta dovuta al silenzio imbarazzante sulla candidatura espressa tardivamente dalla sinistra. E in effetti la sinistra fu sconfitta per la prima volta Bologna. E così nella giunta Guazzaloca mi sono trovato vicesindaco dopo di lui. Si poteva spesso scorgerlo in fondo a questa sala fra il pubblico di sera, anche a tarda ora, che prendeva appunti sull'andamento del dibattito in Consiglio Comunale. Pedrazzi non ha mai smesso di svolgere il ruolo di facilitatore del dialogo e di seminatore di strategie nuove, anche se scomode e spesso duramente criticate, forse anche talvolta un po' ingenue.
Siamo quindi rimasti su banchi diversi anche se nel suo libro lascia intendere che io avrei potuto/dovuto, proprio per governare Bologna come recita la nostra lista civica, appoggiare un candidato sindaco con i requisiti da lui descritti. Ma abbiamo anche lavorato con entusiasmo dalla stessa parte quando, nel 1992, ci trovammo all'EUR, a Roma, ad ascoltare Mariotto Segni e Romano Prodi e, successivamente a Bologna, in molte riunioni organizzative e creative.
Tutto per cambiare e rigenerare la vecchia politica. Non è andata come si sperava, ma ancora una volta Gigi mette a disposizione la sua esperienza e la sua instancabile determinazione. E' raro incontrare una persona che abbracci con la sua vita attiva un periodo così lungo e denso di avvenimenti tanto diversi e decisivi. Si può dire che Pedrazzi non sia mai andato in pensione con le sue idee e le sue strategie senza farsi scalfire né scoraggiare dalle critiche sulle presunte appartenenze e dagli insuccessi. Un'altra persona che ho avuto la fortuna di avere come amico e collaboratore subì deprecabili critiche per aver ideato e proposto soluzioni per una parte politica prima e per quella posta poi: Marco Biagi, convinto che per il bene comune e la forza delle idee debba sempre superare gli ostacoli posti dalle barriere di appartenenza politica e culturale.
Ma non tutti possono permettersi questo modo di essere, bisogna essere forti, determinati, liberi e quindi sostanzialmente inattaccabili con il buonumore e la serenità di chi resiste e tiene sempre la barra dritta anche nelle più complicate vicende. Così era Gigi Pedrazzi. Questa è l'eredità che dobbiamo raccogliere da Luigi Pedrazzi oggi più che mai necessaria: saper promuovere con buonumore e determinazione il dialogo pacato fra le parti per l'obiettivo utile comune. Don Giovanni Nicolini, nell'omelia durante le esequie, ci ha invitati a non usare il tempo passato: Pedrazzi è stato, ha fatto etc... ma il tempo presente.Troppe cose belle e buone abbiamo vissuto insieme e, credenti e non credenti, non possiamo pensare che tutto ciò finisca così presto".
"Ero molto giovane quando mio padre, nel 1956, fu eletto in consiglio comunale nella lista della Democrazia Cristiana assieme a Gigi Pedrazzi con Dossetti candidato sindaco avversario del comunista Giuseppe Dozza.
L'argomento frequente in famiglia era Giuseppe Dossetti, Pippo come lo chiamava affettuosamente il babbo, i progetti innovativi delle iniziative contenute nel famoso "Libro bianco" e la squadra poi sconfitta ma non inutilmente come oggi ormai tutti riconosciamo. Ricordo molti nomi degli eletti nella lista della Dc Ardigò, Toffoletto, Sbiaiz, Luppi, Pedrazzi, Coccolini. Perciò posso dire di avere conosciuto Gigi fin da quegli anni ed è per me impossibile non volergli bene. Quando tu sei in totale disaccordo con lui, la sua dolce e pacata determinazione nel sostenere le proprie convinzioni è totalmente disarmante. Per me Gigi Pedrazzi è un po' fratello maggiore, compagno di avventure politiche poi naufragate, amico e controparte politica, ma, come Romano Prodi ha ben detto in occasione del conferimento dell'Archiginnasio d'oro, Luigi Pedrazzi è tanto e molto di più.
Anni dopo Pedrazzi tornò da ad essere argomento di famiglia. Mio padre, presidente diocesano dell'Azione Cattolica e stretto collaboratore del cardinale Lercaro, si trovò a guidare la battaglia referendaria contro il divorzio nel 1974. Non si dava pace al pensiero che Pedrazzi fosse dall'altra parte. Mio zio Angelo Salizzoni, che si trovava in Parlamento con Aldo Moro, molto più prudentemente temeva la sconfitta politica in questa prova di forza che puntava a misurare l'esistenza di un partito unitario dei cattolici. E Gigi già allora, come ha poi scritto nel suo "L'ulivocultore bolognese" sosteneva: 'non dunque l'unità dei cristiani è in politica il bene supremo, ma solo la loro coerenza al Vangelo tanto più feconda e credibile se riescono a interpretarla e renderla visibile in schieramenti diversi'. Pochi ricordano, e nessuno ha scritto, che l'inventore delle cosiddette "primarie" per la scelta dei candidati, almeno a scala locale, è stato Nino Andreatta.
Nel 1985 candidato sindaco per la Dc accettò alla condizione di poter indicare personalmente i primi 10 candidati e di affidare gli altri 50 alle primarie fra gli iscritti. Una persona autorevole, esperta, al di sopra delle parti e non iscritto alla Dc fu indicata da Andreatta come garante: Luigi Pedrazzi. Le primarie furono invece negate dal suo partito al sindaco uscente Walter Vitali nel 1999, nonostante la ripetuta e motivata insistenza di Pedrazzi nel suo libro (1998) che già chiaramente intuiva la possibilità di una sconfitta dello schieramento di sinistra.
Vitali nel 1995 si era presentato alle elezioni senza Rifondazione Comunista che allora valeva circa il 7%. Un atto coraggioso e anzi quasi temerario. Io stesso, scomparsa la Dc, candidato sindaco con la lista civica Governare Bologna, credo di aver fatto un'incursione di qualche migliaia di voti nell'elettorato di sinistra facendogli rischiare seriamente il ballottaggio che allora non era davvero immaginabile.
Non tutti apprezzarono e pochi scrissero del progetto che c'era dietro l'iniziativa Vitali: un vicesindaco cattolico sempre impegnato in prima fila ed un'apertura ai più moderati per amministrare riformando. Bisogna pensare che allora pochissimi avessero letto "L'Ulivocultore bolognese" perché lì è tutto scritto ciò che poi nel 1999 è accaduto.
Pedrazzi non prevede il successo della candidatura Guazzaloca ma alla vigilia delle elezioni aveva intravisto il rischio di una sconfitta dovuta al silenzio imbarazzante sulla candidatura espressa tardivamente dalla sinistra. E in effetti la sinistra fu sconfitta per la prima volta Bologna. E così nella giunta Guazzaloca mi sono trovato vicesindaco dopo di lui. Si poteva spesso scorgerlo in fondo a questa sala fra il pubblico di sera, anche a tarda ora, che prendeva appunti sull'andamento del dibattito in Consiglio Comunale. Pedrazzi non ha mai smesso di svolgere il ruolo di facilitatore del dialogo e di seminatore di strategie nuove, anche se scomode e spesso duramente criticate, forse anche talvolta un po' ingenue.
Siamo quindi rimasti su banchi diversi anche se nel suo libro lascia intendere che io avrei potuto/dovuto, proprio per governare Bologna come recita la nostra lista civica, appoggiare un candidato sindaco con i requisiti da lui descritti. Ma abbiamo anche lavorato con entusiasmo dalla stessa parte quando, nel 1992, ci trovammo all'EUR, a Roma, ad ascoltare Mariotto Segni e Romano Prodi e, successivamente a Bologna, in molte riunioni organizzative e creative.
Tutto per cambiare e rigenerare la vecchia politica. Non è andata come si sperava, ma ancora una volta Gigi mette a disposizione la sua esperienza e la sua instancabile determinazione. E' raro incontrare una persona che abbracci con la sua vita attiva un periodo così lungo e denso di avvenimenti tanto diversi e decisivi. Si può dire che Pedrazzi non sia mai andato in pensione con le sue idee e le sue strategie senza farsi scalfire né scoraggiare dalle critiche sulle presunte appartenenze e dagli insuccessi. Un'altra persona che ho avuto la fortuna di avere come amico e collaboratore subì deprecabili critiche per aver ideato e proposto soluzioni per una parte politica prima e per quella posta poi: Marco Biagi, convinto che per il bene comune e la forza delle idee debba sempre superare gli ostacoli posti dalle barriere di appartenenza politica e culturale.
Ma non tutti possono permettersi questo modo di essere, bisogna essere forti, determinati, liberi e quindi sostanzialmente inattaccabili con il buonumore e la serenità di chi resiste e tiene sempre la barra dritta anche nelle più complicate vicende. Così era Gigi Pedrazzi. Questa è l'eredità che dobbiamo raccogliere da Luigi Pedrazzi oggi più che mai necessaria: saper promuovere con buonumore e determinazione il dialogo pacato fra le parti per l'obiettivo utile comune. Don Giovanni Nicolini, nell'omelia durante le esequie, ci ha invitati a non usare il tempo passato: Pedrazzi è stato, ha fatto etc... ma il tempo presente.Troppe cose belle e buone abbiamo vissuto insieme e, credenti e non credenti, non possiamo pensare che tutto ciò finisca così presto".