Consiglio comunale, il secondo intervento d'inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni
Si trasmette il secondo intervento d'inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni (Partito Democratico) sulla sentenza della Corte di Giustizai in merito al velo islamico sul luogo di lavoro."Corte di Giustizia europea: con una sua sentenza decre...
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Si trasmette il secondo intervento d'inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni (Partito Democratico)
sulla sentenza della Corte di Giustizai in merito al velo islamico sul luogo di lavoro.
"Corte di Giustizia europea: con una sua sentenza decreta che licenziare una lavoratrice perché porta il velo islamico può essere legale.
Bologna: la moschea An-Nur di via Pallavicini apre le sue porte ai cittadini e alle cittadine bolognesi e per questo ringrazio la comunità islamica locale.
Non voglio addentrarmi nella sentenza della Corte di giustizia, ma mi interessa rilevare due approcci differenti; mi interessa fare qualche riflessione in merito a un dialogo non più rimandabile tra persone di diversa religione, agnostiche o atee che vivono nella medesima società e che proprio per questo non possono ignorarsi, o peggio innalzare barriere e a volte barricate le une nei confronti degli altri o tutte nei confronti di una.
Davvero la linea di difesa della laicità dello Stato si deve tracciare sul terreno dell'abbigliamento femminile, guarda caso, proprio delle donne?
Se siamo contrari all'imposizione del velo, dobbiamo sentirci quanto meno a disagio di fronte al suo divieto. Vietarlo -il velo- in termini di libertà, è come imporlo. Sempre qualcun altro rispetto alle donne stesse che dica loro come è "giusto" si vestano, si comportino, vivano.
Lascia poi perplessi il fatto che, accettando di focalizzare il confronto con l'islam sulla questione del velo, si incorra nella semplificazione che preferisce trattare dei simboli piuttosto che della sostanza, identificando come esclusivamente come religioso un simbolo come il velo, appunto, a costumi che possono essere anche legati a tradizioni e all'affermazione di un'identità culturale, di autodeterminazione. Una cara amica mi ha detto: 'nessuno riuscirà a farmi togliere il velo se non lo decido io'.
La risposta non può essere il divieto, soprattutto perché non sarebbe legittimo imporre ai musulmani (anzi alle musulmane) restrizioni che non si impongono ai fedeli di altre religioni. Dobbiamo invece impedire con tutta la forza delle leggi la pretesa di islamici e di qualunque altro fedele radicale di imporre a chi non è di quella religione limitazioni nella libertà di abbigliamento o di stile di vita.
Lo scandalo inammissibile non è che donne musulmane, di solito nostre concittadine, si muovano in spazi pubblici, in città e nei luoghi di lavoro con la testa coperta, ma che la libertà delle donne, di tutte le donne, possa esser minacciata o insultata da chi crede di essere autorizzato di imporre limitazioni altrui. Una pretesa, questa, che va combattuta con tutta la forza delle leggi, dell'educazione e della cultura, senza piegarsi al ricatto di una perversa e pericolosa "tolleranza dell'intolleranza".
Per questo preferisco battermi affinché nessuna religione, movimento, ideologia, persona consideri le donne impure, inferiori, degli oggetti da usare, a cui fare violenza considerandole delle proprietà. Per questo sono felice che a Bologna il terreno che si sta tracciando sia diverso, che la nostra amministrazione comunale stia interloquendo e cercando accordi con la comunità islamica bolognese, andando in profondità rispetto a regole di comune rispetto e convivenza".
sulla sentenza della Corte di Giustizai in merito al velo islamico sul luogo di lavoro.
"Corte di Giustizia europea: con una sua sentenza decreta che licenziare una lavoratrice perché porta il velo islamico può essere legale.
Bologna: la moschea An-Nur di via Pallavicini apre le sue porte ai cittadini e alle cittadine bolognesi e per questo ringrazio la comunità islamica locale.
Non voglio addentrarmi nella sentenza della Corte di giustizia, ma mi interessa rilevare due approcci differenti; mi interessa fare qualche riflessione in merito a un dialogo non più rimandabile tra persone di diversa religione, agnostiche o atee che vivono nella medesima società e che proprio per questo non possono ignorarsi, o peggio innalzare barriere e a volte barricate le une nei confronti degli altri o tutte nei confronti di una.
Davvero la linea di difesa della laicità dello Stato si deve tracciare sul terreno dell'abbigliamento femminile, guarda caso, proprio delle donne?
Se siamo contrari all'imposizione del velo, dobbiamo sentirci quanto meno a disagio di fronte al suo divieto. Vietarlo -il velo- in termini di libertà, è come imporlo. Sempre qualcun altro rispetto alle donne stesse che dica loro come è "giusto" si vestano, si comportino, vivano.
Lascia poi perplessi il fatto che, accettando di focalizzare il confronto con l'islam sulla questione del velo, si incorra nella semplificazione che preferisce trattare dei simboli piuttosto che della sostanza, identificando come esclusivamente come religioso un simbolo come il velo, appunto, a costumi che possono essere anche legati a tradizioni e all'affermazione di un'identità culturale, di autodeterminazione. Una cara amica mi ha detto: 'nessuno riuscirà a farmi togliere il velo se non lo decido io'.
La risposta non può essere il divieto, soprattutto perché non sarebbe legittimo imporre ai musulmani (anzi alle musulmane) restrizioni che non si impongono ai fedeli di altre religioni. Dobbiamo invece impedire con tutta la forza delle leggi la pretesa di islamici e di qualunque altro fedele radicale di imporre a chi non è di quella religione limitazioni nella libertà di abbigliamento o di stile di vita.
Lo scandalo inammissibile non è che donne musulmane, di solito nostre concittadine, si muovano in spazi pubblici, in città e nei luoghi di lavoro con la testa coperta, ma che la libertà delle donne, di tutte le donne, possa esser minacciata o insultata da chi crede di essere autorizzato di imporre limitazioni altrui. Una pretesa, questa, che va combattuta con tutta la forza delle leggi, dell'educazione e della cultura, senza piegarsi al ricatto di una perversa e pericolosa "tolleranza dell'intolleranza".
Per questo preferisco battermi affinché nessuna religione, movimento, ideologia, persona consideri le donne impure, inferiori, degli oggetti da usare, a cui fare violenza considerandole delle proprietà. Per questo sono felice che a Bologna il terreno che si sta tracciando sia diverso, che la nostra amministrazione comunale stia interloquendo e cercando accordi con la comunità islamica bolognese, andando in profondità rispetto a regole di comune rispetto e convivenza".