Comunicati stampa

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"FRANCESCO MALAGUZZI VALERI. TRA STORIOGRAFIA ARTISTICA, MUSEO E TUTELA": 20 E 21 OTTOBRE IL CONVEGNO DI STUDI


Giovedì 20 e venerdì 21 ottobre avrà luogo a Bologna il convegno di studi "Francesco Malaguzzi Valeri (1867-1928) Tra storiografia artistica, museo e tutela". Il Convegno che si svolge all’interno di un più complesso progetto sci...

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Giovedì 20 e venerdì 21 ottobre avrà luogo a Bologna il convegno di studi "Francesco Malaguzzi Valeri (1867-1928) Tra storiografia artistica, museo e tutela". Il Convegno che si svolge all’interno di un più complesso progetto scientifico che vede in contemporanea l’allestimento di due esposizioni temporanee nei luoghi e nelle istituzioni museali in cui il Malaguzzi Valeri prestò servizio (Le Collezioni comunali d'Arte e Il Museo Davia Bargellini) ha preso il via già mercoledì 19 ottobre a Milano, presso l'Università Cattolica e proseguirà a Bologna domani, giovedì 20 ottobre dalle ore 9.30 del mattino nell'aula Cesare Gnudi della Piancoteca Nazionale e venerdì 21 ottobre dalle 9 del mattinonella sala del Lapidario del Museo Civico Medievale.
Fra gli enti promotori dell’iniziativa vi sono l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e la Pinacoteca Nazionale di Brera, l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, l’Università degli Studi di Bologna, i Musei Civici d’arte antica, la Sovrintendenza e la Pinacoteca Nazionale di Bologna.

Info e programma completo
www.comune.bologna.it/iperbole/MuseiCivici/museicivici2000ita/homenews.htm

Ancora oggi, a ottant’anni dalla sua scomparsa, la figura di Francesco Malaguzzi Valeri (Reggio Emilia 1867- Bologna 1928) è circondata da un’aurea di mistero. Morto suicida il 23 settembre 1928, o naturalmente per arresto di cuore, ipotesi poco attendibile ma che riportarono alcuni giornali dell’epoca probabilmente per coprire la realtà e lo scandalo, lo studioso reggiano fu subito investito da una sorta di damnatio memoriae,che possiamo certamente affermare sopravviva, in parte, ancora oggi, sebbene senza più alcun accanimento, ma tale che agli studiosi più giovani non è dato sapere più di quanto dovuto riguardo la sua tragica fine
Non solo. Allo stato attuale degli studi, forse a causa di una fortuna critica a lui avversa proprio a seguito di quei drammatici fatti, la sua figura di storico d’arte, conservatore e museologo è fra quelle meno indagate dalla storia della critica d’arte, anche della più recente.

Se per quanto riguarda Malaguzzi a Milano, dunque gli anni di Brera, sebbene non sia ancora possibile avere i dettagli precisi delle iniziative che si andranno a sviluppare, certo è che il progetto viene a essere coordinato dal Prof. Alessandro Rovetta - a Reggio Emilia, già nominata sede della giornata inaugurale del convegno, si sta occupando dell’organizzazione sempre il Prof. Rovetta - a Bologna è intenzione delle diverse istituzioni pubbliche in cui prestò servizio lo storico reggiano, insieme all’Alma Mater, dare corso a un progetto scientifico comune che possa rendere giustizia agli anni che videro il Malaguzzi impegnato incessantemente nel capoluogo emiliano in qualità di Sovrintendente, direttore della Pinacoteca e fondatore del Museo Davia Bargellini.
Verso la fine del secondo decennio del secolo scorso egli diede corpo all’idea di fondare a Bologna un museo d’arte decorativa in cui poter raccogliere ed ordinare la ricca suppellettile che si conservava inutilizzata nei magazzini degli uffici pubblici, delle opere pie e delle chiese cittadine che lui stesso aveva avuto la possibilità di conoscere da quando aveva ricevuto l’incarico di soprintendente ai monumenti della città. Il nuovo interesse storico e critico per quei particolari prodotti artigianali e industriali, la “tendenza, fattasi generale in quegli anni, verso una più giusta valutazione dell’importanza delle arti minori e industriali e del moltiplicarsi dei musei d’arte decorativa che già erano sorti o andavano sorgendo a Milano, a Torino, a Venezia, a Firenze, a Roma”, trovò definitiva concretizzazione in città fra il 1917 e il 1924 con la nascita del Museo d’Arte Industriale sito in palazzo Davia Bargellini all’epoca di proprietà dell’Opera Pia.
“Quello degli anni”, come ebbe ad affermare qualche tempo fa Eugenio Riccomini, “intorno alla prima guerra mondiale era il momento dei musei arredati che somigliavano o che volevano somigliare ad abitazioni lussuose”, di quelle case-museo o di quei musei d’ambientazione, che sempre più si allestivano in Italia e che necessitavano per loro stessa indole e volontà di rievocare nelle persone che li visitavano sensazioni ed atmosfere tali da riuscire nel difficile compito di proiettarle, anche solo per poche ore, in un passato e una vita quotidiana che oramai era troppo lontano dalla loro sensibilità moderna. Lo scopo o almeno uno degli scopi dell’allestimento di quelle collezioni era perciò di aiutare l’artigiano, l’artista, lo studioso o il comune visitatore alla conoscenza dei tempi che furono, quanto dello spirito che li animò perché, come ebbe a scrivere il Malaguzzi Valeri, la “storia delle epoche trascorse non può essere completamente intesa senza lo studio e l’ammirazione degli ambienti entro i quali esse nacquero e si svolsero”.
L’ambiente che si voleva evocare nelle numerose sale approntate da Malaguzzi Valeri nel primo piano del palazzo Davia Bargellini - sede più che mai adatta a preparare e a introdurre con il suo fastoso scalone il visitatore al trionfo del barocco petroniano - era certamente quella del riscoperto e ora sempre più indagato Settecento bolognese, la cui anima veniva a manifestarsi materialmente nella luce dei ricchi apparati, nei mobili elegantissimi, nelle piccole terrecotte così come nelle cornici dorate degli specchi e dei dipinti, tutte opere felicemente collocate, o meglio ambientate, in maniera tale da riuscire nel compito di richiamare il passato del fastoso XVIII secolo.
Di certo si può affermare che questo recupero alla conoscenza dei secoli barocchi il Malaguzzi Valeri l’avesse già avviato pochi anni prima quando, in qualità di direttore della Pinacoteca bolognese, si era fatto promotore del nuovo assetto della più importante collezione cittadina: “da anni, anzi da decenni, abbandonata in poche sale in cui quadri grandissimi e piccoli, tele di valore e opere mediocri si affastellavano fino al soffitto, persino in tre file, la maggiore Galleria emiliana reclamava provvedimenti radicali e cure armoniose”. Il riordino voluto dal nuovo direttore, attuato anche grazie anche agli ampliamenti dell’antico edificio realizzati in parte sui progetti di quell’Edoardo Collamarini che tempo addietro era stato una delle punte di diamante della gilda rubbianesca, garantiva la valorizzazione di un gruppo di sale dedicate al Seicento e al Settecento per mettere in evidenza l’opera di artisti a quegli anni quasi dimenticati dalla critica.
La scuola bolognese del Seicento trovava luogo nelle stanze, ornate e arredate da ricchi mobili dell’epoca, del nuovo braccio del palazzo - realizzato in luminosissimi locali a lucernai centrali, così funzionali da essere mantenuti nell’ancora attuale percorso creato da Leone Pancaldi a partire dagli anni cinquanta del Novecento -, che culminava nella grandissima sala ottagonale. Nella medesima eleganza architettonica le sale dedicate al XVIII secolo furono arredate con damaschi rossi alle pareti sui cui si stagliavano magnifiche cornici dorate, poltrone e consoles intagliate e nobili apparati che volevano, come nella galleria Davia Bargellini, rendere giustizia a una particolare atmosfera e luce, a un passato che con ricercatezza si aspirava a ricostruire nella sua anima e intimità quotidiana e che trovava la sua definitiva consacrazione nel sublime salone dei settecentisti bolognesi, allestito ex novo insieme alla saletta dei ritratti, destinato a ospitare dipinti del Franceschini, di Vittorio Maria Bigari, Burrini, Donato Creti, Ubaldo e Gaetano Gandolfi, nonché di Giuseppe Maria Crespi - l’unico fra i citati a godere a quelle date di una certa fortuna critica - a cui si aggiungevano “terrecotte del Piò e del Mazza che sembravano ispirate ai vicini quadri” e che rendevano la Pinacoteca di Bologna come una delle più signorili e piacevoli gallerie d’Italia.

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Ultimo aggiornamento

14/03/2025, 12:22
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