CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE BENEDETTO ZACCHIROLI (PD) SULL'USO DEI SOCIAL NETWORK IN POLITICA
Si trasmette l'intervento di inizio seduta del del consigliere Benedetto Zacchiroli (PD) sulle dichiarazioni del consigliere Dalrio e uso dei social network in politica.
"La scorsa settimana un consigliere del quartiere San Vitale ha deliziato...
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Si trasmette l'intervento di inizio seduta del del consigliere Benedetto Zacchiroli (PD) sulle dichiarazioni del consigliere Dalrio e uso dei social network in politica.
"La scorsa settimana un consigliere del quartiere San Vitale ha deliziato prima le platee informatiche poi la città con una dichiarazione riguardo il sindaco Merola e l'affaire Cioccoshow.
<Tornatene a Napoli, Terún> ha tuonato dai banchi virtuali il rappresentante del popolo. Che finezza, che leggiadria verbale.
Dispiace deluderlo, ma lui e la bolognesità difesa, non hanno nulla a che fare.
Lo statista di quartiere si è difeso financo sulla mia bacheca Facebook asserendo quanto segue:<"il Signor Sindaco si è rivolto a persone che vogliono lavorare e produrre dicendo: "Prego, si accomodino" ossia tradotto: "Andatevene da Bologna." La mia reazione è stata semplice: "Può andarsene anche lui". Io sto dalla parte di chi vuole lavorare e produrre. La sostanza è questa il resto non conta>.
Fa piacere che Dalrio stia dalla parte di chi vuole lavorare e produrre. Ci mancherebbe che anche il sottoscritto non sia un sostenitore di chi vuole lavorare e produrre. Ma si metta in testa, il consigliere, che la sostanza di ciò che ha detto non è solo questo. La forma, in politica, molte volte è parte della sostanza.
La formula usata è meschina, è segno di una cultura che pensa che il semplice fatto di essere nato sotto le due torri dia più diritto a parlare in città rispetto a chi in questa città non ci è nato. Davvero siamo ancora lì? Oppure lì c'è il consigliere Dalrio con qualche
sparuto gruppo di persone che ancora si sentono padroni della città e della sua cultura per via di ius soli. Nemmeno le scuse per un uscita infelice e offensiva. Chieda scusa Dalrio. Abbia un sussulto di felsinea coscienza e chieda scusa. Ha offeso. E lo ha fatto da
rappresentante dei cittadini. E chieda scusa anche a loro. Non abbiamo bisogno in città di chi, per argomentare la propria sostanza politica, usa un linguaggio simile.
In proposito segnalo a Dalrio che tra i residenti la percentuale di chi è nato a Bologna è ormai del 43,5%…se ne faccia una ragione!
Approfitto del tempo che mi rimane per ricordare sia a Dalrio che a tutti noi che un uso "leggero" dei social network è sconsigliato. Siamo persone pubbliche anche lì.
Visto che nelle ultime settimane abbiamo assistito a una escalation eclatante di un uso spensierato del web mi sono permesso di fotocopiare e distribuire ai colleghi un articolo di Margaret Sullivan, da circa due mesi nuovo public editor del New York Times, che riguarda il comportamento che i giornalisti devono tenere sui social network. Sullivan riporta una lettera di uno dei responsabili degli standard giornalistici, Philip B. Corbett, sulle linee di condotta raccomandate dal giornale. Cito un estratto: " (…) dovremmo sempre trattare Twitter, Facebook e le altre piattaforme dei social media come attività pubbliche. Ogni cosa che viene messa online può essere facilmente condivisa con un pubblico molto più ampio, al di là delle vostre impostazioni di privacy e della lunghezza della lista di chi vi segue. (…) I lettori assoceranno inevitabilmente con il Times qualsiasi cosa pubblichiate sui social media. (…) in fin dei conti, i lettori sono i nostri datori di lavoro. Bisogna essere civili sia che uno scambio avvenga personalmente, sia che avvenga per telefono, per lettera o online."
Spero sia utile a farci comprendere quanto il confine tra pubblico e privato, quando siamo online, sia pressoché nullo".
"La scorsa settimana un consigliere del quartiere San Vitale ha deliziato prima le platee informatiche poi la città con una dichiarazione riguardo il sindaco Merola e l'affaire Cioccoshow.
<Tornatene a Napoli, Terún> ha tuonato dai banchi virtuali il rappresentante del popolo. Che finezza, che leggiadria verbale.
Dispiace deluderlo, ma lui e la bolognesità difesa, non hanno nulla a che fare.
Lo statista di quartiere si è difeso financo sulla mia bacheca Facebook asserendo quanto segue:<"il Signor Sindaco si è rivolto a persone che vogliono lavorare e produrre dicendo: "Prego, si accomodino" ossia tradotto: "Andatevene da Bologna." La mia reazione è stata semplice: "Può andarsene anche lui". Io sto dalla parte di chi vuole lavorare e produrre. La sostanza è questa il resto non conta>.
Fa piacere che Dalrio stia dalla parte di chi vuole lavorare e produrre. Ci mancherebbe che anche il sottoscritto non sia un sostenitore di chi vuole lavorare e produrre. Ma si metta in testa, il consigliere, che la sostanza di ciò che ha detto non è solo questo. La forma, in politica, molte volte è parte della sostanza.
La formula usata è meschina, è segno di una cultura che pensa che il semplice fatto di essere nato sotto le due torri dia più diritto a parlare in città rispetto a chi in questa città non ci è nato. Davvero siamo ancora lì? Oppure lì c'è il consigliere Dalrio con qualche
sparuto gruppo di persone che ancora si sentono padroni della città e della sua cultura per via di ius soli. Nemmeno le scuse per un uscita infelice e offensiva. Chieda scusa Dalrio. Abbia un sussulto di felsinea coscienza e chieda scusa. Ha offeso. E lo ha fatto da
rappresentante dei cittadini. E chieda scusa anche a loro. Non abbiamo bisogno in città di chi, per argomentare la propria sostanza politica, usa un linguaggio simile.
In proposito segnalo a Dalrio che tra i residenti la percentuale di chi è nato a Bologna è ormai del 43,5%…se ne faccia una ragione!
Approfitto del tempo che mi rimane per ricordare sia a Dalrio che a tutti noi che un uso "leggero" dei social network è sconsigliato. Siamo persone pubbliche anche lì.
Visto che nelle ultime settimane abbiamo assistito a una escalation eclatante di un uso spensierato del web mi sono permesso di fotocopiare e distribuire ai colleghi un articolo di Margaret Sullivan, da circa due mesi nuovo public editor del New York Times, che riguarda il comportamento che i giornalisti devono tenere sui social network. Sullivan riporta una lettera di uno dei responsabili degli standard giornalistici, Philip B. Corbett, sulle linee di condotta raccomandate dal giornale. Cito un estratto: " (…) dovremmo sempre trattare Twitter, Facebook e le altre piattaforme dei social media come attività pubbliche. Ogni cosa che viene messa online può essere facilmente condivisa con un pubblico molto più ampio, al di là delle vostre impostazioni di privacy e della lunghezza della lista di chi vi segue. (…) I lettori assoceranno inevitabilmente con il Times qualsiasi cosa pubblichiate sui social media. (…) in fin dei conti, i lettori sono i nostri datori di lavoro. Bisogna essere civili sia che uno scambio avvenga personalmente, sia che avvenga per telefono, per lettera o online."
Spero sia utile a farci comprendere quanto il confine tra pubblico e privato, quando siamo online, sia pressoché nullo".