CONSIGLIO COMUNALE IN OCCASIONE DEL "GIORNO DEL RICORDO", INTERVENTO DELLA PRESIDENTE SIMONA LEMBI
Si trasmette il discorso di Simona Lembi, presidente del Consiglio comunale di Bologna, tenuto oggi nel corso della seduta del Consiglio comunale dedicata al "Giorno del Ricordo".
"Gentili Consiglieri, Assessori, Autorità militari e...
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Si trasmette il discorso di Simona Lembi, presidente del Consiglio comunale di Bologna, tenuto oggi nel corso della seduta del Consiglio comunale dedicata al "Giorno del Ricordo".
"Gentili Consiglieri, Assessori, Autorità militari e civili, gentili ospiti,
dal marzo del 2004, il 10 di Febbraio è stato definito, in Italia, ‘il Giorno del Ricordo’ da una legge del nostro paese, la nr 92, che, nel primo comma del suo primo articolo, dice “la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘giorno del ricordo’, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Per prima cosa vorrei sottolineare la parola scelta per definire questa giornata: del ricordo.
In genere, si ha il ‘ricordo’, di qualcosa che si è vissuto in prima persona, molto vicino a noi. Nel nostro caso gli avvenimenti che ricordiamo non sono proprio vicino a noi, eppure, pur attraversando tre generazioni, questi fatti hanno avuto bisogno di molto tempo, molto sforzo da parte degli studiosi e degli storici, molta perseveranza e persistenza da parte di singoli cittadini testimoni diretti o indiretti di quegli avvenimenti, prima che diventassero parte di un dibattito pubblico e, solo di recente, oggetto di una legge nazionale che ne sancisce il ricordo.
Questi sono i primi due punti che vorrei affermare oggi, nella seduta di questo Consiglio: il bisogno di conoscere i fatti delle foibe e dell’esodo e di riconoscerne pubblicamente la portata storica.
Sul primo punto desidero ringraziare particolarmente il Professor Salimbeni per la disponibilità e l’attenzione che ha manifestato al nostro invito. Il Professor Salimbeni è docente di storia contemporanea all’Università di Udine, segretario generale dell’Istituto per gli incontri culturali mitteleuropei di Gorizia e componente della Commissione mista storico-culturale italo-slovena, istituita nel 1993 su iniziativa dei Ministri degli Esteri d’Italia e di Slovenia.
L’invito rivolto ad uno storico, e, in particolare, al Professor Salimbeni, ha infatti questa valenza: far conoscere meglio cosa c’è dentro numeri che già di per sé suonano agghiaccianti: dalle 4, alle 5000 morti e dai 270, ai 350.000 esodi, confidando di avere così raccolto un invito formulato dal Presidente della Federazione Associazioni Esuli,Brazzoduro Guido, che nel 2005, proprio in questa sala, ebbe a dire: è giunto il momento che i ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati.
Da questo punto di vista sono particolarmente grata, e sono certa di interpretare un sentimento comune a tutto il Consiglio comunale, anche al Presidente Segnan per l’azione sua e di tutti quegli esuli e quei parenti degli esuli e delle vittime, che ha caparbiamente svolto in questi anni per non dimenticare. A loro, ancor prima che ad altri, va riconosciuto il coraggio di aver attraversato anni di forzato silenzio continuando a rivendicare la verità sulla propria storia e i propri diritti di italiani.
La seconda considerazione che mi preme fare oggi riguarda invece il riconoscimento della portata storica di quel periodo e cosa oggi può illuminare il nostro lavoro. Se una cosa abbiamo imparato da un secolo, che qualcuno ha chiamato breve, ma dal quale invece molti trovano che sia così difficile uscire e liberarsi, questa è che NULLA ci è garantito. Da quel periodo, ben più lungo degli anni delle Foibe, i popoli europei sono usciti costruendo paesi democratici, comuni liberi, la Comunità prima e l’Unione Europea successivamente. Nonostante questo, il Nazionalismo che ha attraversato gli anni delle Foibe rimane un rischio permanente. E non è da sottovalutare la forza con cui ormai, da troppi anni, si riaffaccia in Europa, oggi persino collegato alla crisi economica. Anche per questo, parallelamente all’impegno a diffondere la conoscenza di quei fatti, ci corre anche l’obbligo di fare tutto ciò che è alla nostra portata per non ricadere nelle condizioni che resero possibili i fatti che oggi richiamiamo. In questo senso vale oggi un richiamo al rafforzamento dell’Europa. Quel percorso non si è completato. È sotto agli occhi di tutti l’insufficienza di un’Europa puramente monetaria e l’urgenza invece di un’Europa politica.
Vorrei concludere questo mio breve intervento riprendendo qualcosa accaduto nella nostra città. Nel 1947, nella stazione di Bologna, passarono i convogli che portavano gli esuli istriani, fiumani e dalmati. Non furono ben accolti, ma negli anni successivi questo atteggiamento ostile si attenuò e molte famiglie, alcune delle quali presenti oggi, scelsero la nostra città per viverci stabilmente. Una lapide, inaugurata nel 2007, ricorda questo episodio. Domenica mattina ci sarà una commemorazione davanti a quella lapide. Parteciperò a nome del Consiglio a testimonianza di quanto quella storia ci appartenga e di come dobbiamo continuare ad essere vigili.
Mi farà piacere se anche altri consiglieri vorranno parteciparvi.
Vorrei ora dare la parola a Marino Segnan che è Vice Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e Presidente del Comitato di Bologna. Mi ha molto colpito il suo intervento, in questa sala, qualche anno fa, quando, a seguito dell’istituzione della legge n. 92 del 2004, arrivò perfino a dire che per tutti loro il 10 febbraio era anche una festa, un’occasione per sentire che finalmente le istituzioni sono vicine.
Mi auguro davvero che possa continuarlo a pensare".
"Gentili Consiglieri, Assessori, Autorità militari e civili, gentili ospiti,
dal marzo del 2004, il 10 di Febbraio è stato definito, in Italia, ‘il Giorno del Ricordo’ da una legge del nostro paese, la nr 92, che, nel primo comma del suo primo articolo, dice “la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘giorno del ricordo’, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Per prima cosa vorrei sottolineare la parola scelta per definire questa giornata: del ricordo.
In genere, si ha il ‘ricordo’, di qualcosa che si è vissuto in prima persona, molto vicino a noi. Nel nostro caso gli avvenimenti che ricordiamo non sono proprio vicino a noi, eppure, pur attraversando tre generazioni, questi fatti hanno avuto bisogno di molto tempo, molto sforzo da parte degli studiosi e degli storici, molta perseveranza e persistenza da parte di singoli cittadini testimoni diretti o indiretti di quegli avvenimenti, prima che diventassero parte di un dibattito pubblico e, solo di recente, oggetto di una legge nazionale che ne sancisce il ricordo.
Questi sono i primi due punti che vorrei affermare oggi, nella seduta di questo Consiglio: il bisogno di conoscere i fatti delle foibe e dell’esodo e di riconoscerne pubblicamente la portata storica.
Sul primo punto desidero ringraziare particolarmente il Professor Salimbeni per la disponibilità e l’attenzione che ha manifestato al nostro invito. Il Professor Salimbeni è docente di storia contemporanea all’Università di Udine, segretario generale dell’Istituto per gli incontri culturali mitteleuropei di Gorizia e componente della Commissione mista storico-culturale italo-slovena, istituita nel 1993 su iniziativa dei Ministri degli Esteri d’Italia e di Slovenia.
L’invito rivolto ad uno storico, e, in particolare, al Professor Salimbeni, ha infatti questa valenza: far conoscere meglio cosa c’è dentro numeri che già di per sé suonano agghiaccianti: dalle 4, alle 5000 morti e dai 270, ai 350.000 esodi, confidando di avere così raccolto un invito formulato dal Presidente della Federazione Associazioni Esuli,Brazzoduro Guido, che nel 2005, proprio in questa sala, ebbe a dire: è giunto il momento che i ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati.
Da questo punto di vista sono particolarmente grata, e sono certa di interpretare un sentimento comune a tutto il Consiglio comunale, anche al Presidente Segnan per l’azione sua e di tutti quegli esuli e quei parenti degli esuli e delle vittime, che ha caparbiamente svolto in questi anni per non dimenticare. A loro, ancor prima che ad altri, va riconosciuto il coraggio di aver attraversato anni di forzato silenzio continuando a rivendicare la verità sulla propria storia e i propri diritti di italiani.
La seconda considerazione che mi preme fare oggi riguarda invece il riconoscimento della portata storica di quel periodo e cosa oggi può illuminare il nostro lavoro. Se una cosa abbiamo imparato da un secolo, che qualcuno ha chiamato breve, ma dal quale invece molti trovano che sia così difficile uscire e liberarsi, questa è che NULLA ci è garantito. Da quel periodo, ben più lungo degli anni delle Foibe, i popoli europei sono usciti costruendo paesi democratici, comuni liberi, la Comunità prima e l’Unione Europea successivamente. Nonostante questo, il Nazionalismo che ha attraversato gli anni delle Foibe rimane un rischio permanente. E non è da sottovalutare la forza con cui ormai, da troppi anni, si riaffaccia in Europa, oggi persino collegato alla crisi economica. Anche per questo, parallelamente all’impegno a diffondere la conoscenza di quei fatti, ci corre anche l’obbligo di fare tutto ciò che è alla nostra portata per non ricadere nelle condizioni che resero possibili i fatti che oggi richiamiamo. In questo senso vale oggi un richiamo al rafforzamento dell’Europa. Quel percorso non si è completato. È sotto agli occhi di tutti l’insufficienza di un’Europa puramente monetaria e l’urgenza invece di un’Europa politica.
Vorrei concludere questo mio breve intervento riprendendo qualcosa accaduto nella nostra città. Nel 1947, nella stazione di Bologna, passarono i convogli che portavano gli esuli istriani, fiumani e dalmati. Non furono ben accolti, ma negli anni successivi questo atteggiamento ostile si attenuò e molte famiglie, alcune delle quali presenti oggi, scelsero la nostra città per viverci stabilmente. Una lapide, inaugurata nel 2007, ricorda questo episodio. Domenica mattina ci sarà una commemorazione davanti a quella lapide. Parteciperò a nome del Consiglio a testimonianza di quanto quella storia ci appartenga e di come dobbiamo continuare ad essere vigili.
Mi farà piacere se anche altri consiglieri vorranno parteciparvi.
Vorrei ora dare la parola a Marino Segnan che è Vice Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e Presidente del Comitato di Bologna. Mi ha molto colpito il suo intervento, in questa sala, qualche anno fa, quando, a seguito dell’istituzione della legge n. 92 del 2004, arrivò perfino a dire che per tutti loro il 10 febbraio era anche una festa, un’occasione per sentire che finalmente le istituzioni sono vicine.
Mi auguro davvero che possa continuarlo a pensare".