CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE PIERALISI (AMBOVEN)
Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Mirco Pieralisi (AmBoVen) sulle occupazioni in città.
"A Barcellona occupi una banca, vieni sgomberato dalla polizia e poi diventi la sindaca della città. Avendo assistito allo sgomber...
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Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Mirco Pieralisi (AmBoVen) sulle occupazioni in città.
"A Barcellona occupi una banca, vieni sgomberato dalla polizia e poi diventi la sindaca della città. Avendo assistito allo sgombero immediato dei locali vuoti da molti anni di via Alessandrini, di proprietà di Intesa San Paolo, avendo visto sfilare i fuorilegge armati di ramazze, frigoriferi, tavoli e ceste per la frutta, mi domando se tra di loro non sia stato presente il futuro sindaco di Bologna. Poi ho letto i bollettini di vittoria delle autorità cittadine per il ripristino immediato della legalità, (ed indubbiamente fare il progetto di fare una mensa popolare no profit nei locali deserti di una banca non è legale, ma molto razionale in tempi di crisi). Al compiacimento delle autorità si è associato quello più silenzioso ma convinto di topi, ragni e scarafaggi, i primi interessati alla tutela della grande proprietà immobiliare vuota e quindi, anche in questo caso della legalità.
Ho però l'impressione che la stessa parola, legalità, possa avere significati diversi, a seconda dei contesti in cui si impugna come diritto, come ci ricordano gli amici di Libera, o come mannaia che elude problemi e insorgenze reali. Prendiamo ad esempio le occupazioni fatte negli ultimi tempi a Bologna, da centinaia di persone e famiglie italiane e migranti.
Certamente le occupazioni dello stabile deserto di via Fioravanti, le occupazioni di via De Maria, l'occupazione degli spazi altrettanto deserti e figli di proprietà fallimentari nell'area dell'ex Dima e, in futuro, di altrettante cattedrali nel deserto, non sono e non saranno legali.
Io penso però che la legalità non sia un fine, ma un mezzo al servizio della coesione sociale. Se le norme, le regole, le leggi ratificano la disuguaglianza e l'ingiustizia, allora la disubbidienza civile non solo è legittima, ma doverosa.
Penso che sia legale ma ingiusto, scandaloso, perfino contrario allo spirito e alla lettera della Costituzione italiana, che all'art. 42 riconosce i limiti della proprietà privata allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti, che di fronte ad un crescente bisogno abitativo primario, frutto della crisi e di sciagurate politiche al servizio del profitto e della speculazione finanziaria, ci sia chi antepone la legalità alla necessità, la legalità alla giustizia.
Per questo esprimo la mia solidarietà alle famiglie occupanti.
Per questo penso che, nell'ambito del ruolo istituzionale che ricopre, l'azione costante di dialogo messa in pratica da Amelia Frascaroli sia molto opportuna. Altrettanto opportuno ed apprezzabile il suo sforzo di responsabilizzare chi possiede grandi patrimoni, enti pubblici, imprese private, la curia per costruire protocolli per affrontare tutte le situazioni non affrontabili semplicemente con le graduatorie dell'edilizia popolare, anche quella lasciata indietro negli anni della grande bolla finanziaria liberista. Ma evidentemente i mercanti... compresi quelli nel tempio... fanno per l'appunto orecchie da mercante.
E allora, io dico, se la legalità è la certificazione della disuguaglianza, dell'ingiustizia e della povertà, viva la disobbedienza civile. Viva la disobbedienza accogliente e non violenta al servizio della comunità, al servizio della vita e non delle borse.
Non si risponde infatti ad un drammatico bisogno sociale come quello del diritto alla casa invocando derive securitarie, come vedo succedere trasversalmente su troppe sponde politiche e istituzionali.
E infine, è perfino offensivo dirlo ma evidentemente è necessario: in queste occupazioni non c'è nessuno che toglie la casa a qualcun altro, non è questione di un gruppo di amici che vuole farsi i propri comodi in uno spazio comune. Qui abbiamo occupazioni condivise di spazi vuoti, ambienti edificati o riadattati al servizio di politiche speculative o di una dissennata visione dello sviluppo fondata sul cemento e sull''ipermercatismo'. Ora questi spazi degradati ed inutili si riempiono di vita vera e bisogni reali. Da qui deve partire anche chi avrà la responsabilità politica della città, per definire una nuova e più avanzata anche istituzionale e normativa".
"A Barcellona occupi una banca, vieni sgomberato dalla polizia e poi diventi la sindaca della città. Avendo assistito allo sgombero immediato dei locali vuoti da molti anni di via Alessandrini, di proprietà di Intesa San Paolo, avendo visto sfilare i fuorilegge armati di ramazze, frigoriferi, tavoli e ceste per la frutta, mi domando se tra di loro non sia stato presente il futuro sindaco di Bologna. Poi ho letto i bollettini di vittoria delle autorità cittadine per il ripristino immediato della legalità, (ed indubbiamente fare il progetto di fare una mensa popolare no profit nei locali deserti di una banca non è legale, ma molto razionale in tempi di crisi). Al compiacimento delle autorità si è associato quello più silenzioso ma convinto di topi, ragni e scarafaggi, i primi interessati alla tutela della grande proprietà immobiliare vuota e quindi, anche in questo caso della legalità.
Ho però l'impressione che la stessa parola, legalità, possa avere significati diversi, a seconda dei contesti in cui si impugna come diritto, come ci ricordano gli amici di Libera, o come mannaia che elude problemi e insorgenze reali. Prendiamo ad esempio le occupazioni fatte negli ultimi tempi a Bologna, da centinaia di persone e famiglie italiane e migranti.
Certamente le occupazioni dello stabile deserto di via Fioravanti, le occupazioni di via De Maria, l'occupazione degli spazi altrettanto deserti e figli di proprietà fallimentari nell'area dell'ex Dima e, in futuro, di altrettante cattedrali nel deserto, non sono e non saranno legali.
Io penso però che la legalità non sia un fine, ma un mezzo al servizio della coesione sociale. Se le norme, le regole, le leggi ratificano la disuguaglianza e l'ingiustizia, allora la disubbidienza civile non solo è legittima, ma doverosa.
Penso che sia legale ma ingiusto, scandaloso, perfino contrario allo spirito e alla lettera della Costituzione italiana, che all'art. 42 riconosce i limiti della proprietà privata allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti, che di fronte ad un crescente bisogno abitativo primario, frutto della crisi e di sciagurate politiche al servizio del profitto e della speculazione finanziaria, ci sia chi antepone la legalità alla necessità, la legalità alla giustizia.
Per questo esprimo la mia solidarietà alle famiglie occupanti.
Per questo penso che, nell'ambito del ruolo istituzionale che ricopre, l'azione costante di dialogo messa in pratica da Amelia Frascaroli sia molto opportuna. Altrettanto opportuno ed apprezzabile il suo sforzo di responsabilizzare chi possiede grandi patrimoni, enti pubblici, imprese private, la curia per costruire protocolli per affrontare tutte le situazioni non affrontabili semplicemente con le graduatorie dell'edilizia popolare, anche quella lasciata indietro negli anni della grande bolla finanziaria liberista. Ma evidentemente i mercanti... compresi quelli nel tempio... fanno per l'appunto orecchie da mercante.
E allora, io dico, se la legalità è la certificazione della disuguaglianza, dell'ingiustizia e della povertà, viva la disobbedienza civile. Viva la disobbedienza accogliente e non violenta al servizio della comunità, al servizio della vita e non delle borse.
Non si risponde infatti ad un drammatico bisogno sociale come quello del diritto alla casa invocando derive securitarie, come vedo succedere trasversalmente su troppe sponde politiche e istituzionali.
E infine, è perfino offensivo dirlo ma evidentemente è necessario: in queste occupazioni non c'è nessuno che toglie la casa a qualcun altro, non è questione di un gruppo di amici che vuole farsi i propri comodi in uno spazio comune. Qui abbiamo occupazioni condivise di spazi vuoti, ambienti edificati o riadattati al servizio di politiche speculative o di una dissennata visione dello sviluppo fondata sul cemento e sull''ipermercatismo'. Ora questi spazi degradati ed inutili si riempiono di vita vera e bisogni reali. Da qui deve partire anche chi avrà la responsabilità politica della città, per definire una nuova e più avanzata anche istituzionale e normativa".
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