CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE MIRCO PIERALISI (AMBOVEN)
Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Pieralisi (AmBoVen) sulla scuola dell'Infazia.
"Chiedo scusa se nell'affrontare l'argomento denominato 'asili aperti nel week end', non mi rivolgerò direttamente e subito al cittadino ...
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Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Pieralisi (AmBoVen) sulla scuola dell'Infazia.
"Chiedo scusa se nell'affrontare l'argomento denominato 'asili aperti nel week end', non mi rivolgerò direttamente e subito al cittadino che è rassegnato a lavorare nel giorno di Natale, che reclama l'apertura dell'ipermercato il giorno successivo ed è sdegnato perché non sa dove sistemare il figlio il 27. A questo cittadino uno e trino chiedo di avere pazienza, so che i suoi problemi sono reali ma non posso adesso occuparmi di lui se non con una battuta brutale quanto rispettosa del suo disagio, che riconosco come comune a tanti: la coscienza dei propri diritti, così come la vecchia coscienza di classe va riconquistata sul serio. Soprattutto non la si può chiedere evidentemente a sindacati che anno dopo anno si sono ridotti ad accompagnare un modello di sviluppo e di vita senza cercare non dico di contestarlo, ma almeno di affrontarlo con ragionevoli rivendicazioni che riguardassero la salvaguardia delle relazioni umane e la cura delle persone più fragili. Anche per questo forse siamo passati in pochi decenni dall'assalto al cielo ("lavorare meno ore per fare più l'amore") alla ricerca dell'animatore nel grande magazzino, o a quello per i compleanni e le vacanze al mare in famiglia.
Passiamo ora al "bersaglio grosso", e cioè alla stucchevole, arretrata, approssimativa e liquidatoria proposta, di cui per altro nessuno si assume nemmeno la responsabilità, di ridurre ciò che è scuola (non a caso le scuole dell'infanzia statali vedono le loro docenti deliberare collegialmente con le colleghe della primaria e secondaria) a servizio alla persona, riconducendolo seccamente al sistema del welfare, che a sua volta però non può certo essere ridotto a servizio approssimativo alla carta dove si collocano lavoratrici e lavoratori senza diritti e futuro.
Ripenso alla mia prima manifestazione da maestro di scuola dell'infanzia (si chiamava materna) statale, marzo 1981: 'La scuola materna non è una badarola ma vera scuola", era scritto nello striscione d'apertura. Forse è il caso di procurarsi un po' di stoffa nuova per riscriverlo uguale, non perché non riconosca l'esistenza di altre importanti discussioni, che però riguardano non la scuola (che non è servizio per famiglie) ma riguardano servizi educativi e welfare di qualità, che devono affrontare nuovi tempi di vita e di lavoro degli adulti in un mondo in cui l'ipermercatismo diffuso sta impossessandosi di ogni spazio d'esistenza, dove la pausa, il riposo i tempi e i modi delle relazioni umane sono concepite sempre di più come variabile dipendente della selvaggia circolazione delle merci... Ripartendo dai bambini il professor Guerra ci invita quantomeno a discutere seriamente: "Difendo i bambini, che non vengono difesi da nessuno, e dico no... Guardo ai rischi sul piano pedagogico: bambini di un anno o poco più sballottati come pacchi, di giorno e di notte, affidati ad educatori diversi... Il mio appello è a non inseguire le chimere di un modello produttivo ed economico, di modi di vivere e di lavorare che alla fine distruggeranno anche madri e padri. Asili aperti di notte perché i parrucchieri decidono di tagliare i capelli anche nelle ore notturne? Ma per favore"
Parole chiare, non banalità o il solito incerto sindacalese, ma c'è di più.
Dietro molti ragionamenti sulla scuola 'alla carta' vedo un nuovo capitolo della 'de-scolarizzazione' della scuola dell'infanzia. Non è un caso che il DDL renziano non contenga il piano assunzioni per le insegnanti della scuola dell'infanzia statale, non è un caso che si demandi ad una legge la sua sostanziale liquidazione come scuola. Allo stesso tempo vedo anche il pericolo reale del ritorno indietro da una visione del nido come costruzione collegiale di tempi, spazi e contenuti condivisi attorno al cuore pulsante dei bambini a una visione riduzionistica funzionale alle scansioni orarie dettate dal mercato.
Infine, tornado al concetto di scuola aperta... che di per sé suona molto bene. A nessuno piacciono gli spazi vuoti ed è bello pensare che bambini e ragazzi trovino 'casa' anche dove fanno scuola. In alcuni istituti ciò avviene già, ci sono alcuni esempi positivi ma ce ne sono troppi tutt'altro che confortanti, dove si sfruttano giovani lavoratrici e lavoratori con contratti al di sotto dei livelli di dignità. Così non si va da nessuna parte. Anche in questo caso, come nella discussione a mezzo stampa sugli 'asili aperti la domenica' si parla passando sopra i corpi e i cuori di chi sta a contatto quotidiano con il nostro futuro, che siano insegnanti nella scuola 'ufficiale', o che sia l'esercito invisibile delle educatrici ed educatori che affiancano, tra i nostri figli, quelli che hanno più bisogno di tempo, di cure, di attenzione. Con tutto il rispetto ( e senza ironia) dico al cittadino uno e trino con cui ho idealmente cominciato a conversare, che la politica scolastica e i servizi educativi, se vogliono veramente tenere “il bambino al centro”, devono ascoltare, tutelare, riconoscere e promuovere quei lavoratori e lavoratrici che bambini e ragazzi trovano vicino non appena abbiano varcato la soglia della loro sempre più fragile casa..."
"Chiedo scusa se nell'affrontare l'argomento denominato 'asili aperti nel week end', non mi rivolgerò direttamente e subito al cittadino che è rassegnato a lavorare nel giorno di Natale, che reclama l'apertura dell'ipermercato il giorno successivo ed è sdegnato perché non sa dove sistemare il figlio il 27. A questo cittadino uno e trino chiedo di avere pazienza, so che i suoi problemi sono reali ma non posso adesso occuparmi di lui se non con una battuta brutale quanto rispettosa del suo disagio, che riconosco come comune a tanti: la coscienza dei propri diritti, così come la vecchia coscienza di classe va riconquistata sul serio. Soprattutto non la si può chiedere evidentemente a sindacati che anno dopo anno si sono ridotti ad accompagnare un modello di sviluppo e di vita senza cercare non dico di contestarlo, ma almeno di affrontarlo con ragionevoli rivendicazioni che riguardassero la salvaguardia delle relazioni umane e la cura delle persone più fragili. Anche per questo forse siamo passati in pochi decenni dall'assalto al cielo ("lavorare meno ore per fare più l'amore") alla ricerca dell'animatore nel grande magazzino, o a quello per i compleanni e le vacanze al mare in famiglia.
Passiamo ora al "bersaglio grosso", e cioè alla stucchevole, arretrata, approssimativa e liquidatoria proposta, di cui per altro nessuno si assume nemmeno la responsabilità, di ridurre ciò che è scuola (non a caso le scuole dell'infanzia statali vedono le loro docenti deliberare collegialmente con le colleghe della primaria e secondaria) a servizio alla persona, riconducendolo seccamente al sistema del welfare, che a sua volta però non può certo essere ridotto a servizio approssimativo alla carta dove si collocano lavoratrici e lavoratori senza diritti e futuro.
Ripenso alla mia prima manifestazione da maestro di scuola dell'infanzia (si chiamava materna) statale, marzo 1981: 'La scuola materna non è una badarola ma vera scuola", era scritto nello striscione d'apertura. Forse è il caso di procurarsi un po' di stoffa nuova per riscriverlo uguale, non perché non riconosca l'esistenza di altre importanti discussioni, che però riguardano non la scuola (che non è servizio per famiglie) ma riguardano servizi educativi e welfare di qualità, che devono affrontare nuovi tempi di vita e di lavoro degli adulti in un mondo in cui l'ipermercatismo diffuso sta impossessandosi di ogni spazio d'esistenza, dove la pausa, il riposo i tempi e i modi delle relazioni umane sono concepite sempre di più come variabile dipendente della selvaggia circolazione delle merci... Ripartendo dai bambini il professor Guerra ci invita quantomeno a discutere seriamente: "Difendo i bambini, che non vengono difesi da nessuno, e dico no... Guardo ai rischi sul piano pedagogico: bambini di un anno o poco più sballottati come pacchi, di giorno e di notte, affidati ad educatori diversi... Il mio appello è a non inseguire le chimere di un modello produttivo ed economico, di modi di vivere e di lavorare che alla fine distruggeranno anche madri e padri. Asili aperti di notte perché i parrucchieri decidono di tagliare i capelli anche nelle ore notturne? Ma per favore"
Parole chiare, non banalità o il solito incerto sindacalese, ma c'è di più.
Dietro molti ragionamenti sulla scuola 'alla carta' vedo un nuovo capitolo della 'de-scolarizzazione' della scuola dell'infanzia. Non è un caso che il DDL renziano non contenga il piano assunzioni per le insegnanti della scuola dell'infanzia statale, non è un caso che si demandi ad una legge la sua sostanziale liquidazione come scuola. Allo stesso tempo vedo anche il pericolo reale del ritorno indietro da una visione del nido come costruzione collegiale di tempi, spazi e contenuti condivisi attorno al cuore pulsante dei bambini a una visione riduzionistica funzionale alle scansioni orarie dettate dal mercato.
Infine, tornado al concetto di scuola aperta... che di per sé suona molto bene. A nessuno piacciono gli spazi vuoti ed è bello pensare che bambini e ragazzi trovino 'casa' anche dove fanno scuola. In alcuni istituti ciò avviene già, ci sono alcuni esempi positivi ma ce ne sono troppi tutt'altro che confortanti, dove si sfruttano giovani lavoratrici e lavoratori con contratti al di sotto dei livelli di dignità. Così non si va da nessuna parte. Anche in questo caso, come nella discussione a mezzo stampa sugli 'asili aperti la domenica' si parla passando sopra i corpi e i cuori di chi sta a contatto quotidiano con il nostro futuro, che siano insegnanti nella scuola 'ufficiale', o che sia l'esercito invisibile delle educatrici ed educatori che affiancano, tra i nostri figli, quelli che hanno più bisogno di tempo, di cure, di attenzione. Con tutto il rispetto ( e senza ironia) dico al cittadino uno e trino con cui ho idealmente cominciato a conversare, che la politica scolastica e i servizi educativi, se vogliono veramente tenere “il bambino al centro”, devono ascoltare, tutelare, riconoscere e promuovere quei lavoratori e lavoratrici che bambini e ragazzi trovano vicino non appena abbiano varcato la soglia della loro sempre più fragile casa..."
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