CONSIGLIO COMUNALE, INTERVENTO DI INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE STEFANO ALDROVANDI (INSPERBO)
Di seguito l'intervento del consigliere Stefano Aldrovandi (InsperBo)
"Credo sia deprimente per i bolognesi che ancora amano la politica , confrontare l'elaborazione politica, che sta alla base dell'attuale progetto di riforma dei quartieri b...
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Di seguito l'intervento del consigliere Stefano Aldrovandi (InsperBo)
"Credo sia deprimente per i bolognesi che ancora amano la politica , confrontare l'elaborazione politica, che sta alla base dell'attuale progetto di riforma dei quartieri bolognesi, visto i grandi dibattiti politici che accompagnarono la nascita dei quartieri negli anni 50/60 e quelli svolti in occasione della prima riforma dei quartieri bolognesi di metà anni 70. Ora non esiste una vera analisi dei bisogni della città come non esiste una prospettiva politica affidata a questa riforma.
Gli obbiettivi oggi dichiarati sono due:
1) togliere ogni delega amministrativa ai quartieri,
2) ridurre i quartieri a meri strumenti di controllo politico , da parte della maggioranza del territorio comunale .
E' certo che oggi sia indispensabile dare una diversa struttura alla gestione del welfare comunale. I dati degli ultimi anni sono disarmanti.
Solo per evidenziarne qualcuno a mero titolo di esempio, vediamo alcuni dati relativi dei servizi agli anziani.
Su un totale di popolazione ad oggi giudicata al alto grado di fragilità , pari a 5.559 persone, il Comune riesce a raggiungerne circa la metà, esattamente 2.800.
Raggiungere non vuole dire risolvere ; infatti se guardiamo all'andamento della spesa per utente negli ultimi tre anni, la vediamo ridotta di un buon 30% .
Morale, a fronte dei bisogni crescenti in quantità e qualità , anziché porsi il problema di come risolverli in maniera stabile , ci si accontenta di dare una caramella alla metà dei bisognosi, con la quale, con tutta evidenza, ci fanno la birra, in quanto il servizio erogato copre in media circa il 10% del bisogno reale. Certo le finanze pubbliche non aiutano, i vincoli di bilancio sono stringenti.
Ma anziché progettare un modello nuovo, che veda un diverso rapporto Pubblico Privato, ci si arrocca in una visione anacronistica del welfare che concentra nel Pubblico senza soldi e senza idee il poco che c'è. Che dire, se non esprimere tristezza per le dichiarazioni di Isabella Seragnoli che denunzia quanto più si potrebbe fare se solo il Pubblico ne offrisse le possibilità.
Invece la riforma dei quartieri è figlia di una ben diversa visione.
Portare tutto il potere ad una neonata ASP, senza soldi e con bilanci in difficoltà, ASP che sarà nel tempo obbligata a vendere a pezzi il patrimonio che i Privati bolognesi le regalarono negli anni passati, per tirare avanti fino ad una bancarotta più vicina di quanto si creda.
La riforma avrebbe dovuto poi occuparsi di un secondo grande tema, questa volta esclusivamente politico. La perdita di fiducia della popolazione nella politica e il conseguente abbandono delle urne. Questo tema può trovare soluzione unicamente attraverso una rinnovata e vera partecipazione delle persone alla cosa pubblica, per dare significato ad un voto consapevole ed il primo luogo naturale dove ritrovare una vera partecipazione nei quartieri cittadini.
Invece nel progetto del Comune si ridisegnano i quartieri, in modo innaturale antistorico ed anti-partecipativo. Sei fette di Bologna, tirate su una pianta con un righello, che mettono assieme territori che nulla hanno in comune tra di loro, come tipologia di popolazione , problemi , esigenze. L'unica logica , si fa per dire, che si intravvede in queste scelte è formare un corpo intermedio politico, finanziato dalle tasche dei bolognesi, a supporto del governo di un Sindaco, sempre più debole ed in difficoltà.
Tralascio ogni commento circa le esigenze di una nuova Città Metropolitana, che per avere senso compiuto dovrebbe vedere la trasformazione in municipi dei quartieri bolognesi, roba da fantascienza per la capacità di elaborazione di chi ci governa. Questa annunciata riforma dei quartieri , non da dunque alcuna positiva soluzione ai problemi attuali, ma è il massimo dell'elaborazione politica che Bologna oggi sa dare. Almeno per ora".
"Credo sia deprimente per i bolognesi che ancora amano la politica , confrontare l'elaborazione politica, che sta alla base dell'attuale progetto di riforma dei quartieri bolognesi, visto i grandi dibattiti politici che accompagnarono la nascita dei quartieri negli anni 50/60 e quelli svolti in occasione della prima riforma dei quartieri bolognesi di metà anni 70. Ora non esiste una vera analisi dei bisogni della città come non esiste una prospettiva politica affidata a questa riforma.
Gli obbiettivi oggi dichiarati sono due:
1) togliere ogni delega amministrativa ai quartieri,
2) ridurre i quartieri a meri strumenti di controllo politico , da parte della maggioranza del territorio comunale .
E' certo che oggi sia indispensabile dare una diversa struttura alla gestione del welfare comunale. I dati degli ultimi anni sono disarmanti.
Solo per evidenziarne qualcuno a mero titolo di esempio, vediamo alcuni dati relativi dei servizi agli anziani.
Su un totale di popolazione ad oggi giudicata al alto grado di fragilità , pari a 5.559 persone, il Comune riesce a raggiungerne circa la metà, esattamente 2.800.
Raggiungere non vuole dire risolvere ; infatti se guardiamo all'andamento della spesa per utente negli ultimi tre anni, la vediamo ridotta di un buon 30% .
Morale, a fronte dei bisogni crescenti in quantità e qualità , anziché porsi il problema di come risolverli in maniera stabile , ci si accontenta di dare una caramella alla metà dei bisognosi, con la quale, con tutta evidenza, ci fanno la birra, in quanto il servizio erogato copre in media circa il 10% del bisogno reale. Certo le finanze pubbliche non aiutano, i vincoli di bilancio sono stringenti.
Ma anziché progettare un modello nuovo, che veda un diverso rapporto Pubblico Privato, ci si arrocca in una visione anacronistica del welfare che concentra nel Pubblico senza soldi e senza idee il poco che c'è. Che dire, se non esprimere tristezza per le dichiarazioni di Isabella Seragnoli che denunzia quanto più si potrebbe fare se solo il Pubblico ne offrisse le possibilità.
Invece la riforma dei quartieri è figlia di una ben diversa visione.
Portare tutto il potere ad una neonata ASP, senza soldi e con bilanci in difficoltà, ASP che sarà nel tempo obbligata a vendere a pezzi il patrimonio che i Privati bolognesi le regalarono negli anni passati, per tirare avanti fino ad una bancarotta più vicina di quanto si creda.
La riforma avrebbe dovuto poi occuparsi di un secondo grande tema, questa volta esclusivamente politico. La perdita di fiducia della popolazione nella politica e il conseguente abbandono delle urne. Questo tema può trovare soluzione unicamente attraverso una rinnovata e vera partecipazione delle persone alla cosa pubblica, per dare significato ad un voto consapevole ed il primo luogo naturale dove ritrovare una vera partecipazione nei quartieri cittadini.
Invece nel progetto del Comune si ridisegnano i quartieri, in modo innaturale antistorico ed anti-partecipativo. Sei fette di Bologna, tirate su una pianta con un righello, che mettono assieme territori che nulla hanno in comune tra di loro, come tipologia di popolazione , problemi , esigenze. L'unica logica , si fa per dire, che si intravvede in queste scelte è formare un corpo intermedio politico, finanziato dalle tasche dei bolognesi, a supporto del governo di un Sindaco, sempre più debole ed in difficoltà.
Tralascio ogni commento circa le esigenze di una nuova Città Metropolitana, che per avere senso compiuto dovrebbe vedere la trasformazione in municipi dei quartieri bolognesi, roba da fantascienza per la capacità di elaborazione di chi ci governa. Questa annunciata riforma dei quartieri , non da dunque alcuna positiva soluzione ai problemi attuali, ma è il massimo dell'elaborazione politica che Bologna oggi sa dare. Almeno per ora".