Consiglio comunale, l'intervento di inizio seduta del consigliere Federico Martelloni
Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione Civica). "Adil Belakhdim era un sindacalista. Non ricordo di quale sindacato. Perché non me ne importa niente. So – come tutti – che...
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Di seguito, l'intervento d'inizio seduta del consigliere Federico Martelloni (Coalizione Civica).
"Adil Belakhdim era un sindacalista. Non ricordo di quale sindacato. Perché non me ne importa niente.
So – come tutti – che aveva 37 anni, che venerdì 18 giugno stava partecipando a un presidio, insieme a una ventina di addetti alla logistica, fuori dalla sede logistica di LIDL a Biandrate, in provincia di Novara, quando è stato travolto e ucciso dall’autista di un camion che ha deciso di forzare i picchetti messi in piedi dai manifestanti.
L’autista aveva discusso con i lavoratori perché il presidio bloccava il passaggio del mezzo prima di decidere di forzarlo, investendo mortalmente Adil – che è stato trascinato dal mezzo per una decina di metri – e ferendo altri due manifestanti.
Poi è fuggito, venendo bloccato in autostrada dai carabinieri: l’accusa è di omicidio stradale, resistenza e omissione di soccorso.
Alberto Guidetti, de Lo Stato sociale, si è chiesto dove siano gli hashtag di sensibilizzazione, quando che crepa un lavoratore. Dove gli opinionisti digitali, quando che crepa un lavoratore…Dove l’indignazione… Bebo, hai ragione: dove sono tutti quanti, quando un lavoratore crepa in questa maniera?
Nel nostro piccolo, dopo aver partecipato al presidio convocato venerdì pomeriggio, abbiamo aspettato questo consiglio per parlare.
E oggi parlo come consigliere di CC per Bologna, ma anche come studioso e insegnante di diritto del lavoro e come cittadino di una repubblica fondata sul lavoro.
Vedete, la drammatica morte di Adil, insieme alla rabbia suggerisce molte cose. Spetta a noi dirle forte, perché lui non può più farlo. Vorrei ricordarne almeno 3.
1. Quello di Adil è un delitto del lavoro. Durante una lotta, sacrosanta. Una lotta dura, certo, come talvolta ha da essere il conflitto collettivo sui luoghi di lavoro. Lo dico a quanti chiosano puntualizzando che era un sindacalista dei Si-Cobas che partecipava a un “blocco delle merci”, che ossia a una forma di protesta di dubbia legittimità. Ebbene, i conflitti di lavoro non sono un pranzo di gala. E i lavoratori della logistica che, all’alba di un venerdì, bloccano le merci, non si esercitano in un merletto o in un ricamo. Tanto che la stessa giurisprudenza del lavoro, come avvenuto per i picchetti, ha ritenuto in tante circostanze plausibile e legittima quella forma di lotta, se attuata senza violenza, nelle forme della resistenza passiva. Gigi Mariucci lo diceva sempre: se ti trovi a passare da un paese dove non si avverte il rumore dei conflitti sul lavoro e non si odono i fischietti dei manifestanti, non fermarti: è un paese che non conosce la democrazia.
2. In secondo luogo, quella di Adil Belakhdim non è soltanto una morte sul lavoro tra le centinaia che si consumano ogni anno in Italia: è anche l’apice di un vortice di violenze dirette e indirette che i lavoratori degli appalti stanno subendo da tempo, come risposta alla richiesta di maggiori tutele. Badate, non sono il solo a dirlo. Lo ha detto, in un dossier del 26 maggio 2021, persino la Commissione di Garanzia per lo sciopero nei SPE, spiegando che “il dumping salariale, i ritardi nel pagamento delle retribuzioni, i cambi appalto”…rappresentano “causa di insorgenza o aggravamento dei conflitti collettivi” in moltissimi settori, sia che si tratti di appalti privati, sia che si tratti di appalti pubblici.
3. Da ultimo, quella di Adil Belakhdim non è soltanto una morte sul lavoro. È un omicidio nel settore della logistica: il più strategico, al tempo dell’economia digitale. Ma anche quello a più elevato tasso di sfruttamento delle maestranza. Quel comparto che ci ha consentito di sopravvivere alla pandemia. Come scrivono in un appello diffuso oggi Vando Borghi e Devi Sacchetto, 'nei mesi del lockdown anche le nostre vite sono interamente dipese dal lavoro di magazzinieri, spedizionieri e facchini che ci hanno consentito di fronteggiare l'emergenza rimanendo a casa. E' il lavoro vivo delle donne e degli uomini impiegati nel settore della logistica ad aver infrastrutturato e consentito il trasferimento delle nostre attività quotidiane e la didattica a distanza dei nostri figli nelle abitazioni private e sulle piattaforme, sono loro ad aver rifornito i punti vendita della grande distribuzione alimentare. (…) Come lavoratrici e lavoratori del mondo della ricerca – concludono i colleghi - crediamo che sia parte del nostro mandato istituzionale alzare il velo che nasconde la violenza e l’ingiustizia della fabbrica-mondo dietro la brillantezza delle vetrine dei consumi globali e digitalizzati, rendere esplicite le relazioni che legano le nostre forme di vita con quelle di coloro che nel sottoscala della fabbrica-mondo fanno più intensamente esperienza di quella violenza e di quella ingiustizia, produrne consapevolezza nelle nuove generazioni con cui interagiamo nella nostra pratica scientifica e didattica e contribuire a creare le condizioni perché si rigeneri e si allarghi l’intelligenza della solidarietà'.
E aggiungo che mi pare anche il nostro compito, come consigliere e consiglieri”.